ASSPECT e la cultura tecnica.
04/09/2013
Negli ultimi anni abbiamo letto innumerevoli opinioni sulle cause e gli effetti della crisi mondiale e in particolare di quella italiana. Per quest’ultima, che ci riguarda da vicino, credo che una delle cause a cui non si è dato, a mio parere, il peso che realmente ha, è rappresentato dal declino, negli ultimi decenni, della cultura tecnica.
Tanti sono i dati che lo confermano: la perdita di grandi industrie in comparti economici essenziali dall’elettronica alla chimica alle telecomunicazioni, il numero decrescente di ragazzi che si iscrivono alle scuole secondarie ad indirizzo tecnico, il numero relativamente minore di studenti delle facoltà di Ingegneria e scienze rispetto a quello di scienze politiche o della comunicazione, o di psicologia, ecc.
La cultura tecnica ha perso di appeal perché viene vissuta come difficile e faticosa da acquisire e che ripaga poco (o comunque molto meno di altre) in termini economici e di potere.
Credo che per la grande maggioranza del pubblico la cultura tecnica si identifica esclusivamente con la matematica e la fisica, l’ingegneria e l’architettura, la chimica e l’elettronica, ecc. e i portatori di questa cultura dovrebbero stare confinati nelle loro specialità in quanto politica ed economia , scienze sociali ecc, vanno lasciate ad altri che hanno fatto percorsi formativi ed esperienze diverse.
E’ quanto è accaduto in Italia negli ultimi decenni per la stragrande maggioranza del personale politico , ma anche per le elites economiche e imprenditoriali.
I risultati ottenuti sono sotto gli occhi di tutti.
C’è da chiedersi se una economia di trasformazione come quella italiana possa prosperare (o per lo meno non declinare) senza un cambiamento sostanziale.
E’ pensabile che la seconda potenza manifatturiera europea possa rimanere vitale senza una vigorosa ripresa della cultura tecnica? Forse non sarebbe male guardare anche alla numero uno, ossia alla Germania, invece di criticarla e farne la causa di tutti i nostri mali.
Non è un caso che poi, nei momenti di emergenza, si ricorra ai “Tecnici” che lo sono non soltanto perché non schierati politicamente, ma anche perché portano “cultura tecnica”.
Che fare?
Penso che prima di tutto occorra cambiare la percezione della cultura tecnica nel grande pubblico. La percezione e la realtà si sono allontanate sempre di più: non è chiaro in che cosa consista e si è percepita soltanto la difficoltà di acquisirla e la sua minore utilità pratica.
L’Associazione Asspect, fondata da poco tempo a Bologna con alcuni amici, si propone di rovesciare questa percezione, di far capire in che cosa consiste realmente la cultura tecnica e di promuoverla con varie iniziative.
Noi pensiamo che la cultura tecnica comporti normalmente (anche se ci sono grandissime eccezioni!) lo studio della matematica e della fisica, o della scienza delle costruzioni o della statistica, ecc., ma queste, dal punto di vista culturale, sono dei mezzi più che dei fini.
Le loro formule si possono anche dimenticare, perché ciò che conta non sono le formule, ma la struttura di pensiero che si acquisisce e il metodo che insegnano e che possono essere applicati a tanti altri ambiti.
- Analisi oggettiva dei problemi e delle situazioni
- Mancanza di pregiudizi e di soluzioni prefabbricate
- Decisioni basate sui dati di fatto, con il massimo di documentazione possibile e guidate dalla logica.
- Amore per il lavoro ben fatto e ricerca continua della massima qualità.
- Curiosità, voglia di capire, di andare a fondo nelle cose, negli eventi.
- Interesse per il nuovo, lo sconosciuto, il piacere della scoperta
- Capacità di confrontarsi e disponibilità ad accettare pareri diversi dai propri
- Capacità di autocritica e onestà intellettuale.
In sostanza razionalità, pragmatismo, etica.
Questi principi sono forse incompatibili con la politica, l’economia, i rapporti sociali ecc.?
Noi pensiamo di no e che la crescita della cultura tecnica sia fondamentale per uscire dalla crisi che attanaglia l’Italia che non è soltanto finanziaria ed economica.
Noi di Asspect ci crediamo e qualche buon segnale si vede già: ad es. la crescita delle iscrizioni al Politecnico di Milano ed altre facoltà scientifiche in giro per l’Italia.

