Piero De Chiara
Primo Tempo. Nell’esperienza delle radio e tv libere che ruppe il monopolio Rai, ho scoperto che i cento mestieri della comunicazione dal disc jockey, al tecnico del suono, allo sceneggiatore, al programmista, sono tra i mestieri più belli e creativi del mondo e sono decisivi per la ricchezza delle nazioni.
Ho imparato anche che la creatività non basta ad arrestare le logiche che hanno riportato il settore nei recinti di nuovi e più pericolosi monopoli.
Secondo tempo. Nell’esperienza politica nel più grande partito della sinistra ho scoperto che tutti gli Stati, anche quando lo negano, hanno una loro politica industriale, talvolta efficace nel tenere i mercati aperti e nel permettere la nascita di nuove aziende e la innovazione in quelle esistenti.
Più spesso però la politica si cura solo della visibilità di leader e leaderini di turno o si impiccia di carriere, di appalti, di contenuti e altri argomenti di cui non dovrebbe occuparsi.
Terzo tempo. Nell’esperienza nelle più grandi imprese di telecomunicazione fissa e mobile ho imparato che la grande impresa è una miniera inestimabile di competenze, che spesso rischia la presunzione dell’autosufficienza.
Nessuna azienda italiana è abbastanza grande per affrontare la rivoluzione in corso nella divisione mondiale del lavoro, nessun settore industriale può avere successo senza contribuire al successo dei settori collegati.