SHALE GAS: che cos’è?
25/01/2014
Ormai anche sui quotidiani, economici e non, ogni tanto appaiono articoli sullo “shale gas”. Moltissimi non sanno di che si tratta … e passano oltre; alcuni si soffermano, … ma decidono che non interessa; pochi si pongono le domande fondamentali:
Che cosa è?
Ha importanza per il futuro?
Per il futuro di chi?
Che cosa è.
Impropriamente definito come gas di scisto, è gas metano estratto da giacimenti non convenzionali, in argille derivate dalla decomposizione anaerobica di materia organica.
Questo gas è intrappolato nella microporosità della roccia. L’argilla è scarsamente permeabile, ragion per cui questi giacimenti non possono essere messi in produzione spontanea, come avviene per quelli convenzionali, ma necessitano di trattamenti particolari in prossimità dei pozzi di produzione.
Giacimenti di questo tipo si trovano solitamente tra i 2000 e i 4000 metri di profondità, pertanto è necessario effettuare dapprima una perforazione verticale per raggiungere lo strato di rocce, e successivamente una perforazione orizzontale seguita da fratturazione idraulica (fracking).
Le tecniche messe appunto intorno agli anni più recenti consentono un recupero di gas da questo tipo di giacimento corrispondente a circa il 30% del totale presente nello scisto, contro il 70% di recupero nei giacimenti convenzionali. È dunque necessario perforare un numero molto più consistente di pozzi per ottenere una quantità di gas naturale che permetta l’economicità del progetto produttivo di un campo.
Ha importanza per il futuro?
Il gas da argille ha attirato notevole interesse economico negli ultimi due decenni soprattutto negli USA, dove la produzione di gas da scisti è passata, nel decennio 2000-2010, da 10 a 140 miliardi di metri cubi, circa il 23 % del fabbisogno di gas naturale annuale del paese.
L’aumento della produzione, considerato da alcuni una nuova età dell’oro, ha avvicinato il paese all’indipendenza energetica e fatto crollare i prezzi del metano negli USA (2011) a quasi un quinto di quelli vigenti allora in Europa.
Gli USA, da importatori di metano, passano a essere esportatori.
Per comprendere come lo scenario geo-economico stia cambiando in conseguenza, si vedano in proposito i dati della tabella, in cui va spiegato che la produzione si riferisce a gas naturale in genere, quindi metano e LNG, ma ancora in minima parte (salvo gli USA) a shale gas:
Principali produttori di gas naturale (espresso in km³ nel 2010) |
||
|
||
Produttore |
Riserve |
Produzione annua |
Russia |
46.000 |
624,61 |
Stati Uniti |
7.721 |
600,15 |
Canada |
1.685 |
157,66 |
Iran |
29.610 |
146,41 |
Qatar |
25.267 |
127,97 |
Norvegia |
2.485 |
108,73 |
Cina |
2.751 |
96,60 |
Indonesia |
2.960 |
91,47 |
Algeria |
4.504 |
86,58 |
Arabia Saudita |
8.287 |
79,77 |
Malesia |
2.362 |
64,26 |
Uzbekistan |
1.682 |
62,83 |
Egitto |
2.883 |
60,06 |
Australia |
3.225 |
51,39 |
Emirati Arabi Uniti |
6.504 |
51,09 |
Turkmenistan |
8.340 |
43,17 |
Nigeria |
5.338 |
32,06 |
Kazakistan |
1.950 |
28,38 |
Venezuela |
5.327 |
24,50 |
Si stima che la nazione con la più grande riserva di gas da argille sia la Cina.
In un articolo scritto per il Pacific Energy Summit 2011, tenuto dal National Bureau of Asian Research (Unconventional Gas and Implications for the LNG Market, di Christopher Gascoyne e Alexis Aik) si riporta: Lo shale gas “will likely play a more important role in nations’ supplies by 2020. China, India, and Australia are the most likely nations in the Asia-Pacific to follow the United States’ example of changing liquefied natural gas (LNG) supplies by exploiting unconventional reserves.”
In Europa, dopo molti anni di inattività, si era avuto un primo rilancio nel 2009: la maggior parte delle estrazioni erano concentrate in Polonia (le cui riserve, probabilmente le maggiori dell’intera Unione, sono stimate in circa duemila miliardi di metri cubi, di cui da 346 a 768 estraibili)-
Anche Austria, Francia, Germania, Paesi Bassi, Svezia e Regno Unito dimostravano allora un crescente interesse, ma l’entusiasmo dei paesi europei per il gas da argille è andato scemando rapidamente, principalmente per preoccupazioni legate all’impatto ambientale: per questi motivi, nel 2012 Francia, Bulgaria, Romania e Repubblica Ceca hanno sospeso lo sfruttamento dei propri giacimenti. La Francia è stata il primo paese al mondo, immediatamente seguita dalla Bulgaria, a proibire in modo permanente l’impiego della tecnica di fracking; la tecnica è ormai contestata anche dalla Germania.
E’ recentissima la decisione di ExxonMobil, Marathon Oil e Talisman Energy di uscire dall’attività in Polonia e anche ENI ha lasciato scadere due delle tre licenze che possiede nel paese.
Per il futuro di chi?
Quanto sopra risponde in maniera estremamente evidente alla domanda.
Nello scenario che si va delineando, si possono evidenziare alcuni indiscutibili punti fermi:
- Il metano proveniente da shale gas si presenta come fonte energetica molto importante per rispondere ai fabbisogni del pianeta nei prossimi decenni
- I tradizionali fornitori di energia (OPEC) subiranno, in questo scenario, un impatto significativo sulla competitività dei prezzi del petrolio
- Alcuni paesi (abbiamo citato USA, Cina, India, Australia, ma non saranno i soli) vedranno un sensibile impatto positivo sulle loro economie
- L’Europa non è della partita.