Ken Day (from Everett, WA - USA) - Hope (2009)
Sim-patia: venti anni di impegno per passare dal buio alla speranza
di Graziano Saibene
Flash-back nr. 1.
Roma, estate 1986: Martino è un ragazzo di 17 anni pieno di vita, forse troppo: il campionato di basket è appena terminato (gli è sempre riuscito bene divertirsi e divertire, quest'anno è stato anche utile al successo della squadra), tra poco andrà al mare, e deve preparare il fucile per la pesca subacquea, l'asta mostra qualche traccia di ruggine, e anche tutto il resto deve essere lubrificato.
È bastato un attimo di disattenzione, un gesto maldestro. Lo ritrovano subito, a terra, con la mano stretta attorno all'asta che chissà come, con un gesto istintivo si è appena strappato dalla faccia insanguinata, dopo che, attraversando la guancia e il palato, aveva finito di devastare una parte del suo cervello.
Da qui comincia il calvario di Martino e dei suoi genitori. Pronto soccorso, rianimazione, vita salva per miracolo, volo in aereo militare a Innsbruck, in una clinica nota per recuperi funzionali insperati in casi analoghi.
Ma i risultati in questo caso sono stati compromessi dalla grave infezione causata dall'asta nella zona della lesione cerebrale. Martino non perde le sue facoltà conoscitive e razionali, ma non recupera che in minima parte quelle motorie. Insufficienti per garantirgli un minimo di autonomia.
Flasch-back nr. 2.
Como 1988: i genitori di Martino hanno riformato e ristrutturato radicalmente la loro esistenza, dal luogo di residenza, al lavoro. Hanno cercato di realizzare tutto quello che sarebbe stato utile a permettere al figlio una esistenza non solo compatibile con il suo stato, ma anche di migliorarla giorno dopo giorno consentendogli l'accesso a tutte le novità che la scienza medica e la tecnologia acquisiscono nel campo specifico.
Martino ha almeno la fortuna di poter contare su una famiglia speciale, che convoglia su di lui tutte le attenzioni possibili. La vicinanza di nonni, zii e cugini, sapientemente coordinati dai genitori e dalla sorella Teresa, riescono a riempire la sua giornata negli intervalli delle sedute di fisioterapia, e soprattutto a saziare la sua voglia di distrarsi ricorrendo ai pochi giochi che ancora gli sono consentiti con l'aiuto dei pochi movimenti che gli sono rimasti e dei cenni degli occhi.
Flasch-back nr. 3.
1989: a Como c’è un gruppo di persone tra cui alcuni conoscenti che hanno in mente un progetto con l’obbiettivo di portare sollievo alle famiglie sovrastate da situazioni simili e che propongono ai genitori di Martino di partecipare. Nel territorio lombardo infatti non esisteva ancora alcuna struttura di supporto e aiuto nei momenti difficili. Siccome il papà di Martino è mio fratello Gerolamo, mi sembra giusto coinvolgerlo in questo racconto.
Qual è stata la genesi di questo progetto? Come è nato il nome Sim-patia?
Il progetto originale era già nato quando ci siamo trasferiti a Como ma era stato pensato come casa vacanze dove accogliere per brevi periodi disabili motori gravi al fine di consentire alle loro famiglie di prendersi un periodo di riposo o di gestire una malattia. Gli animatori di questa iniziativa, guidati da Pia Pullici, una donna molto dinamica, avevano individuato un alberghetto, con annessa discoteca, a Valmorea, in Provincia di Como. L’alberghetto, circondato da un ampio terreno, era chiuso da tempo e aveva come nome Simpathy.
Un edificio in pietra che avrebbe richiesto interventi importanti per renderlo adatto allo scopo. Mi chiesero di unirmi all’iniziativa. Ero ancora molto stordito da quanto era successo e devo confessare che mi sentivo del tutto privo di energie e di volontà di occuparmi d’altro. Quindi traccheggiai per un po’ ma presto mi resi conto che se noi potevamo permettere a Martino di vivere in una casa spaziosa, attrezzata per le sue necessità, con un bel giardino e per di più assistito dalla bravissima Miraluna, altre famiglie che in parte avevo imparato a conoscere e che erano in condizioni meno favorevoli, senza un adeguato supporto, rischiavano seriamente di implodere. E quindi a un certo punto acconsentii.
Per mettere insieme le risorse necessarie all’acquisto dell’immobile, fu promossa agli inizi del 1990 una sottoscrizione con il quotidiano locale “la Provincia” che raccolse, grazie a una sorprendente generosità, 900 milioni di lire, il doppio dell’importo necessario per l’acquisto. Conservammo il nome, quasi una rivelazione, trasformandolo semplicemente in Sim-patia, dal greco “partecipare alla sofferenza “. Ancora oggi nell’ufficio della direzione è esposta l’insegna originale aggredita dalla ruggine.
Quali sono le Istituzioni o gli Enti che siete riusciti a coinvolgere per la realizzazione pratica del progetto?
Acquistato l’immobile è stato indispensabile mettersi a studiare. Soprattutto per trovare le risorse che ci permettessero di ridurre i costi dell’accoglienza, avendo chiaro che Sim-patia avrebbe avuto senso se si fosse occupata delle situazioni meno agiate. E il primo interlocutore, la Regione Lombardia, accolse benissimo il progetto in quanto sarebbe stato il primo sul territorio per i soggetti privati dell’autonomia motoria e non autosufficienti. Ci chiese, però, di modificarne lo scopo in residenza sanitaria disabili (RSD) una brutta terminologia per indicare il servizio di residenza assistita in modo permanente o temporaneo per poter inserire il progetto nel Piano Socio-sanitario regionale. Questo avrebbe comportato l’ampliamento degli spazi e del numero degli assistiti per rispettare i parametri del Piano e avrebbe dato accesso al FRISL (Fondo Regionale Infrastrutture Lombarde).
Affidammo allora all’Architetto Rosalba Giani, presidente della costituita Cooperativa Sociale Sim-patia l’incarico di elaborare un progetto esecutivo di ristrutturazione e ampliamento dell’immobile. Dopo una lunga interlocuzione e modifiche, il progetto fu approvato e riuscì anche usufruire di un finanziamento di circa 1.6 miliardi di lire di cui un terzo a fondo perduto. Ricordo la faccia del Sindaco di Valmorea quando si è trattato di avere la licenza di costruire, spaventato dall’idea di portare in casa situazioni che, in caso di fallimento dell’iniziativa, avrebbero potuto gravare sulle finanze comunali.
E’ stato indispensabile ricorrere a un appalto pubblico e l’impresa vincitrice ci ha fatto vedere i sorci verdi perché ha utilizzato di tutto per recuperare la riduzione del prezzo che le era servita per vincere, con conseguenti notevolissimi ritardi. Sono stati 8 anni durante i quali c’è voluta molta pazienza per superare anche le lungaggini amministrative e assorbire gli inevitabili errori dell’inesperienza. Nel 1995 mi hanno chiesto di accettare la presidenza della cooperativa. I lavori sono terminati nell’autunno del 1998. Abbiamo dovuto attendere ancora alcuni mesi per avere il nulla osta dell’allora ASL e, finalmente, nel maggio del 1999, i primi ospiti hanno potuto essere accolti.
All’inaugurazione, mentre la banda di Lurate Caccivio suonava l’inno di Mameli, emozionato, pensavo a quanto è complicata la nostra patria. Sim-patia si è accreditata presso la Regione Lombardia e tramite una convenzione riceve contributi per l’attività “alberghiera” e “sanitaria”. L’utente si fa carico di una quota fissa che può, se le condizioni economiche non glielo permettono, essere coperta in tutto o in parte dal Comune di provenienza. A tutto ciò siamo arrivati con il contributo di moltissime persone che hanno dato il loro tempo o le loro risorse o le loro competenze.
Cito, tra i tanti, i Pivej del ’39, la stecca capitanata da Sergio Ratti, grande supporter del progetto complessivo e animatore di occasioni festose per la raccolta fondi e promotore dell’Associazione Amici di Sim-patia che ha ruolo di “fundraiser”. E poi ancora da diversi circoli Rotary, Lyons, Soroptimist e da molti, molti privati generosissimi. Un giorno, un amico mi ha letteralmente infilato nella tasca della giacca un assegno di duecento milioni di lire, lasciandomi basito.
Quando avete raggiunto i primi obbiettivi che vi eravate proposti?
L’obbiettivo iniziale è stato notevolmente ampliato e di sicuro è diventato più utile alla causa. A fine 1998 la struttura residenziale era completa. L’ “hardware” era disponibile e 28 ospiti potevano risiedere in camere doppie e godere di ampi spazi per le attività. Avevamo selezionato il personale necessario e iniziato a prendere le misure per gestire l’attività. Però, come tutti sanno, è sempre il “software” quello che decide se una soluzione va o non va. La direzione operativa è stata il problema maggiore perché i primi due tentativi non hanno dato i risultati che avevamo in testa. Non volevamo che Sim-patia diventasse un ghetto e che fosse gestito in modo burocratico.
Finalmente nel 2002 abbiamo trovato la persona giusta, Irma Missaglia, l’attuale consigliere delegato di Sim-patia. Aveva lasciato un lavoro presso una comunità per la cura delle tossicodipendenze, dove si occupava di ragazze madri. Nel colloquio mi ha detto: in quattordici anni l’attività mi ha succhiato perfino il midollo. Ho bisogno di cambiare. Non so nulla di disabilità fisica grave ma datemi un anno e vi dirò se sono in grado. Con Irma siamo partiti in tromba.
Il suo attivismo è esploso, come se fosse stata liberata da un giogo. Le abbiamo dato corda. Prima, per sistemare tutto quello che non andava, poi per aggiungere servizi. Il suo motto, molto ambizioso ma anche coraggioso, considerato che Sim-patia si occupa di situazioni croniche, è: la nostra missione si chiama autonomia. Chiunque, anche con limitatissime possibilità, deve poter valorizzare quello che gli è rimasto ed esercitare per quanto possibile le sue libertà. E su questa impostazione abbiamo deciso di aprire un ulteriore servizio, diurno per tutti quelli che, pur rimanendo in famiglia, avrebbero potuto trascorrere la giornata a Sim-patia. E questo ci ha spinto ad ampliare per la seconda volta la struttura.
Avevamo bisogno di avere una sala mensa più capiente e una nuova cucina, una sala per la fisioterapia e (un nostro sogno) anche una piscina terapeutica attrezzata per le mobilizzazioni indispensabili. Abbiamo acceso un mutuo ipotecario di lunga durata che stiamo ancora pagando, abbiamo ricevuto importanti donazioni da una Fondazione bancaria e da una Fondazione dell’Unione industriale, liquidata per cessazione di scopo e che aveva dismesso un immobile destinato alle colonie sulla costa adriatica. Il progetto esecutivo è stato assegnato per concorso (finanziato dalla Fondazione Margherita), la costruzione affidata per trattativa privata e in due anni l’ampliamento è stato terminato.
Siamo nel 2005. Il diurno è frequentato da 18 utenti: è di grande aiuto per le famiglie che possono dedicarsi al lavoro ovvero possono ridurre il carico di assistenza a casa e per chi lo frequenta perché può partecipare alle attività e usufruire della fisioterapia in acqua o a secco (si dice così), arricchendo la propria giornata con maggiori opportunità di sviluppare le proprie potenzialità.
Come è poi evoluto il tutto, e dove volete arrivare?
Sempre sotto l’impulso di Irma, Sim-patia ha avviato a Beregazzo tre appartamentini palestra dove chi vuole provare ad abitare in autonomia, e necessita di minore assistenza, può fare esperienza. Più recentemente un progetto di co-housing sociale in convenzione con il Comune di Grandate. Abbiamo preso in gestione 8 appartamenti di proprietà comunale dove trovano ospitalità, sulla base di un contratto di mutuo aiuto, persone con fragilità diverse che vanno dalla disabilità motoria o psichica, all’anzianità, alla perdita improvvisa di lavoro, all’abbandono famigliare ecc.
La collaborazione tra i membri della comunità che così si crea e che tende a modificarsi con gli ingressi e le uscite (per ritrovata autonomia), viene stimolata da un’amministratrice sociale di Sim-patia che fa in modo che la maionese riesca e si rinnovi nel tempo. Un vero successo tanto che il modello lo abbiamo esteso ottenendo la collaborazione di un hotel sempre di Grandate che ha messo a disposizione del progetto altri cinque appartamentini, portando il totale a 13. Ma la cosa ancora più interessante è che stiamo ricevendo proposte da diversi Comuni del territorio di realizzare analoghi progetti presso immobili di loro proprietà. Vedremo se ne avremo la forza e soprattutto le risorse umane all’altezza, la vera chiave di volta.
C’è un’altra particolarità che ha caratterizzato Sim-patia dopo i primi passi, quella di aver sempre creduto nel valore delle tecnologie a supporto nella valorizzazione delle potenzialità residue. Un bravissimo e giovane ingegnere informatico, fortemente empatico, ingaggiato allo scopo, ha iniziato a studiare soluzioni per interfacciare il computer, per guidare una carrozzina elettrica, per chiamare al cellulare, per usare l’ascensore, utilizzando tecnologie esistenti come pezzi di lego che composte in modo appropriato sono capaci di risolvere il problema.
Spesso per arrivare ai prototipi usiamo la collaborazione di scuole tecniche e, in particolare, di studenti di elettronica, Arduino e software ne sanno abbastanza e mettono quel po’ di creatività e divertimento molto utili allo scopo. La crescita di questa componente di attività si è concretizzata in consulenze verso utenti esterni ampliando il raggio di azione di Sim-patia e tradotta anche in inviti da parte dell’ITU (Agenzia dell’ONU) a presentare quello che facevamo in un paio di convegni. Così, quando abbiamo ricevuto in donazione una villa con giardino a Brunate da parte della sua generosissima proprietaria, abbiamo deciso di avviare il terzo ampliamento della struttura, alienandola con il consenso della donatrice, per disporre di più spazi per il Polo tecnologico, per i laboratori individuali e la formazione, per le attività fisioterapiche e per la musica.
Sì, proprio per la musica e le sue facoltà terapeutiche ci sarà un aula insonorizzata dove si terranno sessioni musicali gestite da un bravo maestro all’interno del progetto Interreg (fondi UE ) di cui Sim-patia è capofila e che ospiterà gruppi di giovani ( in parte provenienti da strutture esterne a Sim-patia ) con fragilità di vario tipo che nella musica dovrebbero trovare motivazioni e occasioni per la loro inclusione sociale. Il cantiere è stato aperto a giugno 2020 al termine del primo confinamento (lockdown) e chiuderà entro il prossimo maggio. Nel 2019 il valore monetario dei servizi erogati è stato di 3 milioni di euro, tramite 55 dipendenti e 20 professionisti.
Come siete riusciti ad organizzare le iniziative volte a incrementare la raccolta dei fondi necessari a concretizzare le nuove proposte, e al mantenimento di Sim-Patia?
Sim-patia, surrogando di fatto un servizio pubblico, si regge con le sue gambe grazie all’accreditamento della Regione Lombardia e le rette degli ospiti. Altre fonti di ricavo derivano dall’apertura della piscina e della fisioterapia a utenze e esterne, cosa che ci ha consentito di ridurre i costi della gestione della piscina e della palestra. Per un po’ di anni, la società di catering che produceva i pasti ha servito anche diverse mense scolastiche del territorio utilizzando le nostre cucine e riconoscendoci delle royalty. Insomma, cerchiamo di ottimizzare senza ridurre la qualità dei servizi. Su questo ultimo punto ci siamo adoperati ormai da 15 anni mettendo a punto un sistema qualità e facendoci certificare.
Le donazioni che riceviamo le utilizziamo per gli investimenti che non sarebbero coperti dai contributi regionali e faremmo fatica a pensarli a carico degli utenti. E qui abbiamo imparato una cosa che sembra banale ma non lo è affatto: se hai un buon progetto e una squadra competente le risorse economiche anche importanti si trovano senza particolari difficoltà. Non solo quelle bancarie perché in fondo è il mestiere delle banche, ma soprattutto quelle derivanti da donazioni. Abbiamo sperimentato che spesso le persone sanno in cuor loro di avere più soldi di quanto gli servano per vivere agiatamente e di fronte a una missione chiara si rendono volentieri disponibili.
Stiamo attrezzandoci con leve più giovani a cui affidare gradualmente la gestione di Sim-patia e poi anche contribuire alle sue scelte strategiche. E’il lavoro già in atto e del prossimo futuro che dovrà assicurare continuità e possibilmente anche crescita in sicurezza ed evoluzione in funzione delle necessità che muteranno nel tempo. Sim-patia non ha rimarginato le ferite di noi genitori di Martino e certamente neppure quelle di qualcun altro nelle stesse condizioni, forse ci ha spinto solo ad accettarle. La vita è un mistero, un’avventura con le sue innumerevoli insidie. Dobbiamo essere consapevoli che a qualcuno può andare storta. Terribilmente storta. E essere disponibili a fare quello che si può per tentare di mitigarne le conseguenze. Ho imparato che insieme è un po’ più semplice.