Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Lucia Merli (Piacenza - contemporanea) - Falce di Luna sulla Città

 

L’ebreo e la luna (1)

di Vincenzo Rampolla

 

Astro maltrattato la luna. Nel quotidiano oggi all’ebreo preme ben altro… Credi che gli freghi conoscere le sue fasi? Che ne so? E a quei tempi per lui la luna era qualcosa? Sì, in lungo e in largo ne parlano Salmi e Profeti. E allora…? Qualche millennio fa col padre Terah, Abramo intraprende un primo viaggio da Ur a Harran, città commerciali, nodi di transito, centri affollati ove troneggia un tempio al dio della Luna, dio che nel buio rischiara la via e segna la posizione. Lo guida e l’orienta. Chi viaggia nota che gli ruota intorno, che c’è e non c’è, che cresce a metà del suo viaggio, è luna piena e in primavera è tempo per mandrie e greggi. Segue il suo ciclo. Si lascia guidare. Non è per questo che è lunare l’alternare dei mesi? Qualche millennio fa si attribuiva una forza vitale agli elementi del cosmo. Chi muoveva gli astri in cielo se non un qualcosa, un qualcuno a immagine umana? Chi c’era dietro se non un essere superiore, temuto e venerato, chiamato dio, parola legata al concetto di luce. Era solo? No. E quanti erano? Ognuno si prendeva cura di uno spazio, un territorio e aveva il compito di proteggere l’uomo dai malanni e dai fatti. La storia del dio Luna inizia con l'arrivo dalla Mesopotamia dei Sumeri, gente pacifica. Avevano creato città-stato autonome e indipendenti, ognuna aveva il suo re e il suo qualcuno. Un pantheon di dei aggregava le città e ognuna vi raffigurava il proprio, con sembianze umane, di animali o altro. Ed è così che il dio Luna ha messo le radici nella città di Ur. Sopra tutti gli dei c’era Anu, il dio principale, dio del Cielo che risiedeva a Uruk insieme a Innana, dea dell’amore e della guerra. Si parla del 2.350 a.C. E il re Sargon d’Akkad invade tutte le città-stato sumere e Ur diviene la capitale del suo impero. Il dio Luna continua a incarnare il dio principale e rimpiazza il dio precedente. Diventa Sîn, il dio simboleggiato dalla falce della luna e la luna piena diventa Ningal, il dio femmina legato alla fertilità, madre del dio Sole. Sîn deriva dall’accadico En-zu che significa il Signore lo sa. E da Zu-en, sua forma invertita, si ottiene per contrazione Sîn (mania ossessiva di quei popoli di costruire parole manipolandone altre e creando una lingua parlata, ancora in voga…). Nella città di Ur si eleva uno ziggurat, un tempio-montagna, emblema in miniatura di tutta la Terra, tre piani in suo onore e al terzo livello una costruzione denominata il porto sacro, la barca della Luna, tempio su cui salivano il re, i sacerdoti e le sacerdotesse durante le celebrazioni sacre.

 

Nel British Museum di Londra si ammira una tavoletta con l’impronta di una falce di luna nel sigillo del governatore di Ishkun-Sin, vassallo di Ur-Nammu, della IIIª dinastia di Ur, verso il 2.100 a.C.

La dinastia Sargon dura circa 200 anni e dopo molti secoli di anarchia, il re Hammurabi (1750 a.C.) conquista Ur e le città accadiche e si stabilisce a Babilonia, da Bab-Ili, Porta del cielo, la nuova capitale del primo impero babilonese. Il re impone Marduk, un nuovo dio Luna per il pantheon babilonese, Signore della nuova dinastia. Madre del dio Marduk è Sarpanit, una grande madre, divinità femminile primordiale. Associata alla luna crescente è Tašmetum sua moglie e sorellastra, Signora che ascolta e che concede grazie, dea dell'amore, legata al segno del Capricorno. Hammurabi eleva a Babilonia un altro tempio ziggurat, stavolta a sei piani, fulcro dell'attività religiosa della capitale e dei paesi del regno. Dopo 1.000 anni l’impero crolla con l’arrivo di nuovi conquistatori. Altri popoli si insediano, cade Ur e la gente costretta alla vita pastorale, migra dal sud a nord-ovest della Mesopotamia verso la regione di Harran e appare la figura di Abramo un nomade del primo millennio. Segue il percorso degli antichi adoratori del dio Luna e erige un nuovo tempio dedicato al dio Sîn.

 

Nel museo di Aleppo (Siria) è conservato un prezioso calcare dell’VIII sec.a.C. tratto dal santuario del dio Luna di Harran simboleggiato da due sostegni che reggono falci di luna.

Il nome Abram significa Il grande Padre e il dio Sîn viene invocato con il nome di Padre. La moglie Sara deriva dall'accadico Sharratu (Regina) e da Sarrati, nome con cui veniva adorata la luna piena, la dea Ningal. E Labano, patrigno di Giacobbe? Deriva da Levannah, La Bianca, nome poetico della Luna e la derivazione dalla luna della quasi totalità dei nomi dei discendenti e dei familiari di Abramo conferma il forte radicamento della devozione lunare nella cultura religiosa. Addirittura il nome Sedecia, ultimo re della tribù di Giuda, viene dal babilonese Shènazar (Shin-usur),il dio Luna protegge a conferma della vitalità del culto fino alla distruzione di Gerusalemme e del Tempio (587 a.C.) da parte di Nabucodonosor.

Al tempo di Abramo, l’adorazione per il dio Sîn era il culto della tradizione, la religione del loro padre, la religione praticata nelle città e nelle campagne ed è chiaro che gli scribi della Torah evitarono di nominare in modo esplicito il sole o luna: pudore, vergogna, prudenza, sacralità, sotterfugio della classe sacerdotale…? Nel libro della creazione dominano i giri di parole per designarli: si parla di… due lumi, il grande per presiedere il giorno e il piccolo per la notte ... ed è in questo contesto di adorazione per Sîn, il dio Luna, che prende forma il profilo di Abramo, l’antenato giudeo nella fede. Dio lo tocca nel vivo della sua devozione e gli impone tre tagli netti: con la sua famiglia, con la sua città, con la casa del padre. Gli chiede di fare le valigie, di andarsene. Abramo, il Sommo Padre diventa Abramo il Padre di un popolo. La direzione della sua vita è ribaltata: da Padre superiore, diventa Padre di famiglie, patriarca, in greco patrìa, stirpe. Di Abramo si dice: Ha svuotato il paradiso dai suoi dei.

Gradualmente nuove regole di vita sono date agli ebrei, il cosiddetto Codice dell'Alleanza. Quando, nel VI sec. a.C., i sacerdoti in esilio a Babilonia hanno scritto la prima storia della creazione, le persone dovevano riscoprire la loro profonda identità nella settimana. Perché mai? Distribuendo l’opera di Dio in un arco di sette giorni, si doveva mettere in risalto il giorno finale rispetto agli altri. Gli astri non sono più il centro del mondo e del tempo, esistono solo per strutturarlo e il tempo diviene secondario. Sono segni nel cielo perché permettono di tornare alle origini, scandiscono i tempi delle preghiere e delle festività, momenti privilegiati di intimità con Dio. E alla luce della fede la luna e il sole diventano creature che da parte di Dio innalzano lodi al giorno e alla notte mentre la Luna mantiene una posizione di privilegio tale che la parola mese neppure esiste in ebraico. Non si parla di mese ma di lunazione (yérah) derivato da yaréah, luna. Oggi non si compra il nuovo calendario ma il lunario e si usa hodesh per indicare la luna nuova derivato da hadach, nuovo. Quando l’ebreo vuole parlare del primo giorno del mese, della luna nuova, parla di Rosh Hodesh. Rilevare con cura all’inizio e alla fine dello Shabbat l'ora di apparizione delle tre stelle è tradizione antichissima e Sukkot, Festa delle Capanne, è celebrata di notte, sempre di luna piena. Anche Pèsach (Pasqua) è molto antica e cade sempre di luna piena. È una festa pastorale che ricorda la fine della stagione fredda e l’inizio dell'anno agricolo con il primogenito del bestiame offerto per garantire in primavera la fertilità della mandria. Al tempo dell'Esodo, Pèsach diviene la festa della partenza dall'Egitto celebrata il 14 Nissan e pesha significa saltare, andare oltre e Nissan è primo mese dell'anno secondo il calendario ecclesiastico e deriva dal sumerico Nisag, primizia.

Nel giudaismo è in uso un calendario luni-solare con l'anno scandito dai 12 mesi lunari di origine babilonese e si inizia a contare gli anni a partire dalla data della creazione del mondo, la nascita di Adamo e Eva, oggi l'anno 5.780 (2020 d.C.).

La luna funge da indicatore del tempo. Il primo giorno del mese è il giorno di Luna Nuova, giorno di riposo nell'antico giudaismo. Morte e rinascita della luna ogni 29 giorni è simbolo di nascita e di rinnovamento perpetuo della vita. Al primo giorno del mese si benedice la luna con la preghiera Birkàt Halevanà (Per la sua creazione e esistenza) e si chiede al Signore di benedire il nuovo mese, che sia fonte di beni spirituali e materiali. All’epoca del primo Tempio, il primo giorno del mese era celebrato al suono delle trombe, con offerte speciali e l’arresto di ogni lavoro, oggi rimane solo giorno benedetto. Al secondo Tempio, la Luna Nuova veniva annunciata di notte: due testimoni scrutavano il cielo, lo annunciavano al Sinedrio che rendeva ufficiale l’evento. Subito, sul Monte degli Ulivi, veniva accesa una torcia con lunghi pali di cedro e ulivo, canne e cespi di lino, legata a funi e agitata finché sul colle vicino non se ne accendeva un’altra e l’annuncio della Luna Nuova dalla Galilea galoppava di colle in colle fino a Babilonia. Dopo la caduta del secondo Tempio, l’usanza decadde e i rabbini scoprirono finalmente il calendario, fissando date, mesi e anni.

Il giorno che si apre al mattino oggi è segnato dalla lontananza di ogni membro della famiglia, e inizia separandosi, ognuno dedicato ai propri compiti. Per questo per l’ebreo il giorno inizia la sera. Come per tutti i nomadi, si conta il giorno da un tramonto all’altro. Iniziare la giornata la sera, con il sorgere della luna, è iniziare la giornata con la comunità. La sera è il momento di condivisione di un pasto con la famiglia. Pasto in comune è prendere parte alle fonti della vita, il giorno di Shabbat, il giorno del santo riposo e si accendono le candele prima di andare in sinagoga. Nell’antichità per l’ebreo il giorno della festa era il sabato, intimamente legato al plenilunio. Lo stesso termine sabato si lega a shabatu, che vuol dire cessare e la luna, una volta arrivata in plenilunio, cessa di crescere. Presso gli Accadi, al 15 del mese ricorreva la festa del plenilunio, detta shapattû, giorno della calma del cuore, con il significato generale di festeggiamento e la parola ebraica shabbath non va disgiunta da shapattû, il plenilunio per eccellenza; dividendo in 2 il periodo con il novilunio hodesh e ancora in 2 parti uguali, si giunge alle 4 fasi lunari, ciascuna delle quali trova la celebrazione in un giorno solenne, detto pure sabato per definizione. Non si sa in che tempo il sabato divenne festa settimanale a scapito del plenilunio ma le due grandi feste Pèsach e Sukkot diventano annuali, di luna piena, e il carattere lunare passa in second’ordine. Shabbat diviene il giorno di un rendez-vous d'unione con Dio. È il giorno in cui uomo e donna abbandonano il mondo degli oggetti per essere soggetti. Shabbat è il giorno della costruzione del tempo, in cui si entra nella dimensione interiore della temporalità. La santificazione del tempo trova simbolo nella coppa di vino e la condivisione del pane raffigura la manna ricevuta nel deserto. Dopo il pasto la notte. Tempo di intimità, momento di unione tra le persone, momento di avvicinamento a Dio. Poi il sonno. Può essere un momento in cui Dio parla all’uomo. Da Babilonia all’Egitto il sogno è come una rivelazione diretta di Dio, È nel sogno che gli parlo (Nb, 12,6). In questo senso il risveglio è la continuazione della giornata... È il momento in cui appare il sole... Due parole egeiro e anisthémi per svegliarsi e alzarsi, parole che significano resurrezione. Quando mi alzo, sono pronto per partire, avviarmi e camminare sulle orme del Risorto. L'editto di Milano del 313 ha posto la data della nascita di Gesù al solstizio d'inverno a Roma. L’antica festa della nascita del sole diventa quella della nascita di Gesù. Chi guarderà verso di lui risplenderà (Sal 34, 6). Possiamo incontrare Dio solo all’interno del tempo. Luna e Sole e stelle esistono per ricordarlo.

Dopo la conversione al monoteismo la festa dedicata alla luna nuova (neomenia) fu abolita, presupponeva il culto in onore di una dea lunare. Sacrilegio. Ne testimonia Giobbe, che dice: Anche inviare con la mano alla bocca un bacio alla luna è gesto punibile.

(consultazione: bible de jerusalem; faivre, l’idée de dieu chez les hébreux nomades; conférences bibliques de la paroisse notre-dame-des-anges - montreal.)

(Continua)

 

Inserito il:01/05/2020 14:30:26
Ultimo aggiornamento:05/05/2020 09:40:22
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