Aggiornato al 28/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Leonid Afremov (Vicebsk Bielorussia, 1955) – Romantic Kiss (2015)

 

Portobello (2) – Il profumo del sidro

di Mara Antonaccio

(seguito)

 

Appena apro gli occhi mi torna in mente tutto: come in una pellicola accelerata alla moviola rivedo Jack, le foglie, i miei rossori conseguenza dei suoi complimenti, la telefonata di Luca.

Sono in ritardo, faccio fatica a ritrovare il filo che mi aiuti a collegare tutti questi avvenimenti inaspettati; sveglio i bimbi, facciamo colazione di corsa, ci prepariamo e andiamo a scuola, che fortunatamente è vicinissima a casa. Finalmente sono libera!

Corro verso il metrò un po’ affannata, ma non è solo il ritardo, è che stamattina ho un’ansia nuova, inconfessabile. Salgo sul convoglio e i miei occhi cercano tra la gente; mi sento sciocca: come posso pretendere di vederlo, potrebbe essere salito su un altro vagone e in un altro orario.

Arrivo in ufficio un po’ delusa e la giornata scorre lenta, esco alle quattro e torno sul solito viale ma con un’aspettativa diversa, guardo tra gli alberi, sulle panchine: lui non c’è. Lo stesso copione si ripete sino al venerdì, le aspettative e l’ansia sono cresciute giorno per giorno e alla fine è la delusione a prevalere; mi convinco che anche lui è stato una luminosa meteora.

Nel fine settimana andiamo a trovare i nonni e il pensiero di quell’incontro viene relegato in fondo alla memoria, ben nascosto.

E’ lunedì e Jack ormai non è nei miei pensieri, esco dall’ufficio e mi incammino lungo il viale che ormai è completamente coperto di foglie, di un violento rosso per i loro riflessi e i miei passi sono lenti, attutiti dal morbido tappeto vegetale. Pensierosa rivedo gli avvenimenti della giornata ma il cassetto contenente i miei bei ricordi resta chiuso a chiave.

Sono quasi arrivata alle scale, quando a un tratto mi sento chiamare da quella voce che ormai mi è familiare e che mi è entrata dentro, la riconoscerei tra mille.

Mi giro, è lui, sta camminando a passi veloci verso me, con un gran sorriso stampato sul viso meraviglioso. Il mio cuore ha cominciato a battere forsennato, sento gli occhi diventare lucidi dall’emozione e una speranza inconfessabile mi riempie il cuore.

Mi saluta allegro e mi dice di essere stato via tutta la settimana a Londra, per lavoro. Mi racconta con una valanga di parole di quanto sia bella in quella stagione e dei posti in cui è stato, della gente che ha incontrato e quanto gli piacerebbe mostrarmeli, come se ci conoscessimo da sempre. Sono completamente rapita dal suo entusiasmo e la testa mi gira un po’.

I nostri incontri si ripetono ogni giorno, per tutta la settimana; oggi è venerdì e sono delusa pensando che per due giorni non lo vedrò.

Alle quattro arrivo puntuale sul viale, Jack è seduto su una panchina e sorride vedendomi. Da quando l’ho incontrato mi sento diversa, ho voglia di curarmi, metto molta più attenzione nel vestirmi e mi sento viva come non mi sentivo più da anni.

Si alza per venirmi incontro, c’è una luce strana nei suoi occhi, mi si avvicina sicuro e mi dà un bacio sulle labbra, lieve e veloce come un soffio. Vengo scossa da una serie di emozioni diverse che fanno balbettare il mio cuore. Jack si allontana un po’ e quasi a volersi scusare per quel gesto così intimo, mi racconta che è eccitato perché grazie ad una sua brillante idea, si occuperà della campagna pubblicitaria di una marca prestigiosissima.

Lui parla e io sono ubriaca, cammino in punta di piedi e sento ancora le sue labbra sulle mie. Perdo il filo dei suoi discorsi, non riesco a concentrarmi e torno con i piedi per terra solo quando mi chiede se andiamo a cena fuori, stasera.

Accetto senza indecisioni come se la sua proposta fosse attesa, penso un attimo a come sistemare i bambini e gli dico che proverò a chiedere a mia sorella, se non ha impegni. La chiamo e lei mi dice subito di sì, senza farmi domande, felice che finalmente smetta di fare la reclusa e poi lei adora i suoi nipotini.

Ci salutiamo con un lungo sguardo, senza parole e Jack mi dice che sarà da me alle otto, mentre mi posa una mano sulla guancia, con dolcezza.

Torno a casa e mi sento strana, come toccata da una fortuna incredibile e inaspettata; mi sforzo di giocare con i bambini, di essere normale ma l’impazienza mi divora, usciamo insieme per fare un giretto, nel tentativo di rilassarmi un po’ e poi torniamo a casa presto, devo farmi bella. I piccoli mi consigliano su cosa mettere e storcono il naso se quello che indosso non gli piace.

Alla fine decidiamo tutti e tre per un abito nero, che stringe appena i fianchi e sopra metto una giacca impreziosita da ricami. Faccio un bagno caldo profumato di gelsomino e lego i capelli in una crocchia un po’ bohemienne. Mi trucco e quella che vedo nello specchio è una donna piacevole, matura, elegante e un po’ misteriosa.

Mia sorella arriva puntuale e non smette più di farmi complimenti, poi mi abbraccia forte e mi sorride teneramente. I bambini mi chiedono impazienti quando vado via, perché non vedono l’ora di restare soli con la zia a giocare. Suona il campanello, infilo la giacca ed esco di casa.

Anche Jack è uno schianto, sicuro e affascinante nel suo vestito scuro. Mi guarda a lungo in silenzio, prende la mia mano e posa un bacio delicato all’interno del mio polso, così intimo, più eloquente di qualsiasi discorso. Ceniamo in un ristorante indiano, tra luci intriganti e profumi di spezie. La serata è piacevole, rilassante, nonostante la tensione quasi palpabile, siamo tutti e due attratti l’uno dall’altra come calamite.

Lui è meraviglioso e di tanto in tanto mi sfiora la mano con la sua, fissandomi con quei profondi occhi azzurri carichi di voglia di vivere. Stiamo tornando a casa, siamo davanti al portone e lui mi dice che i primi giorni di novembre deve tornare a Londra per quel lavoro e mi chiede di accompagnarlo.

Resto meravigliata ma sono felice che me lo abbia chiesto. Gli dico subito di sì, senza preoccuparmi dei problemi organizzativi, del lavoro e dei bambini; lui mi si avvicina e poggia piano le sue labbra sulle mie. E’ un bacio dolce ma appassionato che rivela un’urgenza e un desiderio mal celati, al quale rispondo con trasporto.

Torno a casa con la testa che mi gira, ma sono felice come non lo ero da tempo.

Il giorno fatidico arriva, i bambini sono dal padre per il week end lungo di fine ottobre ed io sono qui che aspetto Jack per andare all’aeroporto. Il volo trascorre tranquillo, ci teniamo mano nella mano, non ci stacchiamo mai, ridiamo come due bambini e qualche passeggero ci lancia occhiatacce perché lo disturbiamo mentre legge.

Di tanto in tanto Jack avvicina la mia mano alla bocca e la sfiora con un bacio. Londra è bellissima, più grande e più caotica di come la ricordavo dal mio viaggio scolastico.

Arriviamo in albergo, siamo a Piccadilly, è sera e tutte le luci sfavillanti delle insegne ci circondano come collane rilucenti. Usciamo subito e camminiamo per le grandi vie, guardando le vetrine dei negozi. Jack mi racconta mille cose e mi mostra in continuazione mille cose. Andiamo a cena e tutto quello che sto vivendo mi sembra irreale. Ridiamo di gusto e l’intesa tra noi tocca il massimo.

Torniamo in albergo tardi e sono un po’ agitata. So quello che sta per accadere, non sono una ragazzina, eppure sono nervosa. Entriamo in camera e lui si accorge delle mie emozioni. Mi toglie la giacca e mi stringe forte, mi sfiora le spalle e il collo con le labbra, poi mi bacia teneramente. Comincio a rilassarmi e i suoi baci diventano più insistenti.

Passiamo delle ore meravigliose insieme e la notte corre via veloce. Il mattino seguente ci sveglia il profumo di caffè che sale dalle cucine, ma poi abbiamo fame solo di noi stessi.

Facciamo colazione e ci decidiamo ad uscire, dopo qualche cambio di autobus ci troviamo a Portobello. E’ sabato mattina e nella lunga via si snoda il più incredibile mercato di Londra.

Sulle bancarelle c’è di tutto, antiquariato, oggettistica, cianfrusaglie. Mi incanto davanti ad una vetrina che espone delle giacche di lana impalpabile, tutte ricamate. Entro e le provo ma purtroppo non mi stanno, sono troppo abbondante. Continuiamo a girare per il mercato e tutto è fantastico. Ormai è buio e fa freddo, ci incamminiamo verso il metrò, luogo magico e complice per noi e nella via costeggiata dalle basse villette in mattoni, incontriamo un venditore ambulante.

Vende sidro di mele caldo, zuccherato e profumato di cannella.

Ho le mani gelate e mi fa piacere stringere tra le dita il bicchiere bollente. Jack mi bacia a lungo, con dolcezza, il suo bacio sa di frutta e di spezie e io mi sento languida e innamorata e mi sembra che quel posto di Londra, tra centinaia di persone, sia il centro del mondo e lì nel mezzo, ci siamo noi.

Un uomo e una donna che si amano, avvolti dal profumo del sidro e tutto il resto, non importa.

 

Inserito il:02/04/2019 17:29:32
Ultimo aggiornamento:02/04/2019 17:43:33
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