George Psaroudakis (Alexandroupolis, Grecia, 1964 - Thessaloniki) - Just a Bit Before
Bullismo, Cyberbullismo e Suicidio
(seguito)
di Vincenzo Rampolla
Bullismo e suicidio vanno trattati con cifre e casi concreti, più che con parole.
Nel 2012, in Italia ha fatto eco il caso del ragazzo quattordicenne suicidatosi perché omosessuale e stanco delle prese in giro dei compagni di scuola che lo insultavano perché indossava i pantaloni rosa, ma il caso più famoso nel mondo del bullismo associato al suicidio è stato quello dell’adolescente canadese A.Todd, la ragazza che a 15 anni si tolse la vita il 10 ottobre 2012 in seguito alle molestie e soprusi subiti dai compagni di scuola e da uno stalker, dopo che un mese prima della sua morte avevano divulgato su Youtube la sua sofferenza legata alla depressione e agli attacchi di panico che ne erano seguiti.
Negli anni recenti a Roma e Napoli è scoppiato il caso di ragazzi che si sono tolti la vita e hanno tentato di farlo a scuola. Maura Manca, Presidentessa dell'Osservatorio Nazionale Adolescenza e psicoterapeuta aggiunge l’ultimo caso di un ragazzino che ha minacciato di darsi fuoco davanti ai compagni a Cefalù (Palermo) e commenta: Di bullismo parliamo quando i casi diventano cronaca. Ancora oggi si tende a sottovalutare un fenomeno che richiede prevenzione seria dato che si registrano casi già alle materne. Il gesto estremo è solo un fortissimo grido d'aiuto al culmine forse di anni di aggressioni e offese subite. I comportamenti dei bulli ancora oggi vengono scambiati per bambinate, bravate. E’ necessario dunque cambiare l'approccio: come fanno i ragazzi a denunciare il bullismo se loro stessi non lo sanno riconoscere? Se certi modi di relazionarsi con i coetanei non vengono corretti da piccoli, quegli stessi comportamenti rischiano di diventare normalità in adolescenza. Il corpo docente deve esse obbligatoriamente formato, deve anche essere valutata la qualità dei formatori, bisogna studiare i singoli casi e lavorare fin dalle scuole materne. Bisogna evitare che la maggior parte degli episodi di bullismo, non vengano riconosciuti né dai genitori, né dal corpo docente, né dai ragazzi stessi.
Le statistiche più recenti dicono che su 10 ragazzi 3 sono vittime di bullismo. Il 46% ha pensato almeno una volta al suicidio e il 32% ha deciso di mettere in atto condotte autolesive.
Il 75% dopo le prepotenze dei coetanei ha sviluppato forme di depressione.
Vediamo alcuni fatti. Sono di pochi anni fa, presi nello scenario dell’adolescenza europea di Francia, Inghilterra e Italia. Si può morire a 17 anni perché non ci si sente accettati dal gruppo? La storia (canale The Voice of Italy) è quella di Michele R. di Alpignano (TO). Il 23 febbraio si è tolto la vita per le derisioni e gli scherzi subiti dai coetanei. Racconta la mamma: Michele era un ragazzo nato sano ma che a soli sei mesi ha iniziato ad avere problemi agli arti. Faticava a muoversi e era spesso vittima di prese in giro dei compagni. Così sfogava le sue amarezze in bigliettini e messaggi e tagli sulle braccia per farsi notare, ricambiato con insulti e sputi durante la palestra. Si è buttato da un ponte di Alpignano. Il suo sogno era diventare pasticcere e le sue passioni il nuoto, la palestra o caricare video su Youtube. Nelle ultime lettere Michele parla di sé e di come voleva essere visto dagli altri e di quanto voleva che qualcuno gli parlasse rassicurandolo, invece di sentirsi tremendamente solo, di quanto volesse di far sorridere gli altri che non capivano che era lui il primo a volere scacciare le lacrime e riuscire a sorridere.
Julia è un altro caso raccolto da emittenti europee. Ragazza intubata e priva di sensi in un letto di ospedale muore a 16 anni, cinque giorni dopo aver tentato di impiccarsi, vittima di bullismo. Parla il padre Adrian D. di Worchester (Inghilterra) nel giorno in cui la figlia avrebbe compiuto 18 anni: Julia voleva solo essere amata e accettata. A 13 anni Julia va a studiare in Missouri (Usa) e un giorno parla a un'amica della sessualità e l'amica spiattella le sue confidenze a tutta la classe. È l'inizio dell’incubo: insultata, presa in giro e abusata dai compagni, in rete e fisicamente. Decide di ritornare dal padre in Inghilterra ma continua la tortura. Si collega ai forum in cui spiega che lei è una grande persona. L'effetto è di aumentare gli insulti contro di lei, fino a quel giorno di ottobre 2015 in cui ha tentato di impiccarsi, morendo pochi giorni dopo. Negli ultimi due anni il padre ha incontrato oltre 200 mila bambini e ragazzi nelle scuole inglesi per raccontare la sua storia e informarli sui pericoli del bullismo online.
Ultimo è il caso francese a Lille: Émilie si toglie la vita a 17 anni, distrutta dai maltrattamenti e dai tormenti dei compagni di scuola. Era gennaio 2106 e i genitori hanno deciso di reagire e portare alla luce il suo dolore pubblicandone il diario:
Le toilette sono il solo angolo di questa maledetta scuola dove sono sicura di stare tranquilla. Riuscire a risparmiarmi un quarto d'ora di supplizio rende la mia giornata meno insopportabile. Purtroppo, questo momento di pace dura sempre troppo poco.
Amava gli animali e voleva diventare veterinaria, la depressione l'ha portata a pesare 42 chili. Nel dicembre 2015 si è gettata dalla finestra di casa. E’ morta a gennaio. Émilie veniva insultata dai suoi compagni di scuola per il suo modo di vestire, ritenuto non abbastanza cool:
Mi sentivo addosso gli sguardi degli altri. Vedevo i loro sorrisetti quando mi fissavano, sentivo che guardavano le mie scarpe da ginnastica vecchie, i miei jeans sfilacciati, il mio maglione con il collo alto e il mio zainetto. Ho sentito qualcuna chiamarmi 'barbona'. Dieci metri di cortile, 156 gradini e un corridoio ci separavano dalla classe. Questo per me era come il percorso del combattente. Schivare i colpi, i calci, gli sputi. Chiudere le orecchie per non sentire gli insulti e le prese in giro. Controllare il mio zaino e i capelli. Trattenere le lacrime. Ancora e ancora. Durante questi minuti infiniti.
Nel suo diario, Émilie spiega che gli insegnanti non comprendevano il suo disagio e le angherie subite, nonostante venisse offesa anche durante le lezioni. Neanche i genitori inizialmente sapevano. Emilie si vergognava: Non voglio che i miei genitori pensino di aver messo al mondo una merda. Ieri un ragazzo mi ha spinta, cado a terra davanti a tutti. Vedendoli ridere non sono riuscita a trattenere le lacrime. Rialzandomi a fatica ho sentito qualcuno gridare: Vuoi un fazzoletto? Attraverso il velo di lacrime ho visto che mi lasciavano dei fazzolettini usati. Ho sentito qualcosa finire sui miei capelli. Toccandoli alla ricerca di una pallina di carta o di una penna ho sentito un chewing gum, incollato a una ciocca. Nella toilette, due ore dopo, ho cercato di toglierla, non ci sono riuscita. Ho dovuto tagliarmi la ciocca. Potevano prendermi in giro quanto volevano, sarebbe stato meglio che girare con un chewing gum in testa.
Più volte ho toccato con mano il suicidio. Compivo 9 anni e nel gennaio ’52 in un cortile ai confini del ghetto, capobanda di scalmanati figli della guerra, sfioravamo il corpo di Tonio ciondolante nel vuoto dal balcone del primo piano, l’operaio suicida con il cranio imbiancato di neve. A 13 anni ho rivisto per l’ultima volta il nonno materno nella casa di campagna, riverso in terra tra i fiaschi di barbera che si era scolato, affogato nel suo vomito e accanto la nonna boccheggiante, morta poi per cirrosi epatica. A 17 anni Daniela, compagna di scuola, mi ha lasciato dopo essere stata stuprata in casa da un gruppo di 18 bastardi, alla festa del suo compleanno. Dopo 10 anni di volontariato in Croce Rossa al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Vercelli, la mia città natale, ho coperto i corpi di numerose persone di ogni età, tutte alla fine in rigidità cadaverica. E mio figlio? Al quarto anno di ITIS a Bergamo, dove viviamo, torturato da mesi dai bulli della classe e da loro violentemente incitato a provare l’emozione del suicidio dalla finestra dell’ultimo piano dell’Istituto. L’amore della madre lo ha salvato dopo essersi ritirato dalla scuola e l’attenzione del padre lo ha sostenuto nella preparazione a sostenere il biennio interrotto e passare l’Esame di Diploma. Dopo circa venti anni, nonostante il recupero personale e gli anni di incontri terapeutici, nonostante il lavoro e la serenità familiare, permangono indelebili le ferite lasciate da quella finestra del terzo piano.
Veniamo alle parole. Molte le ricerche, gli studi e le statistiche lette, consultate, analizzate e prodotte nel mondo. In Italia domina lo studio dell’ISTAT (Il bullismo in Italia. Comportamento offensivo e violento dei giovanissimi – 2014, 18 pag.), fortemente caldeggiato dall’Autore a Roma in un incontro virile ma corretto con il funzionario che mi consentì di accedere alla documentazione degli studi. Era in corso la preparazione del saggio Educazione al suicidio, Realtà, metodi e drammi di ieri e di oggi, pubblicato nel 2015 e presentato nella Giornata Mondiale della Prevenzione del Suicidio … servivano dati recenti e studi mirati sul disagio giovanile … non c’era nulla. L’Italia è terza in Europa nella classifica sul bullismo nelle scuole (rivista Polizia Moderna della Polizia di Stato - 2003) e l’accesso ai dati permane critico. Basta pensare che molti siti italiani rifiutano palesemente di diffondere le notizie e i dati sul suicidio, per non offendere la sensibilità della comunità, per non contrastare la morale pubblica, per ottemperare alle disposizioni dell’Ordine dei Giornalisti della Regione … La cattolicissima Bergamo è in testa alla classifica. Non se ne parla, neanche morti ... è il caso di dirlo. Zitto, Ssst … è proibito … aggiungeva Pirandello.
La relazione tra bullismo e comportamenti suicidari è complessa.
In generale tutti i soggetti coinvolti in episodi di bullismo, bulli, vittime, vittime oppressive e spettatori presentano maggiori rischi di incorrere in pensieri suicidari e in tentativi di suicidio veri e propri, con una prevalenza da 3 a 5 volte maggiore degli adolescenti non coinvolti. Assistere ad episodi di bullismo senza prendervi direttamente parte genera un senso di impotenza e di sensibilità interpersonale che aumenta la probabilità al suicidio. Si rileva che l'1,2% dei giovani non coinvolti ha fatto un tentativo di suicidio, rispetto al 5% di coloro che talvolta hanno fatto il bullismo a livello verbale o sociale, 6,5% per coloro che sono stati spesso vittime di bullismo verbale o sociale e l'11,1% per coloro che sono stati frequenti vittime del bullismo sociale con insorgere di: depressione, ansia, scarsa autostima, problemi di salute dichiarati, assenze da scuola, scarso rendimento scolastico e abbandono scolastico per malattia.
Analogamente nel caso del cyberbullismo, alcuni fattori sembrano fortemente collegati alla nascita del fenomeno, uguali agli stessi individuati e connessi in misura superiore al bullismo tradizionale. Molteplici fattori intervengono nella relazione: la presenza di comportamenti autolesivi durante l’anno precedente sembra essere il segnale rilevante per la successiva e non tardiva comparsa di comportamenti suicidari. Notevole peso hanno anche la presenza di una patologia mentale, l’abuso sessuale e la stessa fuga da casa nell’anno passato.
Analizzando infine l’effetto sui i bulli, i fattori associati sono presenti in maggior misura: l’avere assistito a episodi di violenza in famiglia, l’abuso fisico, l’uso di sostanze come marijuana, il fumo di tabacco, le assenze scolastiche e il portare un’arma a scuola. Fattori che invece risultano essere protettivi contro l’aggravarsi del fenomeno sono: una relazione positiva con i genitori e con altri adulti, la percezione di essere considerati dagli insegnanti e dagli amici, i risultati positivi a scuola, l’attività fisica e la percezione di sicurezza a scuola e nel vicinato.
Resta la domanda di fondo: le vittime di bullismo diventano depressi o gli adolescenti depressi hanno una maggiore possibilità di essere vittima di bullismo?
Da una recente ricerca condotta in 168 scuole di tutta Europa sull’autolesionismo, definito come il principale segnale di comportamenti suicidari negli adolescenti, è emerso che la depressione trasforma gli impulsi aggressivi in violenza rivolta a se stessi (autolesionismo), ma non tutti gli adolescenti vittime di bullismo incorrono in comportamenti autolesionistici. In un’altra ricerca promossa dall’Unione Europea (progetto SEYLE), viene valutato il rischio suicidiario di 11.110 studenti da tutta Europa attraverso un questionario in cui vengono indagati: il loro coinvolgimento in episodi di bullismo, i comportamenti autolesivi, i fattori di rischio (sintomi di depressione e ansia, idee suicidiarie, tentativi di suicidio, solitudine, uso di alcool e droghe) e i fattori protettivi (sostegno dei genitori e dei pari, comportamenti sociali).
I risultati mostrano che le vittime di bullismo, al pari delle vittime di abuso fisico o sessuale, sono a maggior rischio di sviluppare comportamenti autolesionistici e suicidiari e ciò vale soprattutto per le forme più sottili di bullismo indiretto. L’ansia e la solitudine, in particolare, sono risultati associati all’autolesionismo ripetitivo e l’essere vittima di bullismo ha un effetto più significativo sui comportamenti ripetitivi che su quelli occasionali. La depressione sembra avere un peso forte nella relazione tra bullismo e autolesionismo, confermando che le vittime di bullismo tendono ad essere più depresse e ciò le rende più vulnerabili a comportamenti di violenza autoinflitta.
Da recenti ricerche negli Stati Uniti e estese in altri paesi extra europei, emerge un chiaro legame tra bullismo e suicidio, per questo genitori, insegnanti e studenti imparano i pericoli del bullismo e aiutano gli studenti che potrebbero essere a rischio di suicidarsi. I dati sono allarmanti: il suicidio è la terza causa di morte tra i giovani, con circa 4.400 morti all'anno.. Per ogni suicidio tra i giovani, ci sono almeno 100 tentativi di suicidio. Oltre il 14% degli studenti delle scuole superiori ha preso in considerazione il suicidio, e quasi il 7% ha tentato di farlo. Le vittime del bullo hanno tra le 2 e le 9 volte più probabilità di considerare il suicidio rispetto alle non vittime.
Una ricerca condotta in Gran Bretagna ha rilevato che almeno la metà dei suicidi tra i giovani è legata al bullismo e le ragazze di 10-14 anni possono essere a maggiore rischio di suicidio. Circa il 30% degli studenti sono bulli o vittime del bullismo e 160.000 bambini rimangono a casa da scuola ogni giorno a causa della paura del bullismo. Quando appaiono alcuni dei segnali indicati di seguito è il momento di intervenire da parte dei genitori o delle autorità preposte:
- Segni di depressione, come la tristezza in atto, l’emarginazione, la perdita di interesse nelle attività preferite o problemi di sonno o alimentazione,
- Parlare o mostrare interesse per la morte o il morire,
- Essere coinvolto in attività pericolose o dannose, avere un comportamento spericolato con abuso di sostanze o autolesionismo,
- Offrire o distribuire gli averi più cari, dire addio alle persone sostenendo che non possono più gestire le cose e commentando che le cose potrebbero andare meglio senza di loro.
Nei cinquanta Stati Usa viene universalmente adottato una sorta di codice antibullismo e le scuole sono sempre più chiamate a implementare programmi di prevenzione. Da un'analisi di 47 studi sul bullismo e il suicidio tra studenti è confermato che i giovani coinvolti nel bullismo a qualsiasi titolo, sia bulli che vittime, sono più propensi a pensare e tentare il suicidio rispetto ai giovani non coinvolti nel bullismo. Bulli e vittime sono entrambi coinvolti. Ancora, il ruolo della bassa autostima e della depressione sono fattori che favoriscono comportamenti e pensieri e suicidi per la minoranza sessuale e per i giovani eterosessuali vittime di bullismo.
I bambini più giovani hanno più probabilità di essere coinvolti nel bullismo rispetto ai bambini in età scolare. Il bullismo verbale è generalmente più diffuso di quello fisico o di quello informatico. Sottogruppi specifici hanno maggiori probabilità di essere vittimizzati, ad esempio, giovani lesbiche e gay in cui il 60% dice di essere stato vittima nei 30 giorni prima del sondaggio rispetto al 28,8% dei giovani eterosessuali.
Il coinvolgimento nel bullismo può anche avere effetti dannosi a lungo termine, mesi o addirittura anni dopo l’azione di bullismo. I giovani vittime di bullismo hanno maggiori probabilità rispetto ai giovani non coinvolti di sviluppare depressione e ansia e riportano dolori addominali e sensazione di tensione nel corso dell’anno scolastico.
Uno studio che esamina l'impatto della vittimizzazione del bullismo di coloro che avevano tra 9, 11 e 13 anni quando sono stati vittime ha evidenziato che, in un periodo di 7 anni, i giovani vittime di bullismo avevano maggiori probabilità di sviluppare ansia generalizzata e disturbo di panico da adulti e di soffrire successivamente di depressione, disturbo di panico e suicidio.
E oggi, qual’é la situazione? Ogni 40 secondi, qualcuno sul pianeta si suicida. Dai dati forniti il 15 settembre 2018 dal WHO (World Health Organization), circa 800.000 persone muoiono nell’anno per suicidio e molti altri ci hanno provato o ci provano. A livello mondiale il suicidio resta la seconda causa di morte tra i 15 e i 29 anni e colpisce tutti, gente di ogni sesso e età.