Aggiornato al 21/11/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Judith Redman (from Fort Collins, CO - United States) - Schizophrenia

 

Disturbo Schizofreniforme e Schizofrenia

di Anna Maria Pacilli

 

Si tratta di due disturbi molto simili a livello sintomatologico, ma si differenziano per la durata degli stessi: meno di sei mesi per il primo disturbo e più di sei mesi per la Schizofrenia.

La schizofrenia è una psicosi cronica che si caratterizza per la persistenza di alterazioni delle funzioni cognitive e percettive, del comportamento e dell’affettività, con un decorso superiore ai sei mesi, e con un importante compromissione del funzionamento personale, sociale e lavorativo di chi ne è affetto.

Il termine fu coniato dallo psichiatra Bleuler nel 1908 e deriva dal greco, σχίζω (schízō, 'io divido') e φρήν (phrḗn, cervello), e cioè "scissione della mente". Questo termine fu coniato a vicariare quello di Emil Kraepelin di Dementia praecox.

Il termine sta ad indicare la separazione delle funzioni mentali, tipica della presentazione sintomatica della malattia.

I sintomi più comuni sono rappresentati da: allucinazioni soprattutto uditive, da ideazione delirante di tipo paranoide, da pensieri o discorsi disorganizzati.

L'insorgenza dei sintomi si verifica in genere in età adulta, in una percentuale stimata di circa lo 0,3-0,7%.

La diagnosi è guidata dalla osservazione dei comportamenti del paziente e sulle esperienze che il paziente stesso od i suoi familiari ci riportano.

Molti sono i fattori che sembrano contribuire allo sviluppo della malattia: fattori genetici, fattori ambientali più o meno precoci, come l’uso di sostanze psicoattive e i processi psicologici e sociali.

La ricerca attuale si concentra molto sulle neuroscienze, anche se non è ancora nota una causa organica ben precisa.

La malattia porta allo sviluppo di diversi problemi relativi al comportamento e alla sfera emozionale, con un importante deficit nella vita sociale e professionale. Non infrequenti sono anche le comorbidità (comparsa contemporanea o diacronica) con altri disturbi del versante psichico, come quadri depressivi e disturbi d’ansia. In realtà il tema della comorbidità con la depressione dell’umore è stato ed è ancora oggi dibattuto, poiché i sintomi “negativi” della schizofrenia, ossia quelli di deficit di una funzione, comportano il ritiro sociale, l’anergia e l’abulia che sono caratteristici anche della depressione.

Sono frequenti anche i casi di abuso di sostanze (riscontrabili in quasi il 50% dei pazienti), problemi sociali, la perdita del lavoro e lo stigma interno, rappresentato dall’autoconvincimento di essere soggetti inutili alla società ed incapaci di avere una vita che possa ritenersi degna di essere vissuta. L’aspettativa media di vita delle persone affette dalla condizione psicopatologica va dai 12 ai 15 anni di meno rispetto alla popolazione in generale.

Ciò rappresenta il risultato di un aumento dei problemi di salute fisica e di un tasso di suicidio di circa il 5% più elevato della popolazione generale.

Da un punto di vista storico, sindromi simili alla schizofrenia compaiono raramente descritte prima del XIX secolo, anche se si legge di racconti di comportamenti irrazionali, incomprensibili o non controllati.

I primi casi di schizofrenia riportati in letteratura medica risalgono al 1797, grazie alle opere di J.T. Mattheus e alle pubblicazioni effettuate da Pinel nel 1809.

Nel 1893 Kraepelin introdusse una distinzione nella classificazione dei disturbi mentali tra demenza precoce e disturbi dell’umore (depressione unipolare e bipolare).

Kraepelin credeva che la demenza precoce fosse principalmente una malattia del cervello

L’uso del termine di démence précoce da parte del medico francese Morel nel 1852 potrebbe rappresentare la scoperta medica della schizofrenia, anche se vi sono pochi dati che collegano l'uso descrittivo del termine da parte di Morel e lo sviluppo autonomo del concetto della malattia denominata demenza precoce, che si è avuto alla fine del XIX secolo.

Il termine "schizofrenia" si traduce approssimativamente come "scissione della mente" o “mente divisa” e deriva dalle parole schizein (σχίζειν, "dividere") e phrēn (φρήν, genitivo φρενός, "mente").

Il termine è stato coniato da Bleuler nel 1908 per descrivere la separazione tra personalità, pensiero, la memoria e la percezione.

Bleuler si rese conto che la patologia non era una dementigena, poichè alcuni dei suoi pazienti tendevano a migliorare, e quindi propose il termine schizofrenia.

Il trattamento è stato rivoluzionato verso la metà degli anni ’50 con l’utilizzo del farmaco clorpromazina.

 

I sintomi positivi e negativi

La schizofrenia è spesso descritta in termini di sintomi "positivi" (produttivi) e "negativi" (o di deficit).

I sintomi positivi possono includere deliri, pensieri disorganizzati e allucinazioni ( uditive, visive, olfattive.

I sintomi negativi sono i deficit delle normali risposte emotive o di altri processi di pensiero. Essi solitamente comprendono una sfera affettiva piatta o poco accentuata, scarsità a provare emozioni, povertà del linguaggio (alogia), incapacità di provare piacere (anedonia), mancanza di desiderio di creare relazioni (asocialità) e mancanza di motivazione (abulia).

Gli individui affetti da importanti sintomi negativi spesso presentano una storia di scarso adattamento sociale già prima della comparsa della malattia e la risposta alla terapia farmacologica non è buona come quella per i sintomi positivi.

 

Il caso clinico

Claudio è uno di quei casi clinici in cui sono coesistenti sia la sintomatologia positiva che quella negativa, e quindi solo parzialmente responsivi al trattamento farmacologico. Udire le voci, racconta l’uomo durante i colloqui, lo accompagna sin dalla giovane età. Ora ha 50 anni, ma fa fatica a ricordare un periodo della sua vita in cui le allucinazioni uditive non lo abbiano tormentato. Per questo frequentare gli amici, i pochi che aveva, era un problema. Era un problema dialogare con loro, perché non riusciva a distinguere le loro voci dalle altre, quelle nella sua testa. Forse per questo, forse perché non si sentiva integrato nel mondo sociale, si era isolato, non aveva un lavoro stabile, ma solo dei lavoretti saltuari. Quando, invece, fu preso stabilmente in carico dal Dipartimento di Salute Mentale, fu inserito in attività risocializzanti del tipo “borsa lavoro” che gli permetteva di uscire per qualche ora da casa e incontrare persone. Questo, forse, più che una migliore risposta ad un trattamento farmacologico innovativo, gli permise di migliorare non solo nei sintomi, ma anche nell’approccio con il mondo esterno.

 

Riferimenti bibliografici

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Arieti S., Interpretazione della schizofrenia,2 voll. Milano 1978

Ballerini A. e Callieri B. (a cura di) Breviario di psicopatologia. La dimensione umana della sofferenza mentale Milano 1996

Ballerini A. e Rossi-Monti M. La vergogna e il delirio Torino 1990

Bateson G., Verso un'ecologia della mente Milano 1976

Benedetti G. Schizofrenia In Enciclopedia Medica Italiana, Firenze 1986

Binswanger L. Per un'antropologia fenomenologica Milano 1970

Bleuler E. Schizofrenia In Trattato di psichiatria Milano 1968

Borgna E. I conflitti del conoscere. Strutture del sapere e esperienza della follia Milano 1988

Cutting J. Psicologia della schizofrenia Torino 1989

Jaspers K. Psicopatologia generale Roma 1965


 

Inserito il:07/04/2022 18:37:08
Ultimo aggiornamento:07/04/2022 18:44:14
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