Jori Bolton (Toronto, Canada) for The Globe and Mail - Paranoid Delusions
Il Disturbo Delirante
di Anna Maria Pacilli
Il disturbo delirante (in passato chiamato psicosi paranoide) è un quadro psicopatologico di tipo psicotico, caratterizzato dalla perdita del contatto con la realtà e dalla perdita della capacità di riconoscere e distinguere ciò che è reale da ciò che, invece, è un prodotto del proprio mondo interno alterato.
La caratteristica principale del disturbo delirante che conduce ad una ipotesi diagnostica molto probabile è la presenza dei deliri, che rappresentano idee incorreggibili e non confutabili che occupano tutto lo spazio psichico del soggetto e che sono assolutamente non comprensibili. Inoltre, queste idee non sono derivanti e condivisibili in un sistema comune di credenze culturali.
Per essere definito tale, il delirio, oltre che stravolgere il vivere comune di chi ne è affetto, ha la caratteristica di provocare delle conseguenze pratiche nella vita comune della persona, conseguenze che possono differenziarsi dall'una all'altra in base alla gravità del delirio, ma che, comunque, in linea generale, determinano effetti gravi, come la perdita del lavoro e la possibilità che il soggetto nuoccia a se stesso e agli altri.
Il contenuto del delirio, oltre che variare da un soggetto all'altro, può essere variabile nello stesso individuo, nel corso degli anni di malattia.
I deliri possono essere classificati come:
- Bizzarri, se sono chiaramente incomprensibili ed assolutamente stravaganti, come, ad esempio, la convinzione che alcuni organi siano stati sottratti da forze malevole, che qualcuno sia in grado di rubare il pensiero o di inserirsi nelle proprie idee.
- Non bizzarri, se in essi è individuabile un contenuto in parte comprensibile e/o se l'inizio del "delirare" può avere uno spunto reale. I deliri più frequenti sono quelli di tipo persecutorio, essere vittime di una cospirazione, essere spiati, inseguiti, controllati, avvelenati; avere la convinzione di essere superiori agli altri, per merito proprio oppure per avere antenati illustri, essere delle persone geniali alle quali si deve il merito di una grande scoperta; deliri di gelosia, anche essi molto frequenti: avere la convinzione di essere traditi, magari prendendo spunto da un indizio reale ma di poco conto, che viene, invece, asseverato come prova certa dell'infedeltà.
L'esordio di questo tipo di disturbo è individuabile prevalentemente in età adulta, anche se è possibile in età più giovanile.
Da un punto di vista sintomatologico, secondo il DSM 5, il Manale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, si parla di disturbo delirante in presenza di uno o più deliri non attribuibili ad altre condizioni mediche, all'abuso di sostanze o ad altri disturbi mentali e della durata di almeno un mese.
La presenza del delirio è il sintomo più eclatante, ma questo può essere accompagnato da altri sintomi come un'alterazione dell'affettività, comparsa di irritabilità, deflessione dell'umore e/o mania, disturbi del sonno, dispercezioni di tipo allucinatorio, ossia percezioni vivide e chiare di qualcosa che non esiste, che si manifestano, cioè, senza uno stimolo esterno reale, senza che chi li sperimenta possa averne il controllo volontario e in presenza di un apparato sensoriale integro.
Il disturbo delirante ha un andamento tipicamente cronico, con fasi di remissione e di riacutizzazione, in parte riconducibili a fattori insiti nel disturbo stesso ed in parte dovuti alla interruzione della terapia farmacologica.
Il caso clinico
Roberto è un uomo di trentacinque anni. Lavora ed ha uno stipendio che gli consentirebbe di vivere da solo, ma preferisce vivere ancora con la famiglia di origine. Non ha una buona rete sociale, al di fuori dei soliti amici del bar. Quando lo vedo per la prima volta in ambulatorio appare piuttosto mutacico, fa fatica a fidarsi ed a raccontare della sua vita. Appare tranquillo ma ben presto mi accorgo che è solo un'apparenza.
Dopo una mezz' oretta di colloquio, durante il quale è emerso poco o nulla, comincia a guardarsi attorno, poi osserva il mio cellulare e mi chiede se stessi registrando il colloquio. Rassicurato dalla mia risposta negativa, aggiunge che, invece, gli è parso che sul posto di lavoro siano state installate delle microspie per verificare che lui lavori o meno e questo gli sembra strano, perchè ha sempre fatto il suo dovere, ma, probabilmente, visto che ultimamente ha chiesto un aumento di stipendio, perchè è molto bravo, "loro", invece, vogliono dimostrargli che non è vero. Anzi, forse, vogliono addirittura licenziarlo.
Lo ascolto, non lo interrompo se non per delle precisazioni, cerco di “allearmi" con lui, per fargli sentire la mia presenza e l'ambulatorio, un porto sicuro di cui potersi fidare. Fissiamo un appuntamento per la settimana successiva, con il consiglio farmacologico da parte mia di un farmaco ipnoinducente, perchè Roberto riferisce di non dormire da molte notti.
Riservo il consiglio di un farmaco neurolettico al prossimo incontro per non spaventarlo e non rischiare di perdere la flebile fiducia che ha in me. Roberto si presenta all'appuntamento successivo, riferendomi di aver riposato meglio ma di essere, ora, del tutto sicuro che nella stanza dove lavora, siano state impiantate delle telecamere che lo riprendono. Gli propongo, a quel punto, un farmaco neurolettico a scopo stabilizzante dell'umore che lui stesso definisce oscillante. Lo accetta con un appuntamento per la settimana successiva.
La settimana dopo giunge puntuale, ma mi riferisce di essersi licenziato perchè la situazione era diventata insostenibile, ma il suo licenziamento non è stato accettato. Propongo di aiutarlo, telefonando al medico di medicina generale per concordare un periodo di astensione dal lavoro per malattia. Questo fu solo l'inizio, molti anni fa, del rapporto terapeutico con Roberto.
Lo seguo tuttora e la fiducia nella nostra relazione terapeutica, con un adeguato trattamento farmacologico, ha limitato molto i ricoveri ospedalieri a quelle fasi della malattia più acute non gestibili in ambulatorio.