Tova Snyder (New York, Contemporanea) - Faces of Bahia - 2000
Dalla Morfopsicologia a “La Filosofia del volto”
Ripensando a Giovanni Foresta e ad Arianna Fermani
di Anna Maria Pacilli
Non c’è nulla di più profondo della superficie
Hegel
Queste mie riflessioni traggono spunto dalla lettura del nuovo testo di Giovanni Foresta ed Arianna Fermani “La Filosofia del volto” (Chiaredizioni, 2007).
Mi sono, così, tornati alla memoria studi che avevo fatto anni fa sulla Morfopsicologia, che mi avevano appassionato e che ora che, in qualche modo, sto cercando di avvicinarmi alla Filosofia, trovano in questa appassionante materia, nuovi motivi di riflessione.
Come se lo studio psicologico “dinamico” del volto e delle sue mutevoli espressioni, trovasse nella Filosofia un punto ancora più fermo al quale ancorarsi e dal quale ripartire.
Se gli studi psicologici e psicoterapeutici, di per sé, hanno la funzione di portare alla luce quanto di più profondo risieda nell’animo umano, percorrendo una strada opposta ma complementare, la Morfopsicologia si occupa di partire dalla superficie per andare in profondità e decifrare le espressioni e gli atteggiamenti del viso per aiutarci a capire che cosa realmente ci voglia comunicare chi abbiamo dinnanzi.
Non basta, dunque, l’osservazione, per quanto attenta. Bisogna andare oltre il “guardare” ed il “vedere”. Bisogna scavare nelle pieghe della pelle dell’altro ( e non senza aver prima scavato nella nostra, di pelle… come voleva anche Socrate con il suo “conosci te stesso”, che era poi “non riuscire a conoscersi mai”).
La Morfopsicologia è, per definizione, lo studio dell’anima (psiche), della personalità, partendo dalle forme ( morfo) del viso. E’ un’arte-scienza nata dall’incontro tra biologia e psicologia, indagando la corrispondenza tra psichico e fisico come “epifania” dell’essere. Una disciplina tesa a considerare l’individuo come unità inscindibile mente-corpo.
Dal tipo di fronte, ad esempio, la Morfopsicologia ci fa intuire che tipo di intelligenza ha il nostro interlocutore.
Ma l’intelligenza è un processo dinamico, mutevole nel tempo, il nostro patrimonio neuronale è cangiante a seconda delle situazioni in cui si trova e a seconda degli stimoli che riceve. Non ci pare, quindi possa bastare una visualizzazione statica di una fronte per intuire la profondità delle correlazioni sinaptiche. E’ necessario andare oltre.
E andare oltre può voler dire approfondire lo studio di una parte somatica cercando le sue mutevoli espressioni: i corrugamenti della pelle, le grinze, le rughe, non segno di vecchiaia ma di “luce”. Le rughe come trasparenza dell’interno portato in superficie con il tramite di una pelle non più intesa come barriera e “limen” tra interno ed esterno, ma resa più fragile e sottile dal passare del tempo e che rende questa fragilità, la trasparenza, la nostra forza.
Insomma, ricercando una armonia che non è necessariamente la ” bellezza” come perfezione, ma la capacità di suscitare in noi delle emozioni.
Oppure, percorrendo tutto il viso e spostandoci su un altro “limite” somatico, quello degli occhi. L’apparato visivo ci serve per vedere, per conoscere, per imparare, ma se negli occhi è “lo specchio dell’anima”, in uno sguardo rivolto all’esterno, noi ci mettiamo anche la nostra interiorità. Lo sguardo, come la pelle, comunicano ( o nascondono, a volte). Lo sguardo fa rumore come è più della voce.
Ho imparato nel mio lavoro ( ma anche nella vita), che, purtroppo, anche uno sguardo può mentire.
E la bocca? la bocca riflette la nostra sensualità, oltre che essere il tramite per l’uscita delle nostre vocalizzazioni.
Allora tramite la Morfopsicologia si analizza la forma del volto, nel suo intero e nelle singole parti, e questo ha permesso di cercare di individuare quattro tipologie morfopsicologiche di base con le relative caratteristiche fisiche e psichiche.
La prima è la tipologia “dilatata”, che si caratterizza per un volto largo, pieno, e occhi, naso e bocca grandi, aperti e carnosi.
Volti così fatti denotano ottimismo, estroversione e fiducia nelle proprie potenzialità.
La seconda tipologia è quella “ritratta”; chi ha il viso scarno, stretto, allungato, naso e bocca sottili, stretti, e occhi piccoli e infossati, è una persona tendenzialmente introversa, riflessiva, e con buona capacità critica e di analisi.
La terza tipologia è quella “reagente”: viso piccolo e allungato, con occhi e naso grandi e labbra piene, che corrispondono a persone comunicative, emotivamente molto sensibili e vulnerabili.
Infine la quarta tipologia è quella definita “concentrata”e si riferisce a volti larghi con occhi, naso e labbra piccoli e stretti. Si tratta di persone caratterizzate da grande perseveranza, determinazione e ambizione.
Questa classificazione, però, come tutte le classificazioni, ha la caratteristica della staticità, che va necessariamente integrata con la dinamicità dei movimenti del volto e delle sue singole parti, che è quella che più ci interessa nell’ottica di una disciplina in continuo “divenire” .
E nel tentativo di estendere l’abbraccio già saldo tra Poesia e Filosofia, alla Psicologia e al suo studio delle dinamiche interiori dell’animo umano.
Articolo pubblicato sul sito AnnaMariaPacilli.it