Kenneth Jack (Australia, 1924 -2006) - Abandoned Asbsestos Mine Wittenoom Gorge Wa -1979
Amianto? No, grazie
di Michela Salvaderi
Sempre più spesso, oggi, si sente parlare di un “killer silenzioso” che miete sempre più vittime intaccando la salute umana e la salubrità dell’ambiente che ci circonda: stiamo parlando dell’amianto.
Iniziamo facendo un po’ di chiarezza, che cos’è l’amianto e quando fa la sua comparsa nel nuovo Millennio? Nel 1901, l’austriaco Ludwig Hatschek brevetta un nuovo materiale per l’edilizia: si tratta di una miscela di cemento rinforzata con fibre di amianto, commercializzata dall’azienda svizzera Schweizerische Eternitwerke AG (poi diventata famosa, a partire dal 1923, con il nome di Eternit AG) con il nome di Eternit. Questo materiale è fortemente attrattivo per le aziende in quanto la sua leggerezza lo rende facilmente manipolabile e adattabile a qualsiasi utilizzo, inoltre è estremamente resistente all’usura, alla trazione e alla corrosione, per non parlare dei costi di produzione, ridotti e sicuramente più irrisori dei materiali precedenti. Così, a partire già dal 1902, si inizia a pensare alla produzione su scala industriale di materiali in amianto.
Il 1911 segna il boom definitivo nella produzione industriale di amianto, soprattutto per quanto riguarda gli usi edilizi: lastre, tegole, vasche per la raccolta dell’acqua e perfino tubi utili alla realizzazione di acquedotti sono realizzati con tale miscela, vista come una vera e propria innovazione rivoluzionaria dell’epoca. Gli oggetti in eternit entrano nelle case e nelle abitudini comuni, sicuramente sono noti a tutti i seguenti esempi: le fioriere in amianto create a partire dal 1915 e diffusissime in quasi tutta Italia, per non parlare delle famose lastre ondulate (brevettate nel 1933) impiegate per la copertura di capannoni e tetti (ancora presenti su suolo italiano) e della famosa sedia a sdraio in lastra eternit creata dallo svizzero designer Willy Guhl nel 1954.
L’amianto venne presto impiegato anche nel settore dell’industria e dei trasporti. Si calcola che il suo utilizzo servisse per la produzione di oltre tremila manufatti. Dai freni e le frizioni delle automobili, al materiale isolante delle coperture industriali, dai serbatoi ai cassoni e alle guarnizioni. Ma non solo, è stato largamente impiegato anche per produrre imballaggi, carta e cartoni, pavimentazioni, tessuti ignifughi e addirittura per l’abbigliamento.
La sua diffusione continuerà inesorabile fino al 1992, quando attraverso la Legge 257/1992 venne vietata l'attività di estrazione, importazione, esportazione, produzione e commercializzazione dell'amianto e dei prodotti contenenti amianto.
Ma torniamo alle origini stesse del termine amianto, deriva dal greco amiantos che letteralmente significa incorruttibile o immacolato. Ma vi è un’altra parola che parrebbe rimandare a tale termine, si tratterebbe del termine greco asbesto, che significherebbe perpetuo e inestinguibile.
L’amianto è un minerale naturale, ottenuto a seguito di un’attività estrattiva, a struttura fibrosa e microcristallina, appartenente alla classe chimica dei silicati e alle serie mineralogiche del serpentino e degli anfiboli. Per la normativa italiana sotto il nome di amianto sono compresi 6 composti distinti in due grandi gruppi quali anfibolo e serpentino: l'amianto serpentino è composto principalmente da amianto cosiddetto bianco dall'aspetto sfrangiato; l'altro, chiamato anfibolo, è composto da crocidolite (amianto blu), amosite, e tremolite.
In Italia l’attività estrattiva veniva svolta in Piemonte, presso la miniera di Balangero. Chiusa dopo la promulgazione della Legge 257/1992. Oggi si è ancora in attesa della bonifica totale dell’area.
Viene, dunque, da chiedersi come mai si è intervenuti solo a partire dal 1992? In realtà si è iniziato un po’ prima, ma solo in tale data si è riusciti a bandire e vietare definitivamente ed irrevocabilmente ogni utilizzo e manipolazione dell’amianto, così come la sua estrazione e il suo commercio. Già negli anni Trenta si era capito che tale materiale, esposto ad usura e mal conservato, era dannoso per l’uomo e l’ambiente. A tale proposito negli anni Cinquanta vennero alla luce i risultati di numerose ricerche scientifiche e mediche che lo indicavano come cancerogeno.
La legge del 1992 non è stata l’unica a regolare tale materia, sono stati emanati anche alcuni decreti e circolari applicative. Tra le più importanti bisogna ricordare la Legge 271/1992 che emana disposizioni urgenti per tutti quei lavoratori che lavoravano a contatto con tale miscela ed il Decreto 20/1999 che regola le normative per lo smaltimento e la bonifica della aree a rischio esposizione.
La Legge 257/1992 prevede all’articolo 4 la creazione di una Commissione Nazionale Amianto all’interno del Ministero della Salute in grado di contrastare più efficacemente la bonifica delle aree a rischio, contrastando il fenomeno attraverso il contenimento e l’eliminazione di materiali contenenti absesto. Oltre ad un ruolo attivo e concreto a supporto di Comuni ancora inadempienti (che presentano, all’interno del loro territorio, ancora coperture in eternit).
Nonostante questo, in Italia, c’è ancora molto lavoro da fare: si calcola che ci sono ancora 2 miliardi di metri cubi di coperture in amianto sul suolo della nostra bella penisola. Emergono ancora diverse aree critiche ancora da bonificare, per un rischio complessivo che coinvolge circa 6 milioni di cittadini.
Ma come mai l’amianto fa così paura? La pericolosità dell'amianto consiste nella sua natura stessa, le centinaia di falde fibrose che lo compongono sono potenzialmente inalabili dall'uomo se disfatte a causa dell’usura e degli agenti atmosferici esterni. Queste sono estremamente dannose, in quanto una volta respirate, tendono a stazionare ed accumularsi nei bronchi e negli alveoli polmonari, provocando danni irreversibili e tumori maligni. I materiali più pericolosi sono quelli che rilasciano facilmente le fibre in aria e cioè quelli friabili, mentre molto più difficilmente le fibre sono cedute dai materiali compatti. Il tempo, l’usura, l’esposizione ad agenti atmosferici possono aggravare ulteriormente la situazione. In Italia, le morti accertate dal Ministero della Salute per esposizione all’amianto sono circa 1.000 all’anno.
Come agire allora? Innanzitutto si cerca di inquadrare il problema e capire dove agire, poi una volta individuato si procede con lo smaltimento dell’amianto, quest’ultimo deve essere affidato a ditte specializzate il cui elenco è depositato presso le Camere di Commercio. In generale, le bonifiche possono essere effettuate secondo tre metodi: incapsulamento, confinamento e rimozione. Segue il problema del collocamento del materiale smaltito, dove collocarlo temporaneamente? Come smaltirlo definitivamente? Le discariche per rifiuti pericolosi, sono solo una soluzione temporanea, di difficile gestione e molto onerosa. Per risolvere tale grave problematica, negli ultimi anni si stanno facendo esperimenti e test scientifici per cercare di trasformare il materiale in una sostanza non dannosa e riciclabile (decreto legislativo 152 del 2006).
Intanto per aiutare i Comuni e i cittadini a risolvere questo problema, alcune lungimiranti Regioni hanno stanziato fondi per premiare i Comuni virtuosi e hanno creato uno sportello gratuito (Sportello Amianto Nazionale) con l’obiettivo di integrare assistenza, formazione e informazione alla cittadinanza, ai lavoratori e alle pubbliche amministrazioni.
Per qualsiasi informazione o richiesta i cittadini potranno contattare gratuitamente lo Sportello Amianto inviando una e-mail a info@sportelloamianto.org o telefonando al numero 0681153789.
Insieme si può.