Intestino e psiche: nella pancia, un secondo cervello.
Intestino e cervello hanno forma e aspetto simili. E la natura non fa mai nulla per caso: allo stesso modo del cervello “superiore”, quello “inferiore” riceve e trasmette segnali e stimoli reagendo ad ogni tipo di agente esterno, sensazione, stato d’animo, emozione e stress. L’intestino è un organo pieno di sensibilità e volontà di rendersi utile. Se lo trattiamo bene, lui ci ringrazia. Allena due terzi del nostro sistema immunitario e possiede il Sistema Nervoso (SN) più esteso dopo quello del cervello.1
Lo spunto per quanto segue mi è stato dato quasi per caso quando mi trovavo di fronte allo scaffale di una libreria su cui era stato sistemato il libro della giovane microbiologa tedesca Giulia Enders dal titolo “L’intestino felice”. Incuriosito, dopo l’acquisto, mi affidai alla sua piacevole ed interessante lettura grazie alla quale mi ritrovai ben presto appassionato di un nuovo mondo: quello dell’intestino osservato da un punto di vista diverso dal solito.
Oltre alla Enders, nel passato e soprattutto nei giorni attuali, i ricercatori si sono sempre più interessati dell’organo, così si può affermare, “meno conosciuto del nostro corpo”.
Non a caso i due “capolavori”, il cuore e il cervello, godono di grande considerazione sia per i clinici che per l’opinione comune in generale. Il cuore è essenziale per la vita perché pompa sangue in tutto il corpo, il cervello è invece venerato per la sua capacità straordinaria di sfornare pensieri a ogni istante.
Nel frattempo, secondo l’opinione dei più, l’intestino al massimo se ne rimane a poltrire nella pancia. L’interesse continuo da parte dei ricercatori circa l’argomento “intestino e psiche” è testimoniato dalla presenza ormai assodata di numerose pubblicazioni scientifiche e dagli studi sperimentali svolti in svariati paesi del mondo. Tutto questo ha contribuito, nel tempo, alla comparsa di evidenze scientifiche a sostegno della tesi che l’intestino può essere considerato, a tutti gli effetti, un secondo cervello.
La vita delle nostre cellule, e di conseguenza del nostro intero organismo, si basa essenzialmente sul controllo integrato di due Sistemi Nervosi Autonomi (SNA): la coscienza in quello superiore e la peristaltica-emozionale in quello inferiore.
La “calza” che avvolge l’intero intestino possiede un numero elevatissimo di cellule del SN, neuroni, (oltre 100 milioni). Durante la vita dell’embrione una parte di queste cellule nervose prende dimora all’interno della testa e la restante parte colonizza la zona inferiore dell’addome. Entrambe le aree manterranno intatta la loro capacità di comunicare fra loro grazie al canale del midollo spinale e al nervo vago.
Da questo s’intuisce facilmente che il nostro organismo, alla fine dei conti, si compone di due SN: quello contenuto nella testa (il cervello) e quello meno conosciuto, ma non di meno importanza, contenuto nella parte bassa dell’addome (l’intestino).
La fitta rete neuronale contenuta all’interno dell’intestino, dunque, diventa una seconda sede delle decisioni viscerali (non a caso certe emozioni si dice che vengano avvertite “di pancia”), spontanee e inconsapevoli. Il cervello contenuto nella scatola cranica, di contro, rappresenta la sede delle decisioni più razionali. Inconsapevolmente noi agiamo sempre sull’intestino quando vogliamo allentare il controllo razionale: l’invito a pranzo per parlare d’amore o di affari, ad esempio, ha esattamente questo scopo perché si attivano entrambi i cervelli (superiore e inferiore), ma quello viscerale può prendere il sopravvento e “imporre” una decisione più viscerale che razionale.
La fitta presenza di cellule neuronali si estende ben oltre l’intestino: l’intero apparato digerente è abitato da una complessa struttura neuronale che avvolge i vari organi fino a formare una fitta ragnatela di plessi e gangli che rappresentano il Sistema Nervoso Enterico (SNE) il quale può essere considerato un’entità separata e indipendente dal Sistema Nervoso Centrale (SNC).2
Ma come fanno i segnali provenienti dalla pancia a giungere alla testa e che effetto possono avere?
I ricercatori hanno scoperto che i segnali provenienti dall’intestino possono raggiungere diverse zone del SNC, ad eccezione di alcune.
Le aree dove possono certamente arrivare sono l’insula, il sistema limbico, la corteccia prefrontale, l’amigdala, l’ippocampo e la corteccia cingolata anteriore (tutte aree dedicate al senso del sé, ai sentimenti, alle emozioni, alla paura, alla memoria e alla motivazione).
Da questo è facile intuire che, in gran parte, l’intestino è in grado di influenzare fortemente l’attività del SNC e di conseguenza di procurare benessere oppure, di contro, sensazioni di malessere.
A questo proposito numerose ricerche hanno confermato l’importanza del secondo cervello enunciando, per di più, l’ipotesi oramai assodata che l’intestino giochi un ruolo importante anche per l’insorgenza di numerosi disagi psicologici o addirittura vere e proprie patologie psichiatriche.
L’esperimento del nuoto forzato è uno dei più significativi nell’ambito della ricerca sulla microflora intestinale e depressione: un topo da laboratorio viene messo in un piccolo contenitore d’acqua. Poiché non arriva a toccare il fondo con le zampette, continua ad agitarle per tornare sulla terra ferma.
I ricercatori si domandano: per quanto tempo seguiterà a nuotare nel tentativo di raggiungere il suo obiettivo? In fondo si tratta di uno dei quesiti fondamentali della vita: per quanto tempo perseguiamo quel che riteniamo necessario? I topi con tratti depressivi non nuotano molto a lungo, smettono a più riprese.
I ricercatori del team dello scienziato irlandese John Cryan, dopo aver diviso i topi in due gruppi distinti (gruppo sperimentale e gruppo di controllo), hanno somministrato al gruppo sperimentale un batterio noto per essere un toccasana per l’intestino: il Lactobacillus Rhamnosus JB-1. Risultato: i topi con l’intestino in buona salute non solo nuotavano più a lungo e con maggiore speranza, ma possedevano anche meno ormoni dello stress nel sangue quali Corticotropina (CRH), ormone Adrenocorticotropo (ACTH) e Cortisolo. Inoltre se la cavavano meglio rispetto ai topi del gruppo di controllo nei test della memoria e dell’apprendimento. Durante l’esperimento si notò però che se gli scienziati recidevano loro il nervo vago, questa differenza di comportamento non era più statisticamente significativa. Non a caso, il nervo vago, rappresenta il più rapido ed importante collegamento fra cervello e intestino.3-4-5
Il microbiota umano è un vero e proprio organo. Si estende in tutta la parte inferiore dell’addome eppure rimane invisibile, pesa più del cuore (circa un chilogrammo) ed è indispensabile.
La popolazione batterica presente al suo interno possiede varie componenti (probiotici, batterioidi e patogeni) e colonizza centimetro per centimetro tutto l’apparato digerente: non esiste tratto dell’intestino che non veda la presenza di agenti eziologici.
La microflora intestinale, oltre alla funzione di secondo cervello come visto in precedenza, possiede numerose importanti funzioni: inibizione della crescita dei patogeni, degradazione dei composti proteici, fermentazione della fibra, produzione di acidi grassi a catena corta, assorbimento di nutrienti e minerali, sintesi di vitamine (K, B1, B6, folati) e stimolazione del sistema immunitario.
Quest’ultima considerazione merita un approfondimento in quanto, clinici e professionisti a parte, poche sono le persone che attribuiscono importanza all’intestino circa la difesa dell’organismo.
Nel 1907, anni in cui la scienza cominciava a mostrare interesse circa l’argomento intestino-sistema immunitario, il microbiologo russo Elias Metchnikoff scriveva rivolgendosi alla popolazione: “un lettore che abbia poca dimestichezza con questi argomenti potrebbe rimanere sorpreso dalla mia raccomandazione a consumare grandi quantità di microbi, considerata l’opinione comune che i microbi possono nuocere. Vi sono molti microbi utili e tra questi i Lattobacilli hanno un posto d’onore”.
Il microbiota umano, dunque, costituisce il principale organo immunitario in quanto ospita oltre il 60% delle cellule immunocompetenti.
Tali meccanismi di difesa prendono il nome di GALT (Gult-Associated Lymphoid Tissute).
Un’altra area di estrema importanza dedicata alla difesa dell’organismo è situata a livello dei villi intestinali (placche di Peyer).
Quando una sostanza estranea o agente (antigene) supera la mucosa intestinale, le cellule M hanno il compito di avvisare i linfociti T helper che da uno stato di “quiescenza” passeranno ad una condizione attiva di risposta immunitaria che potrà esprimersi in tre modalità diverse: stimolando la produzione di Immunoglobuline A (IgA) distruggendo la sostanza estranea, sviluppando una reazione flogistica con liberazione di Immunoglobuline E (IgE) inducendo fenomeni di allegria o intolleranza oppure favorendo una risposta di adattamento generale.6
Oltre all’ingresso di microrganismi patogeni, numerose sono le cause che possono provocare un disequilibrio della flora intestinale (disbiosi): uso di antibiotici, abitudini alimentari non corrette e condizioni di stress. Come dimostrato da numerose ricerche, inoltre, una disbiosi intestinale cronica e non trattata adeguatamente può causare una serie di disturbi che apparentemente non hanno alcuna relazione con l’intestino: astenia generalizzata, emicrania, alterazioni dell’umore, stati d’ansia, alito cattivo, acne, dermatiti, dolori articolari e molti altri.
A questo proposito i ricercatori hanno dimostrato che gli interventi più efficaci per riequilibrare una disbiosi intestinale sono l’adozione di un’alimentazione adeguata con assunzione di prebiotici (alimenti non digeribili che fanno da supporto alla crescita e all’attività dei batteri intestinali benefici) e l’eventuale integrazione alla comune dieta con probiotici (fermenti lattici vivi) con selezione dei ceppi più adatti alla propria situazione (Bifidobacterium Lactis Bb-12, Lactobacillus Acidophilus, Lactobacillus Bulgaricus, Lactobacillus Lactis, Lactobacillus Rhamnosus, Streptococcus Termophilus o Lactobacillus Helveticus).
Nel corso di alcuni esperimenti dei ricercatori hanno osservato importanti modificazioni transitorie a livello cerebrale (in corso di ecografia) nelle persone affette da colon irritabile e da Morbo di Crohn (non a caso i pazienti affetti da tali condizioni soffrono più della media di stati ansiosi o depressivi).7 Alla base di questa maggiore predisposizione si ipotizza che lo stress sia uno degli stimoli più importanti che cervello e intestino affrontano insieme, basti pensare che il 95% della Serotonina viene prodotta dall’intestino. Dunque, chiunque soffra di ansia o depressione, dovrebbe ricordare che anche una pancia maltrattata è in grado di scatenare sentimenti negativi.
Le più recenti evidenze disponibili attualmente sul mercato scientifico affermano che sono proprio i batteri intestinali ad aiutare a mantenere il contatto bidirezionale tra le componenti dell’asse intestino-cervello. Lo stress modifica la flora batterica, ma è vero anche il contrario: gli abitanti dell’intestino possono in qualunque momento modulare funzioni che, in anni passati, si credeva fossero provocate solo ed esclusivamente dal “gran capo”, il cervello contenuto nella testa.
“L’intestino è il nostro amico-nemico immaginario più intimo. Spetta a noi scegliere se farci voler bene o meno. Ci litighiamo se la considerazione che abbiamo di lui è che se ne rimane a poltrire nella pancia ed al massimo si limita a mandarci sulla tazza del gabinetto. Se invece impariamo ad ascoltarlo, a stimarlo un po’ di più e a prenderci cura di lui, il benessere che ci regalerà sarà la massima espressione della stima che imparerà ad avere nei nostri confronti”.
Simone Quagliata
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI E SITOGRAFIA
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