Aggiornato al 21/11/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Carol and Mike Werner (Merced, CA, USA) – Norovirus in Small Intestine

 

Norovirus: un microrganismo ancora (quasi) tutto da scoprire

di Francesca Morelli

 

Diffuso, molto contagioso, difficile da debellare e poco conosciuto: così si qualifica il norovirus, un virus intestinale che ogni anno sceglie all’incirca 685 milioni di ‘predestinati’, in qualsiasi parte del globo, in cui annidarsi. Vittime previlegiate sono soprattutto anziani, residenti in case di cura; bambini che frequentano asili o adulti che lavorano o viaggiano ad esempio su navi da crociere, contesti nei quali si attuano le condizioni ideali - come la promiscuità, la densità di popolazione o l’umidità - per la proliferazione del virus.

Il quale presenta ancora molti buchi neri in tema di meccanismo di sviluppo, di prevenzione e di cura. A tal punto che un gruppo di ricercatori della Washington University School of Medicine di St. Louis e della University of Michigan Medical School di Ann Arbor, entrambe negli Usa, per favorirne la sensibilizzazione e informazione hanno pubblicato un documento sulla rivista Trends in Molecular Medicine. Ovvero una sorta di ‘know-how’ scientifico da cui partire per saperne di più e progredire nella conoscenza con nuove ricerche.

Si tratta di un virus, innanzitutto, che potrebbe essere definito cattivo. Fin dal contagio che si avvantaggia di elevate capacità di attecchire, soprattutto in soggetti più fragili e/o deboli, e di colpire a livello intestinale. Una volta che lì si annida, soggiorna di norma per un giorno o poco più prima di dare segno della sua presenza con dolori addominali, nausea, vomito e diarrea, che possono perdurare per un periodo compreso tra 1 e 4 giorni circa a seconda della virulenza. Tuttavia è anche possibile che pazienti ‘infetti’ diffondano il virus ancora prima della comparsa dei sintomi stessi o che la trasmissione virale possa essere attiva anche fino a due mesi dopo la cessazione delle tipiche manifestazioni in soggetti sani e per alcuni anni in pazienti immunocompromessi. La complessità sta nel fatto che la diffusione del norovirus non si associa alla gravità e intensità dei sintomi e ciò rende inefficaci le misure di prevenzione e protezione o comunque di difficile attuazione.

Tanto più che la ‘folla’ è il primo fattore di rischio per il contagio. Infatti il norovirus si contrae di norma, e con maggiori probabilità, durante il consumo di cibi o bevande contaminati o quando si toccano superfici potenzialmente infette o se si entra in contatto con persone ancora ‘trasmissive’. La prima prevenzione (e deterrente) contro l’infezione, specie se si appartiene a una delle categorie a rischio, è lavarsi le mani: un gesto semplice da compiere sempre e soprattutto alla comparsa dei primi sintomi sospetti che potrebbe contribuire a allontanare il rischio, ad attenuare o a evitare l’insorgenza dell’infezione. Ma ci sono almeno due altre raccomandazioni: se si ha il sospetto o la certezza di malattia, è bene non preparare cibi per altri i quali potrebbero essere veicolo del virus, e disinfettare le superfici ipoteticamente contaminate con sostanze ad hoc, come la candeggina ad esempio.

A tutto ciò si aggiunge un altro problema. Perché il norovirus non è di una sola specie e questo significa che un individuo potrebbe incappare nel virus anche più volte nel corso della vita, acquisendo di volta in volta le manifestazioni più tipiche del ceppo contratto. Anche l’intensità dei sintomi può variare da lieve e poco disagevole, con una risoluzione in pochi giorni, fino a un’infezione cronica debilitante che potrebbe risultare molto nociva, più probabile in persone immuno-compromesse. Molto, dunque, dipende dalla vulnerabilità individuale; ci sono infatti persone che hanno un ‘innato’ scudo genetico più protettivo verso questo microorganismo ed altre che restano più allo scoperto, correndo così un rischio maggiore di esserne affetti prima o poi, ma anche lo stato generale di salute fa la sua parte aumentando eventualmente il pericolo di esposizione al virus.

Non ultimo, le ripercussioni che possono esserci. Poiché il norovirus potrebbe risolversi o essere il ‘quid’ da cui poi sviluppano, in soggetti predisposti, altre infezioni intestinali come ad esempio la sindrome del colon irritabile. Complice il fatto che il norovirus potrebbe alterare la flora batterica intestinale e dare terreno fertile ad altri virus per scatenarsi e avviare un processo infettivo/infiammatorio.  Tuttavia le ragioni di questo fenomeno e soprattutto l’interazione tra il norovirus, altri agenti patogeni e i batteri commensali, non sono ancora chiare e/o del tutto note.

Questa è anche la ragione per cui, al momento, non esiste un vaccino contro il norovirus né una cura preventiva. Tuttavia qualche passo in avanti comincia a essere fatto; recenti esperimenti sui topi hanno permesso infatti di individuare alcuni fattori biologici che potrebbero rallentare o uccidere il virus. Una premessa, dicono i ricercatori, per avviare nuovi studi per capire le caratteristiche e come agisce questo agente così da sviluppare in futuro strategie terapeutiche efficaci alla sua eradicazione o comunque al migliore controllo.

 

Inserito il:03/06/2017 14:28:04
Ultimo aggiornamento:03/06/2017 14:33:39
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