Aggiornato al 21/11/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Stevia rebaudiana (Bertoni) Hemsley - Disegno di M. Smith da Icones Plantarum -1906

 

La stevia funziona contro il diabete? In laboratorio sì

di Francesca Morelli

 

È di piccole dimensioni, non supera il metro e mezzo di altezza; ha un aspetto gradevole a metà strada fra l’erbaceo e l’arbustivo, con foglie ovate, opposte e fiorellini molto piccoli, numerosissimi biancastri.

Gli intenditori o gli erboristi hanno già cominciato mentalmente a fare una scrematura fra le loro conoscenze vegetali.

Per i meno addentro al settore aggiungiamo che si tratta di una pianta perenne, appartenente alla famiglia delle Asteracerae, alle Comopositae per l’esattezza, che ama le temperature calde o comunque miti, vivendo a proprio agio tra il Paraguay e il Brasile, e che la sua essenza è molto ‘dolce’.

Indovinato di che cosa stiamo parlando? Della Stevia (rebaudiana) a molti noti perché è diffusa anche in Italia quale zucchero naturale, alternativo a quello bianco o grezzo, ad altre sostanza dolci come gli sciroppi d’acero ad esempio, o alle soluzioni dolcificanti di produzione industriale.

La stevia è amata perché nonostante sia molto più ‘zuccherosa’ del saccarosio, con un potere dolcificante dalle 150 a 250 volte superiore allo comune zucchero, ha il merito però di avere un apporto calorico pari o quasi a zero.

Come il suo potere nutrizionale. Dunque, in buona sostanza, non fa ingrassare.

Perché, allora, ne parliamo se la si conosce, se la si può facilmente reperire in commercio in forma liquida, in polvere, in zollette o in compresse e molti ne fanno già largo uso?

Perché è stata protagonista di uno studio scientifico, del Katholieke Universiteit di Lovanio,  in Belgio, pubblicato sulla rivista  Nature Communications, per ora solo di laboratorio, cioè attuato su culture cellulari e sui topi, da cui si evincerebbe la capacità di questa pianta, delle sue foglie in particolare, di abbassare i livelli di zucchero nel sangue.

Agirebbe cioè su una specifica proteina responsabile della secrezione di insulina; dunque potenzialmente, se ulteriori studi ne confermassero le proprietà, potrebbe essere impiegata come arma terapeutica contro il diabete.

La scoperta in sé non è nuova, perché la scienza già sapeva di questa proprietà di controllo della stevia, tuttavia non erano noti i meccanismi di azione. Che oggi si è invece iniziato a chiarire.

La stevia, secondo i risultati di esperimenti sulle culture cellulari, sarebbe in grado di stimolare l’attività di un recettore del gusto chiamato TRPM5, una proteina che si associa anche alla capacità di favorire la secrezione di insulina.

Questo ‘fattore’ è stato l’elemento chiave per spiegare il contributo positivo che la stevia può dare nel regolare i livelli di glicemia, e dunque nel contrastare lo sviluppo del diabete di tipo 2, dovuto nella maggior parte dei casi a una alimentazione troppo ricca di grassi e dolci. L’ipotesi iniziale doveva però essere confermata, almeno in maniera preliminare.

Così i ricercatori hanno provato a sperimentare la loro idea su dei topolini che hanno diviso in due gruppi, nutrendo gli uni per un lungo periodo con una dieta grassa, al fine di indurre l’insorgenza di diabete di tipo 2, e gli altri allo stesso modo, ma integrando nella dieta anche una dose giornaliera di stevioside, il principio attivo di stevia.

È stato così possibile osservare che in questo secondo gruppo, e in particolare nei topi che erano non stati privati anche della proteina TRPM5, la malattia non si era sviluppata.

«Le premesse sono interessanti – ha dichiarato Giorgio Sesti, presidente della Società italiana di diabetologia (Sid) – ma non è possibile ipotizzare al momento alcuna efficacia della stevia nel controllo del diabete di tipo 2 anche sull’uomo, poiché i dosaggi della sostanza utilizzati nei modelli animali, sono molto superiori a quelli di norma presenti nelle bevande o nei cibi che contengono questo dolcificante».

Attendiamo risposte ‘scientifiche’ da ricerche e studi più ampi che ci auspichiamo di efficacia positiva.

 

 

Inserito il:06/05/2017 00:19:40
Ultimo aggiornamento:08/05/2017 15:13:03
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