Stroynov Vitaliy ( Contemporary Russian Paintings) - Morning in the Forest
Uno studio europeo sulle piante potrebbe dare risposte anche sulla nostra salute
di Francesca Morelli
Si chiama COST iPlanta: è un progetto dell’Unione Europea (UE) nell’ambito del programma Europeo Horizon 2020 - COST (Cooperation in Science and Technology), che raccoglie scienziati indipendenti di differente formazione e di diversi Paesi, quali Europa, Brasile, Argentina, USA e esperti di organizzazioni internazionali come EFSA (European Food Safety Authority), FAO (Food and Agricultural Organization) e NEPAD (Organizzazione per lo sviluppo tecnologico dei Paesi Centro-Africani) accomunati da un obiettivo comune.
Trovare soluzioni ed applicazioni efficaci ed efficienti che possano rivoluzionare il modo di fare ‘agricoltura’. Migliorando cioè la composizione delle piante, accrescendone i nutrienti e la produttività, abbassando il rischio potenziale di attacchi da parte di agenti, tossine o virus contaminanti, a favore anche di una riduzione dell’impatto ambientale, fino alla possibilità di permettere alle piante di potere essere coltivate con un minor impiego di agrofarmaci, in un’ottica cioè di bio ed eco-sostenibilità.
Un progetto possibile, spiegano i ricercatori dell’UE, andando a modificare in positivo l’RNA-Interference (RNA-i), con tecniche ad hoc. «Ovvero mettendo in atto metodiche - spiega il Professor Bruno Mezzetti dell’Università Politecnica delle Marche, a capo del progetto COST iPlanta – che consentono di sfruttare i meccanismi di difesa della pianta o di modificare il suo metabolismo attraverso il silenziamento dei geni, grazie all’RNA, escludendo caratteri indesiderati per migliorare la qualità e la sicurezza. A differenza della tecnica di ingegneria genetica tradizionale, l’RNAi si basa sull’espressione di geni che non producono proteine o enzimi, ma solo piccoli frammenti di RNA di interferenza che di per sé non comportano rischi. Le modifiche indotte sono molto specifiche e facilmente identificabili».
Gli esiti applicativi dell’RNA-i sembrano molto promettenti. Specie per quanto riguarda la miglior salute delle piante e l’abbattimento dei virus: fra gli studi spicca, ad esempio, il progetto di ricerca finanziato dal MIUR-PRIN che punta a indurre la resistenza al virus della Sharka, una malattia che colpisce pesco, susino e albicocco e che negli ultimi trent’anni, nel nostro Paese, ha causato perdite economiche pari a dieci miliardi di euro.
Ovvero la ricerca intende creare una pianta ingegnerizzata nelle radici ma non nella chioma e nei frutti, capace di difendersi dal virus della Sharka grazie alla produzione e traslocazione di RNAi che bloccano la diffusione del virus, con elevata sicurezza per l’ambiente e per il consumatore.
Nella stessa direzione si stanno sviluppando ricerche di resistenza ai virus nella vite, coltivazione largamente diffusa nel nostro Paese, a funghi, ma anche studi per controllare la crescita della pianta o la maturazione dei frutti al fine di ridurre le perdite di prodotto nel post raccolta.
«I processi di conoscenza che i ricercatori mettono in campo ogni giorno – aggiunge Mezzetti – sono molto importanti per migliorare il benessere dei consumatori. Noi ricercatori indipendenti chiediamo più libertà per poter portare a compimento il nostro lavoro e creare prodotti più sicuri, produttivi, con un ridotto impatto ambientale e utili per migliorare la salute del consumatore». Non solo dal punto di vista alimentare.
Infatti, l’RNAi è ampiamente studiato anche in campo medico. Perché, come nelle piante, anche nell’uomo questi piccoli frammenti di RNA sembrano in grado di controllare l’espressione di geni e quindi di specifici meccanismi molecolari, a favore di un miglior controllo di malattie anche di ampia diffusione. Come la celiachia ad esempio, dove la tecnologia RNAi già trova applicazioni importanti nella produzione di piante con un ridotto contenuto di allergeni o di glutine, mentre si sta studiando il possibile ruolo di RNAi nel controllo dello sviluppo dei tumori.
In particolare uno studio del laboratorio di Oncologia dell’Istituto Rizzoli dell’Università di Bologna, dimostrerebbe che estratti di frutti tra cui limone, uva e fragola, ricchi di RNAi, inglobati in piccole vescicole (i cosiddetti esosomi) e anche di vitamina C, sono potenzialmente capaci di ridurre la crescita tumorale o lo stress ossidativo, favorendo ad esempio la formazione di osso da parte delle cellule specializzate a farlo.
«Sicuramente questa è una moderna frontiera di studio - conclude Mezzetti - per individuare nuove tecnologie e prodotti capaci di prevenire o controllare le malattie degenerative dell’uomo». E speriamo che le attese trovino una concretizzazione efficace e fattiva.