Henry Jules Jean Geoffroy (1853-1924) – Sharing a Meal
(07) Tra amici……. Quelli che dove è l’utile?
di Gianni Di Quattro
Molte sono le persone che danno l’impressione che quando compiono qualsiasi atto, pensano innanzitutto a cosa possono guadagnare da quello che fanno, quale è l’utile che possono ricavare da una azione che decidono di accettare o di intraprendere. Questo utile è misurabile in tanti modi come denari, prestigio, opportunità, ma vogliono comunque qualcosa che giustifica una loro qualsiasi azione. Costoro, la maggioranza forse, non concepiscono di fare qualcosa senza guadagnare e quando talvolta succede si rammaricano di aver perso tempo, energie e soldi. Esiste, per la verità, una categoria di persone che cerca la utilità non personale, ma per il partito, l’associazione, la religione, il gruppo cui appartiene e in questo modo sembra loro di essere generosi, altruistici e non egoisti. Tuttavia sempre l’utilità cercano in qualunque azione della vita, in qualunque rapporto, in qualunque situazione.
La bellezza di fare qualcosa che non è utile, ma che corrisponde ad un piacere, ad una idea, a qualche cosa che si ritiene giusta per tutti o che rappresenta una cosa bella che rotola nella vita è francamente rara.
Questo comportamento diffuso nelle comunità è la conseguenza di una cultura che nei concetti della proprietà e dell’egoismo trova il suo punto centrale. Questa cosa è mia e me la posso godere e grazie a quanto possiedo, a quanto dispongo posso vivere meglio di altri, sopra agli altri, senza aver bisogno di altri e anche contro gli altri. In altri termini il mondo, soprattutto la società di oggi, è esattamente l’opposto della cultura della condivisione. I pensatori che ci hanno preceduto e che hanno lasciato le loro speculazioni intellettuali poco hanno influito nel cambiamento di questa cultura. Di tanto in tanto nella storia del mondo quando questa cultura ha prodotto la massima esasperazione delle diseguaglianze si sono verificati fatti traumatici che in qualche modo hanno apportato qualche lieve correzione, spesso anche illusoria. Comunque ci sono voluti questi fatti traumatici per correggere e per tentare di perseguire una giustizia sociale, cioè quella utopia che gli uomini da sempre invocano e che mai perseguono, forse perché non tutti la vogliono perseguire. Soprattutto quelli che esercitano il potere e che non sono disposti a cederlo.
Adesso si avvertono alcuni sintomi qua e là nelle nostre società, nei giovani e resi possibili dalla evoluzione della tecnologia e anche da fenomeni di cambiamento drastici nel mondo del business. Questi sintomi conducono tutti verso la diffusione di una cultura della condivisione. Condividere l’auto, la casa, un abbigliamento, uno strumento, un lavoro, una idea, un business, una proprietà. Sono concetti che si diffondono tra i giovani e anche in modo molto rapido grazie alla tecnologia e al capovolgimento di valori che erano sacri o quasi nel passato e che oggi sono sostituiti da altri.
Questi sintomi si avvertono ancora a macchia di leopardo e cioè non in maniera uniforme, ma in alcune città di tutti i paesi e spesso solo in alcune zone e riguardano determinate categorie di persone. Si tratta di giovani nella quasi totalità, perché sono aperti al nuovo, hanno meno pregiudizi dei vecchi, hanno meno da conservare e proteggere, hanno tutto da conquistare e usare. Soprattutto hanno una concezione di vita e di futuro molto diversa dal passato, vogliono avere al più presto il più possibile e non sono disposti ad aspettare, vogliono viaggiare, cercano esperienze nuove, sentono molto le amicizie, hanno voglia di inventare, amano e usano la tecnologia, sono meno formalisti e rigidi, sono meno oggettuali e più omologati a livello internazionale. Infatti, vestono allo stesso modo, parlano allo stesso modo, ascoltano la stessa musica e hanno le stesse abitudini a prescindere da nazionalità e continente.
La diffusione di questa cultura della condivisione con molta probabilità servirà ad attutire la lotta per la conquista di cose, la lotta per avere successo più di altri e sugli altri magari, perché piano piano insegnerà che non conta tanto il possesso quanto l’uso delle cose, la loro disponibilità e accessibilità.
Certo è un percorso lungo anche perché tante sono le diseguaglianze e molto diversi i livelli di conoscenza e di cultura che dipendono non solo da quello che si sa ma dall’ambiente dove si è cresciuti e dalla famiglia che ha educato, semmai lo ha fatto come spesso capita di vedere oggigiorno. Ma è un percorso che non si potrà arrestare e i tempi soprattutto in certe parti del mondo saranno più brevi di quanto alcune previsioni indicano o suggeriscono.
Naturalmente cambia il mondo tutto questo. L’economia, i valori, le relazioni, il lavoro, la produzione di beni e servizi, i servizi di cui i cittadini del mondo devono o possono avere per muoversi, per capire e soprattutto per continuare a vivere in buona salute.
Alla fine magari tutto questo potrà portare a che molti uomini possono fare cose anche se queste non offrono almeno apparentemente alcune utilità? Forse questa è la strada, più pragmatica di un insegnamento filosofico, più veloce di una maturazione culturale. Se così è ben venga il futuro!