Il consenso e la tecnologia.
È sempre più evidente il tentativo di protagonisti pubblici ed anche di movimenti e partiti nel nostro paese, sull’esempio di quanto avviene anche nel resto del mondo, di collegarsi direttamente ai cittadini, alla gente, saltando le strutture del mondo istituzionale e politico potendo utilizzare lo sviluppo e la diffusione della tecnologia. Un percorso interessante e utile perché allarga la partecipazione, consente un ruolo anche a chi è molto lontano fisicamente, in altri termini migliora la democrazia. Ma il sistema presenta dei pericoli, un rovescio della medaglia come in tutte le cose, cioè non pone alcun filtro alla canalizzazione del consenso, mette sullo stesso piano conoscenze e culture, distrugge strutture che hanno avuto un significato rilevante sino ad oggi, può provocare distorsioni e favorire fanatismi. Pensare di sostituire con la tecnologia l’attuale organizzazione istituzionale della democrazia subito e in modo diffuso può essere un disastro, mentre può essere un obiettivo se proiettato in un lasso di tempo ragionevole. Un lasso di tempo che possa consentire alle nuove generazioni digitali di sostituire e non di escludere di fatto le generazioni precedenti e che possa consentire soprattutto l’affinamento degli strumenti non solo nell’uso tecnico e operativo, ma anche nel modo e nei tempi dell’uso.