Aggiornato al 21/11/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Helicopter Money - Published by BSIC (Bocconi Students Investment Club

 

Democrazia ed indebitamento pubblico

di Ruggero Cerizza

 

La mercificazione e la spettacolarizzazione dell’accesso alle stanze dei bottoni della politica, cioè del processo di selezione della nostra classe dirigente, è, a mio avviso, la prima causa della crisi del modello di democrazia occidentale, in particolare quella italiana.

Questo fenomeno è andato di pari passo con l’allargamento smisurato del concetto di “benessere garantito dallo stato” (welfare state), non più correlato alla realistica misurazione del suo costo specialmente nel medio/lungo periodo.

In questo senso la recentissima ascesa del mantra della “sostenibilità” altro non è se non un maldestro tentativo di correggere a posteriori un sistema ormai drogato dall’approccio politico di promettere tutto a tutti, subito. 

Cosa intendo dire in parole semplici, se ad un “candidato amministratore della cosa pubblica” è concesso, e lui ha una sufficiente faccia tosta, di promettere un generalizzato reddito di cittadinanza, un bonus per qualsiasi esigenza quotidiana senza preventiva verifica di effettiva necessità, un posto di lavoro garantito senza individuare il datore di lavoro a ciò obbligato, il diritto ad una pensione ben superiore a quanto realmente accumulato perché la differenza la preleviamo dal reddito degli attuali e futuri lavoratori, l’incremento della ricchezza senza aumento della produttività, eccetera, eccetera, sarà sicuramente eletto.

Perché il popolo potrà essere anche ignorante ma non certo stupido o masochista: intanto mi porto a casa i benefici immediati, al resto, in futuro, qualcuno vi provvederà.

Voi direte: può darsi che la prima volta venga eletto, ma poi non potendo mantenere fede alle promesse, la seconda volta non lo sarà più. Vero. Tuttavia alcuni fattori storici ed economici hanno più volte posticipato l’inevitabile redde rationem.

Infatti per i primi quattro decenni del dopoguerra, il vizioso meccanismo politico è stato mascherato e quindi reso possibile dai seguenti fattori principali:

•           la dedizione al lavoro e l’evoluzione tecnologica rutilante hanno aumentato la produttività con progressione geometrica, incrementando analogamente la ricchezza,

•           l’accesso a basso costo alle materie prime dei paesi meno sviluppati (salvo Opec e petrolio), ha grandemente oliato l’enorme sviluppo economico dei paesi occidentali.

Nei successivi quattro decenni si è avviata una seconda fase caratterizzata da un trasferimento massiccio di insediamenti produttivi in paesi meno sviluppati con costi della manodopera ridicoli se paragonati a quelli occidentali ed una progressiva riduzione delle spese militari (ad eccezione degli U.S.A), anche questo fatto ha liberato grandi risorse per sostenere le spese sociali e la burocratizzazione dei sistemi politici.

Ma l’insieme di questi fattori non era più sufficiente a sfamare la bulimia di “benessere” dei paesi democratici occidentali, si è quindi avviato un massiccio programma di indebitamento degli stati, non solo circoscritto a quello accumulato dalle amministrazioni pubbliche, ma esteso anche alle banche, alle imprese ed infine alle famiglie.

I programmi di indebitamento (che altro non è se non una scommessa sul futuro, quindi un azzardo) sono stati supportati filosoficamente dal non fortunato motto di Francis Fukuyama sulla “fine della Storia”, salvo poi risvegliarsi assieme alla politica quando il ritorno alla realtà è emerso nel mondo, ritenuto piatto, della globalizzazione.

E questo ci ha indotto a sottovalutare i rischi della storia, abbiamo ritenuto possibile scommettere su un futuro senza conflitti, quindi senza crisi e quindi abbiamo dato libero sfogo all’indebitamento a lungo e lunghissimo termine, nella convinzione che, grazie ad una “infinita” ed “illimitata” crescita economica i nostri figli ed i successori saranno in grado di ripagare con agio gli interessi ed il debito accumulato.

Invece di mettere, come si suole dire, “fieno in cascina” nelle stagioni favorevoli abbiamo sistematicamente e coscientemente speso di più di quello che abbiamo prodotto. Ed oggi, di fronte ad una stagione “cattiva” non abbiamo spazio per affrontare serenamente la crisi.

In conclusione, se vogliamo rifondare il modello di democrazia rappresentativa dandole una concreta prospettiva di “sostenibilità”, l’unico vero ed efficace strumento è quello di impedire al governo di uno stato democratico di indebitarsi.

Smettiamola di prenderci in giro con i concetti extra-scientifici di “debito buono” e “debito cattivo” o con miracolosi “effetti moltiplicatori della spesa pubblica efficaci all’infinito” o con il fantasioso “helicopter money”.

Un governo, qualunque esso sia, non deve spendere di più di quanto incassa o dispone. E vedrete che nel giro di pochi anni la selezione dei governanti sarà più efficace e, di conseguenza, tutte le nostre difficoltà economiche e le distorsioni politiche si scioglieranno come neve al sole.

P.S. Sono ormai più di quindici anni che il nostro sistema democratico è stato posto “sotto lo spauracchio dello spread”, eppure continuiamo a ragionare solo in termini di quanto il nostro deficit può crescere in ogni anno.

 

Inserito il:05/07/2022 09:36:44
Ultimo aggiornamento:05/07/2022 09:45:49
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