Cristina Stefan (from Candiac, QC – Canada) – Dilemma
ELEZIONI 2022: Perché penso che non si possa votare questa sinistra
di Ruggero Cerizza
Sono sempre profondamente sbigottito quando sperimento la propensione dell’essere umano a porre in essere ragionamenti integralmente affetti da errori cognitivi e di riuscire ad autoconvincersi della loro correttezza.
Talvolta questo comportamento può essere indotto dal “pensiero collettivo” (cfr. nota 1) e credo che quelli di sinistra, abituati a cantarsela e suonarsela da soli, in ciò aiutati dal becero ed interessato conformismo della maggior parte dei personaggi dei media, della cultura, dello sport e dello spettacolo, ne siano gravemente affetti.
I partiti italiani che si identificano nella “sinistra” hanno formato o appoggiato i diversi governi che si sono succeduti negli ultimi dieci anni. E questo è un fatto.
Mi stupisce, pertanto, come in questa campagna elettorale coloro che appoggiano la sinistra riescano a perorare la loro causa, come se invece fossero stati relegati all’opposizione, dichiarandosi stanchi di “sentir parlare” la destra.
Avrebbero, visti i risultati, ben più diritto quelli di destra di dichiararsi di essere stanchi di “essere governati” da questa sinistra.
La sinistra italiana è un organismo caratterizzato da una forma di “riproduzione asessuata” nota come “scissione”, infatti l’originario partito comunista ha via via generato, in ordine sparso, il PSI, il PSIUP, il PDIUP, Democrazia Proletaria, il Sole che ride, i Verdi Arcobaleno, il Partito Radicale, il PSDI, il PRI, il PDS, i DS, Rifondazione Comunista, l’Italia dei Valori, l’Asinello, la Margherita, la Quercia, l’Ulivo, Sinistra Ecologia e Libertà; per arrivare agli attuali PD, Azione, Cinque Stelle, Più Europa, Articolo Uno, Liberi e Uguali, Impegno Civico, Italia Viva, Sinistra Italiana e Partito Comunista.
Com’è possibile dare razionalmente fiducia ad un tale caleidoscopio di sigle?
Eppure la sinistra, evidentemente affetta da una grave forma di strabismo, ci ammorba lo spirito ponendo l’accento sulle naturali differenze di posizione tra i tre stabili partiti schierati a destra?
Invece di sdegnarsi per coloro che “saltano sul carro dei vincitori” i sinistri dovrebbero porsi la domanda: come mai, dopo i famosi dieci anni di governo della sinistra, la destra, almeno stando ai sondaggi, sia così gettonata?
Dopo di che, è tutto da dimostrare che “fare il portoghese” sia una prerogativa della destra, non è che per caso quei parassiti che aspirano a vivere alle spalle dello stato votano a sinistra non per convinzione politica bensì per puro tornaconto personale?
Se la sinistra non avesse originariamente strumentalizzato il movimento femminista, stressandolo oltre misura con le ultime degenerazioni rappresentate dall’avvilente criterio delle “quote rosa” e dalla femminilizzazione dei termini maschili, peraltro già superata dalla neutralizzazione del maschile/femminile, nessun partito avrebbe mai pensato di sfruttare a fini elettorali il sesso dei propri candidati.
Sono stupito che dopo aver proposto una riforma costituzionale, poi bocciata dal referendum e dopo aver approvato la riforma per la riduzione del numero dei parlamentari, oggi sono stanchi di sentire la destra parlare di “riforme costituzionali”, ma la costituzione è di tutti gli italiani o solo degli italiani sinistri?
Tra l’altro, in questo ambito, assistiamo, da sinistra, anche a lamentele sulla “iniquità” dell’attuale legge elettorale, detta “rosatellum”, proprio perché proposta da un parlamentare di sinistra.
Per quanto al personaggio (Tremonti) tornato in auge nella destra, tralasciando il fatto che la sinistra ha ripescato un personaggio (Letta) in precedenza “brutalmente” sfiduciato dal proprio partito, è sintomatico che la critica verta su una frase totalmente decontestualizzata -“con la cultura non si mangia”- definita “priva di senso”; da imprenditore, reputo assolutamente fondamentale coltivare la “cultura aziendale” -know how, valori e stili comportamentali-, ma ho da tempo imparato, anche a mie spese, che con la sola cultura aziendale non ci pago salari e stipendi. (come successo anche a grandi aziende italiane oggi tristemente scomparse).
Ho già avuto modo in un mio precedente intervento di esprimere il mio pensiero in tema di tasse e di pressione fiscale: saranno anche contraddittorie le proposte della destra, ma sono senz’altro preferibili ad una sinistra che è solo capace di grassare chi produce ricchezza (perché chi non produce non paga tasse) per promettere assistenzialismo a pioggia, alimentando così il proprio sfrenato clientelismo.
“Veniamo al tema dell’immigrazione, per me il tema è semplice se gli accordi internazionali differenziano tra lo status di “profugo” e quello di “migrante” una ragione ci sarà, così come ci sarà una ragione per la quale l’ingresso in un paese straniero può essere solamente o “legale” o “clandestino”, non è ammessa una terza possibilità (tertium non datur per gli “acculturati”).
Per quanto alla querelle sull’etica dei principi o della responsabilità, ha già puntualmente argomentato Achille De Tommaso e non ritengo necessario aggiungere altro.
Mi fermo qui e non intendo proseguire perché vorrei dedicarmi all’aggiornamento ed allo studio di alcuni temi che mi appassionano maggiormente come crisi energetica, ambientalismo, globalizzazione, finanziarizzazione dell’economia, atteggiamento filo-multinazionali (ovviamente solo quelle straniere, perché quelle italiane le hanno già fatte scappare tutte), unilateralismo geopolitico, certo che in questi ambiti la destra, se gli elettori lo vorranno, potrà fare senz’altro meglio della sinistra.
Nota 1 – Katrhyn Schulz “L’arte di sbagliare” edizione Bompiani Overlook pag.214
“Stiamo parlando del malfamato fenomeno noto come groupthink. Nel 1972 lo psicologo Irving Janis definì il groupthink un modo di pensare che la gente assume quando è profondamente coinvolta in un gruppo ristretto e coeso, quando gli sforzi dei membri per l’unanimità superano la loro motivazione a valutare realisticamente linee d’azione alternative. Il groupthink si instaura più spesso in comunità omogenee, compatte, estremamente isolate da critiche interne ed esterne, e che si percepiscono come differenti o minacciate da chi sta fuori. I suoi sintomi includono censura del dissenso, rifiuto o razionalizzazione delle critiche, convinzione della propria superiorità morale e demonizzazione di coloro che hanno credenze contrastanti. In genere, conduce ad incompleta o inaccurata valutazione delle informazioni, incapacità di considerare seriamente altre possibili opzioni, tendenza a prendere decisioni affrettate e rifiuto di rivedere o modificare decisioni già prese.”