Cristina Stefan (from Candiac, QC – Canada) - Dilemma
ELEZIONI 2022: Inizia la recita, gli attori sono entrati
di Gianni Di Quattro
Una locandina degli attori, di chi si accinge a recitare per cercare applausi e voti. I giudizi e le speranze vengono dopo. Insomma, una semplificazione per chi ha cose da dire e una provocazione per chi crede che il quadro sia stato attaccato storto. E allora, via!
La destra prima si chiamava centro destra perché c’era un ruolo meno importante sul piano quantitativo, ma comunque significativo anche sul piano formale, di Forza Italia, il partito del cavaliere. Ma questo partito si sta sciogliendo in concomitanza con la decadenza, peraltro ovvia e naturale (il tempo passa per tutti), dello stesso cavaliere sul piano fisico ed anche su quello della tenuta mentale. Almeno a giudicare da quello che le televisioni mostrano e i giornali raccontano. Il personaggio di riferimento del partito, il sostituto formale del cavaliere, è Antonio Taiani, che somiglia sempre di più al Peter Sellers dello splendido film “Il giardiniere”, con la sua aria svagata ed i suoi occhi persi verso l’infinito.
L’altra gamba della destra è rappresentata da Matteo Salvini, della Lega, un tribuno, un capo popolo, uno di quelli che con la faccia che si ritrova, un mio vecchio capo avrebbe detto che spetta a lui l’onere della prova, cioè di dimostrare di possedere gli strumenti intellettuali e logici per ragionare normalmente. Non sa fare politica, la fa come se ne discute in qualsiasi bar al Giambellino. Gli obiettivi unici che rappresentano il centro della sua politica sono cacciare gli stranieri e abbassare le tasse. Alcuni suoi collaboratori dimostrano di essere capaci, come nel Veneto, in Friuli, nella stessa Lombardia e così anche certi Ministri, ma dimostrano anche di non avere la forza e soprattutto il coraggio per sostituirlo o quantomeno per condizionarlo. Dunque, la Lega è destinata a decadere, magari più lentamente di Forza Italia, ma senza impedimenti di rilievo, almeno alla luce di quello che oggi si può vedere.
La destra è pertanto sempre di più Fratelli d’Italia, condotta da leader da Giorgia Meloni. E questo è anche un chiarimento utile e importante nel panorama politico del paese. La Meloni è sveglia, sa fare politica, come ha appreso dal suo vecchio capo Fini ed è cresciuta del resto nel mito di Giorgio Almirante, è aggressiva e sa essere umile almeno in apparenza, sa capire la gente e sa comunicare. È circondata da un suo cerchio magico, familiari e amici, e da alcuni consulenti di valore, non decide mai da sola e mai d’istinto. È naturalmente conservatrice e fa parte di questa categoria politica anche in Europa (ha anche un ruolo importante). Forse gli manca far fuori alcuni vecchi che sono stati utili all’inizio e che ora sono solo pietre, come quel vecchio avvocato mezzo milanese, con la voce rauca del grande fumatore, che somiglia sempre più a Peter Lorre nel grande film del passato “il mostro di Dusseldorf”.
Non c’è alcun dubbio che oggi Giorgia Meloni è una delle personalità di rilievo della politica italiana e rappresenta un’area di pensiero molto diffuso nel paese e per questo il suo partito è coerentemente in crescita. Dovrebbe cercare di tagliare più nettamente i legami con certi gruppi italiani ancora nostalgici del manganello e dell’olio di ricino. Nello stesso tempo mentre fa dichiarazioni in politica estera di appartenenza al mondo occidentale, di essere atlantista ed europeista, non può frequentare l’ambiente più razzista e nostalgico di una realtà fascista a livello europeo, come Vox in Spagna, la Le Pen in Francia e soprattutto Orban in Ungheria. Forse ha bisogno di tempo e forse pensa di farlo con cautela.
Poi nella destra, per completare il quadro, ci sono inoltre piccoli partiti, costituiti da piccoli gruppi di poche persone che sul piano personale cercano un ruolo nella vita, una fonte di agiatezza e magari danno una mano se capita, degne persone che non hanno, loro e i partiti di cui fanno parte e che hanno creato, alcuna rilevanza politica e sociale.
Poi c’è la sinistra e in questa parte del palcoscenico il quadro è più complicato e confuso. Il punto centrale di questo schieramento è senza dubbio il Partito Democratico, non fosse altro che per la consistenza numerica ed è infatti il primo partito del paese alla pari con Fratelli d’Italia, almeno secondo i sondaggi. Il PD è stato creato da reduci dei due partiti maggiori della prima Repubblica e cioè la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista. Di conseguenza è attraversato da correnti che lo rendono difficilmente governabile, tanto è vero che cambia spesso segretario e il penultimo, Zingaretti, si è dimesso dicendo che aveva fallito nel tentativo di gestire queste correnti.
C’è la corrente dei nostalgici della dittatura del proletariato, quella dei liberali progressisti, dei cattolici, quelli che vogliono l’alleanza con i 5 stelle, quelli che si sentono superiori in nome di una storia che non c’è più, quelli che cercano di capire la nuova società, la tecnologia, la nuova economia. Enrico Letta, attuale segretario, è bravo, si vede che cerca di farcela, ma si vede anche che fatica molto. Il vero problema di questo PD è che deve scegliere, perché in politica sempre si deve scegliere, in altri termini deve decidere se stare con gli estremisti di sinistra (gli eredi del mitico Bertinotti, capitanati da Nicola Fratoianni) che non hanno mai votato la fiducia al governo Draghi o con i liberali sociali del centro, rappresentati oggi soprattutto da Carlo Calenda che sta accogliendo pezzi consistenti di Forza Italia e somiglia sempre più ad un giovane Carlo Verdone, pure lui romano bene.
Il segretario del PD deve scegliere se stare con il passato o con il futuro, ma non può stare con entrambi. Deve capire le necessità della nuova democrazia, dei forse nuovi assetti istituzionali, soprattutto che in politica ci vuole coraggio e non basta saper gestire ed esibire classe e cultura. Il futuro del PD dipende esclusivamente da questo. Per la verità nel centro ci sarebbe anche Matteo Renzi, un politico intelligente, scorbutico, con buona visione del futuro, espulso dal PD perché voleva spostare il partito verso il centro, boicottato al referendum da lui promosso sulla costituzione per eliminarlo dal gioco politico a prescindere dall’interesse per il paese. Oggi la sua rilevanza politica è scarsa e difficilmente potrebbe fare parte di una alleanza in cui l’attore principale sia il PD.
Nell’area di sinistra è presente inoltre uno strano fenomeno, quello degli spontanei, come Michele Santoro, gente che non si rassegna alla sconfitta nella vita e che continua a coltivare una passione sempre in modo improprio, proprio come fanno gli spontanei nelle arene dei tori in Spagna. Ma sempre a sinistra si stanno formando alcune aggregazioni che potrebbero avere una certa rilevanza, una coordinata e promossa da Pizzarotti, ex sindaco di Parma ed ex 5 stelle, che intende rappresentare una piattaforma per sindaci ed amministratori di enti locali ed un’altra capitanata da Luigi Di Maio, uno dei fondatori dei 5 stelle, alleato del vecchio Tabacci, convertitesi dal contro tutto alla governabilità, che ha incontrato Draghi sulla via di Damasco. Non si capisce che ruolo possano giocare queste nuove formazioni se correranno a fianco del PD o in solitario, quanti voti riusciranno ad acchiappare, quale potrà essere il loro futuro, per ora si accontentano di andare in televisione, di recitare come in una scena teatrale di fronte ad un grande pubblico e come qualche anno fa mai avrebbero immaginato. La conversione di questa gente che qualcun altro potrebbe chiamare trasformismo è sempre nella linea del carattere del paese.
Poi c’è il movimento 5 stelle, creato da un comico ricco e bizzarro con la collaborazione di un bravo informatico visionario e con il supporto di vecchi anarchici ed estremisti e di giovani in cerca di un ruolo nella vita. Il movimento guidato da Giuseppi Conte (come diceva Trump) è responsabile principale della caduta del governo Draghi, dice di essere progressista e dopo il fallimento di una possibile alleanza con il PD, cerca compagni di viaggio nell’estrema sinistra e cerca di raccogliere vecchie figure come lo spontaneo Michele Santoro.
Il movimento è ormai ridotto all’osso, quasi tutti quelli che ne hanno fatto parte negli ultimi dieci anni se ne sono andati o, con la storia del limite del secondo mandato parlamentare, sono in pratica allontanati e abbandonati. Dunque, e come conseguenza, cerca gente, cerca di trovare un equilibrio, cerca di capire cosa fare e cerca di rassegnarsi con fatica ad un ulteriore pesante riduzione di consensi nelle elezioni prossime. Il movimento 5 stelle ha comunque responsabilità politiche che difficilmente la storia potrà scrollargli di dosso.
Responsabilità per una maniera volgare di fare politica che ha cercato di diffondere, per provvedimenti legislativi che è riuscito ad introdurre e che sono costati e costano al paese tanto senza produrre i benefici millantati, per avere predicato teoremi esplosivi come la cancellazione del merito (forse qualcuno di loro aveva letto la storia di Lenin) e non avere capito il futuro.
Non avere capito cosa è e come si fa politica.