Avo Gharibian (from Tehran, IL – Iran) - Democracy
Democrazia vs autocrazia, neoliberismo vs statalismo
di Bruno Lamborghini
Il rapporto-scontro tra democrazia e autocrazia è divenuto ora sempre più attuale e preoccupante, sia nel confronto tra Occidente e Russia in Ucraina che nel confronto tra Stati Uniti e Cina a livello non solo di Taiwan, ma della intera geopolitica mondiale. Questo scontro, che covava sotto la cenere da tempo, ora è emerso in modo drammatico e rischia di condurre a conflitti fuori controllo.
Come già indicato in un precedente articolo (Democrazia a rischio), sul piano politico, i paesi a regime autocratico, che operano senza garantire una tutela dei diritti umani, stanno aumentando la loro presenza nel mondo, mentre si indebolisce il ruolo dei paesi a base politica democratica, cioè i paesi che promuovono e tutelano la libertà delle persone e garantiscono i diritti di partecipazione ed espressione di ciascuno. Nel mondo, purtroppo, si sta nettamente riducendo la tutela dei diritti delle persone, assieme alla libertà di partecipazione democratica alle scelte della politica, e questo è elemento preoccupante.
Sul piano economico, si manifesta in parallelo nel mondo un crescente confronto tra gestioni neoliberistiche e gestioni stataliste, non solo nei paesi democratici, ma anche nei regimi autocratici. La Cina di Xi Jinping ha adottato un mix di liberismo e statalismo fortemente centralistico, così anche in altri paesi in via di sviluppo. In USA e in Europa si alternano politiche di estremo liberismo con forme di intervento pubblico quasi sempre “non keynesiano” e viceversa: si ricorda il passaggio in USA e UK da politiche stato-assistenzialiste al “liberismo selvaggio” di Reagan e Thatcher. In Italia, i governi presieduti da Berlusconi negli anni 90 hanno portato a mix di pseudo-concorrenza di mercato e continuità di intervento statale ed eccesso di spesa pubblica. Questo mix di neoliberismo e intervento pubblico è comune in tanti paesi europei, in particolare nella politica francese.
Sia la politica cinese che le politiche dell’Occidente mostrano come i rapporti tra democrazia e autocrazia da un lato e tra liberismo e statalismo dall’altro, divengono più complessi e tendono a creare nuovi fattori di incertezza e di scontro.
Per cercare di comprendere meglio ciò che sta accadendo, proviamo a percorrere molto brevemente la storia della democrazia e dei modelli economici. Alla fine del ‘700, trae origine l’idea di democrazia basata sui tre obiettivi della rivoluzione francese (liberté, égalité, fraternité) e contemporaneamente in Gran Bretagna nasce quello che sarà il modello, che si diffonderà sempre di più, del capitalismo/liberismo di mercato con l’avvio della prima industrializzazione descritta da Adam Smith e David Ricardo (la fede nella “mano invisibile del mercato”).
A fine ’800, in conseguenza della diffusione del lavoro di fabbrica e della crescita della classe operaia, Karl Marx pubblica Il Capitale che denuncia la società capitalistica e lo sfruttamento dei lavoratori, aprendo alla nascita dei partiti comunisti e nel 1917 alla rivoluzione bolscevica con l’Unione Sovietica, un regime comunista a totale controllo dello Stato e con privazione della libertà dei cittadini.
In risposta al comunismo ed ai Soviet, si sviluppano negli anni 1920/30 in Germania ed in Italia movimenti politici che producono regimi autocratici, lo Stato Nazionalsocialista guidato da Hitler e lo Stato Fascista guidato da Mussolini, regimi che porteranno allo scoppio della seconda guerra mondiale.
Al termine del secondo conflitto mondiale, nell’Europa continentale si riparla di democrazia, assieme all’economia di mercato ed alle politiche pubbliche per la ricostruzione postbellica, con riferimento, anche grazie al Piano Marshall, ai modelli della democrazia e dell’economia degli Stati Uniti.
Questo contesto di gestione democratica assieme a politiche economiche neoliberistiche caratterizza la ripresa europea per tutta la seconda metà del ‘900, grazie anche al progressivo processo di integrazione nell’Unione Europea procedendo sino al 2000, quando si manifestano nei primi due decenni eventi esogeni che introducono elementi di crescente criticità.
Occorre considerare che il modello di democrazia in alcuni paesi europei, in Germania, Italia ed in specie nell’Est Europa, appare ancora relativamente giovane e quindi si prospettano lunghe learning curve, per le quali il processo di integrazione/federazione/unione europea può e potrà rappresentare la scuola che guida il processo di apprendimento e riequilibrio democratico. Gli Stati nordamericani infatti hanno imparato a convivere ed a praticare comuni principi democratici attraverso la condivisione della Costituzione alla base confederale degli Stati Uniti d’America.
E’la strada che devono percorrere i paesi europei anche accettando modalità e tempistiche diverse, ma sulla base di una chiara Carta costituzionale condivisa sul piano politico, che porta ad un passaggio necessario dall’Europa delle nazioni ad una vera Confederazione politica europea.
L’attuale struttura dell’Unione Europea non ha basi politiche solide, essendo cresciuta attraverso l’evoluzione del Mercato Comune, per promuovere l’apertura degli scambi e delle frontiere e anche cercando di creare condizioni di libera concorrenza, limitando gli interventi nazionali di sostegno e di spesa pubblica (i vincoli di Maastricht) dei singoli paesi, una specie di neoliberismo regolato. Per non fermarsi, occorre superare strutture mercatistiche e limiti nazionali per ridefinire modalità unificanti realmente confederative ed una politica estera e di sicurezza comune aperta al dialogo ed a partnership con le altre istituzioni internazionali.
L’Europa è rimasta ancorata ad accordi intergovernativi condizionati dalla unanimità decisionale e basati più su vincoli regolamentari che su reali politiche economiche integrate, salvo, dopo la crisi pandemica, l’intervento di politica e finanziamenti europei del Next Generation EU, peraltro a carattere non strutturale, ma emergenziale. In Europa si aggrava il fattore invecchiamento della popolazione che rischia di costituire un forte limite, ma al contrario può rappresentare una necessità di accelerare i processi di integrazione per favorire politiche comuni di incremento delle nascite e dei flussi di mobilità sia all’interno che dall’esterno dell’area (immigrazioni programmate e rivitalizzazione innovativa dell’Europa anche attraverso l’apporto di nuove culture e competenze).
Nel nuovo contesto geopolitico, per fronteggiare e non subire la crescita dominante dei governi autocratici, l’Europa può agire traendo vantaggio dalla sua cultura politica che ha profonde radici democratiche fondate sulla libera partecipazione e tutela dei diritti fondamentali di ciascuna persona senza discriminazioni di sesso, etnia, razza e religione. Questa nuova Europa unitaria e democratica può rappresentare un fondamentale punto di riferimento a livello internazionale, per affrontare un contesto planetario dominato da gravi rischi strutturali di conflittualità permanente che appaiono destinati ad aggravarsi negli anni.
Questo richiede anche di rafforzare ed innovare la gestione delle istituzioni democratiche attraverso il ridisegno di nuove forme partecipative e di rappresentanza politica assieme ad una revisione prospettica delle politiche e dei comportamenti per ridefinire il complesso rapporto tra economia di mercato, tutela dell’ambiente, ruolo delle istituzioni pubbliche e sistema sociale verso forme innovative di economia sociale di mercato, in grado di superare i limiti ormai evidenti dei modelli puramente neoliberisti. Infatti il rinnovamento dei modelli di democrazia partecipata appare sempre più strettamente collegato al rinnovamento anche dei modelli di politica economica finalizzati ad uno sviluppo sociale equilibrato in Europa e al di fuori dell’Europa.