Cristina Stefan (from Candiac, QC – Canada) - Dilemma
ELEZIONI 2022 - Governare l’Italia è impossibile?
di Graziano Saibene
“Inadeguata”: è la constatazione più “gettonata” che si riceve come risposta quando si chiede un giudizio critico sulla nostra compagine politica.
E questo sta succedendo da almeno una trentina d'anni. Cioè dalla rovinosa caduta della cosiddetta prima repubblica, con il corollario della fine dei partiti tradizionali e del successo di una trionfante “discesa in campo”. È fin troppo facile e sbrigativo responsabilizzare la assoluta mancanza di meccanismi di preparazione e selezione dei candidati ai posti elettivi delle istituzioni politiche.
Ci tengo a chiarire subito che non ho nessuna nostalgia di quello che succedeva prima, cioè quando c'erano i partiti tradizionali formatisi dopo la fine della tragica esperienza fascista: forse c'era anche un percorso di selezione, all'interno delle loro strutture organizzative; poi però, una volta eletti, deputati e senatori finivano per adeguarsi completamente alle direttive dei vari capi corrente.
Ma c'è un’altra anomalia (eufemismo) che mi lascia molto pessimista sulla possibilità che dopo le prossime elezioni si possa contare su una squadra di governanti più efficienti di quelli che sono appena stati cacciati: ho da tempo la sempre più forte sensazione che aveva ragione chi aveva sentenziato che governare un Paese come l'Italia non è solo molto complicato, è inutile. Secondo me è letteralmente impossibile.
Provo a spiegarmi.
La nostra Storia – ma chi la studia più la Storia? - ci insegna che le corporazioni di arti e mestieri hanno preso corpo a partire dal Medio Evo, come aggregazioni volte a difendere interessi particolari di persone accomunate appunto dalla “attività”, cioè dal lavoro inteso in senso lato. Fino a formare vere e proprie società con tanto di regole e gerarchie, in grado di contrastare i vari poteri dominanti di volta in volta sul territorio, soprattutto quelli che avevano la pretesa di “prelevare” imposte e di dettare regole che fossero comuni a tutti, e che provavano a farle rispettare anche usando la forza.
Per fare questo, cioè per riuscire a difendere efficientemente gli interessi della corporazione, non sempre è stato sufficiente “”negoziare” con gli emissari dei poteri istituzionali, soprattutto quando questi si sono impossessati del territorio usando mezzi più forti e convincenti: a volte si è rivelato più utile infiltrarli (cioè piazzare propri elementi nel corpo stesso di quei poteri, per esempio nelle burocrazie e nelle amministrazioni); altre volte con mezzi violenti e persuasivi, veri e propri atti terroristici più o meno gravi e convincenti.
Il fascismo ha provato a utilizzare il corporativismo nella propria base di politica economica, riuscendo a convincere – e ingannare - grandi strati di popolazione: tutti avrebbero potuto realizzare il proprio interesse particolare facendo nel contempo crescere anche la nazione.
Dopo il tragico ventennio dell'era mussoliniana è crollato tutto, ma il corporativismo è rimasto ancora abbastanza vivo, assumendo, anzi, ulteriori aspetti sempre più invadenti e collegandosi spesso con altre attività – queste sì decisamente illegali – che funzionavano da tempo in alcune aree del nostro Paese, e avevano regole e gerarchie per alcuni versi simili a loro.
Sto parlando delle varie mafie sempre più attive e presenti non solo nelle regioni meridionali (Cosa Nostra in Sicilia, Ndrangheta in Calabria, Camorra in Campania, Sacra Corona Unita nelle Puglie, con ramificazioni agguerrite e operative anche in tutte le altre regioni italiane e in vari stati europei) che hanno saputo organizzare un efficientissimo sistema di finanziamento basato su attività illegali altamente remunerative, (traffico di droghe in primis ma non solo, pizzo, appalti ecc.). E anche, in misura minore, delle logge più o meno massoniche (P2 e simili).
Non si scappa: il potere istituzionale ha troppo spesso dovuto fare i conti con queste e altre anomalie tipiche della realtà italiana, unica nel panorama attuale dei Paesi “democratici”.
E veniamo al dunque: allora, serve andare a votare?
Se sono vere le mie convinzioni appena qui espresse, poco o nulla!
E invece ci andrò! E mi sbilancio anche a dire per chi non voterò, magari anche a chi finirò per dire sì.
La mia lista dei NO comincia da quelli che hanno convinto Draghi a farsi da parte, per ragioni personali, fregandosene del momento di grave difficoltà a cui andremo incontro quest'autunno.
Quindi No convinto a Giuseppe Conte (e a M5S), a Matteo Salvini (e a tutta la Lega che ancora lo sostiene) e al bollitissimo Silvio Berlusconi (e a ciò che resta di Forza Italia)
Sono anche i personaggi più vicini a quello che considero fra i maggiori criminali contro l'umanità, quel Vladimir Putin, che avrebbe potuto benissimo cercare un'altra strategia per avvicinarsi ai Paesi che tanto invidia e con cui faceva lucrosissimi affari, invece che cercare di indebolirli per gettarsi fra le braccia del suo più potente e odiato nemico cinese, per di più rischiando anche di far scoppiare una definitiva guerra nucleare, bombardando e distruggendo, affamando e facendo stragi di civili senza alcun ritegno.
Ma anche NO a tutti quei partiti e partitini che si sono sempre schierati contro i tentativi di stanare la gigantesca evasione fiscale che da sempre ci impoverisce, impedendo anche quei timidi passi volti a tracciare i pagamenti, e le limitazioni dell'uso del danaro contante, che fa specialmente comodo a chi vuol nascondere i suoi grandi o piccoli traffici illeciti, facilitando il riciclo anonimo dei contanti accumulati; e boicottando anche i più timidi tentativi di riordino del patrimonio edilizio nazionale con la riforma del catasto.
Neanche a me piacerebbe pagare più tasse, ma non voglio vivere in un Paese senza una buona sanità pubblica, o senza un sistema scolastico evoluto e inclusivo, che provi a diminuire le differenze, migliorando le chances dei più sfortunati.
NO anche a Giorgia Meloni, che per scalare il potere finora non ha sbagliato una mossa, ma dovrà fare i conti con quelli che l'aiuteranno eventualmente a vincere, sia all'interno del suo partito che in Europa, e nella coalizione di centro (?)-destra: tutti a mio avviso esecrabili, dai suddetti Berlusconi e Salvini, a Orban e Le Pen, a Casa Pound e tutti i componenti di quella irriducibile frangia di nostalgici fascisti e criminali, che nel passato non hanno avuto vergogna di usare, appoggiare e coprire i numerosi sanguinosi attentati, che hanno macchiato la nostra storia recente e che, grazie anche alla copertura dei servizi segreti più o meno deviati, non sono stati ancora del tutto chiariti.
Data la sua giovane età, agli occhi di molti elettori appare come una delle poche novità vincenti del disastrato panorama politico italiano. Ma è anche lei una veterana, dati i suoi trascorsi oramai lontani (e tutt'altro che esaltanti) come ministro alle politiche giovanili di un passato governo di centro-destra
Ai “cespugli” di sinistra, che non vorranno unirsi a Letta per comprensibili ragioni ideologiche, non resterà che tentare di coalizzarsi col Movimento 5 Stelle o con quello che ne resterà: il sistema elettorale vigente, assurdo e incomprensibile anche per gli addetti ai lavori, non dà alcuna possibilità di successo se non si raggiunge la minima percentuale prevista per non essere esclusi del tutto, il fatidico 3%. O il 10% se ci si allea in una coalizione elettorale e si ottiene così di essere presenti in qualche favorevole circoscrizione uninominale.
Quanto al mio voto, anche a loro, per un minimo di coerenza, toccherebbe il mio NO. Con il grande rammarico di non potere dare un SÌ all'unico partitino dichiaratamente Verde presente sulla scena politica attuale.
Purtroppo in sede elettorale il NO non è previsto. E, visto che ho deciso di non restare a casa, mi restano solo la SCHEDA BIANCA o un SÌ.
Non so ancora che ne sarà della possibile coalizione che Enrico Letta sta faticosamente cercando di organizzare attorno al suo PD. Per ora lo ritengo ancora perdente, anche se pare che abbia scelto di occupare il centro dello spazio politico, inglobando Calenda e tutti i fuorusciti da destra e da sinistra, che rimpiangono Mario Draghi, invocando – probabilmente invano – un suo ritorno.
Matteo Renzi, del quale ho sempre apprezzato l'acume politico, non riesce mai a controllare il suo ego eccessivo, che gli rende impossibile allearsi o collaborare con altri, e quindi ad avere un minimo di successo nelle sue ambizioni. Spero riesca a raggiungere per lo meno il 3%, che gli consentirebbe di non sparire del tutto; sentiremmo la mancanza delle sue intuizioni e delle sue mosse, che sono state spesso determinanti.
Scioglierò forse la mia riserva e sceglierò una di queste due ultime alternative solo a ridosso della data delle elezioni. Nel frattempo continuo a sperare che appaia una stella cometa che mi guidi al un nuovo Messia, di cui per ora non c'è alcun sentore.
Pur conscio che sarà comunque una elezione che non servirà a migliorare la nostra vita futura, anzi.
Se vincerà la destra, per ora largamente favorita nei sondaggi, verrà da subito mitragliata sia da quasi tutta la stampa italiana e straniera che conta, sia da una parte del sistema giudiziario.
Se dovessero prevalere gli altri, è fin d'ora facilmente prevedibile che sarà assai problematico passare dalla coalizione elettorale vincente ad una coalizione politica non immediatamente litigiosa.
E questo vale anche nel primo caso.
Mi auguro comunque che la destra per lo meno non vinca con un margine così ampio da permetterle di modificare la costituzione, nominare un buon numero di nuovi membri della Corte Costituzionale, piazzare Berlusconi come presidente del Senato e successivamente come presidente della Repubblica al posto di Mattarella. Il quale si ritroverebbe in pratica subito sfiduciato e costretto a interrompere il suo mandato.
Allora sì che i miei amici brasiliani si vendicheranno delle mie battute sui loro governi democraticamente eletti, coi penosi risultati davanti agli occhi di tutto il mondo.
A proposito: anche in Brasile ci saranno nuove elezioni ad ottobre. Il cui esito impatterà notevolmente in tutto il Sud America. Le premesse, a quanto pare, non sono molto più promettenti che quassù dalle nostre parti nell'emisfero nord.
Ma la speranza è l'ultima a morire!