Jill Slaymaker (born in Youngstown, Ohio in 1955) - After the Election
Elezioni: Prime considerazioni post voto
di Bruno Lamborghini
Alcune prime sintetiche considerazioni dopo il voto del 25 settembre riguardano due principali eventi tra loro connessi: la quasi scomparsa del centro sinistra ed il boom della destra di Giorgia Meloni. A cercare di spiegare i due eventi sono da considerare sia ragioni a livello internazionale che specifiche ragioni a livello italiano.
A livello internazionale, si assiste da tempo, come abbiamo discusso in vari articoli e webinar di Nel Futuro, ad una crisi in atto nelle democrazie parlamentari in parallelo alla crescita delle ”democrazie illiberali” (secondo il modello Orban), ovvero l’idea di un indebolimento dei processi decisionali in un mondo complesso da parte delle democrazie liberali basate su capitalismo di mercato e multilateralismo verso ipotetico maggiore decisionismo da parte di forme autocratiche o “democrazie illiberali” basate su sovranismo, centralismo, statizzazione.
Questo trend si manifesta e si accentua con lo spostamento del baricentro mondiale dall’Occidente, caratterizzato tradizionalmente da istituzioni democratiche, all’area asiatico-orientale con prevalenza di istituzioni autoritarie. Questo determina un crescente impatto anche all’interno dei paesi occidentali (nell’Unione Europea, in Ungheria, Polonia, Svezia, e ora con rischio anche per l’Italia). L’invasione russa dell’Ucraina e lo scontro di Putin con l’Occidente esprimono in modo esplicito il confronto in atto (con rischio di conflitto bellico), tra il modello democratico occidentale ed il modello autocratico orientale con influenza sull’opinione pubblica e sui risultati elettorali in Occidente.
A livello italiano, per la crisi del Centro Sinistra si può partire da alcune brevi e semplificate riflessioni storiche su quanto è avvenuto in Italia dal dopoguerra in cui per decenni la politica è stata caratterizzata dal confronto scontro tra un partito democratico prevalentemente conservatore, la Democrazia Cristiana, ed un partito extrasistema o rivoluzionario (a parole), il Partito Comunista con la prevalenza costante della DC a livello di governo e con un forte impatto sulla ripresa postbellica. Dagli anni 80 la fase di compromesso storico avvia lo sdoganamento democratico del PC e la sua successiva fine seguita dalla scomparsa anche della DC, in conseguenza di Mani Pulite, e la confluenza di parte dell’elettorato DC nel nuovo partito conservatore guidato dall’imprenditore Berlusconi al governo dell’Italia per oltre un ventennio.
Il mix di ex PC ed ex DC attraverso varie evoluzioni determina infine la nascita del Partito Democratico, il PD, che ha dentro di sé molte correnti e diverse tendenze, progressiste, riformiste ed anche centriste. Di fatto, i tentativi di Prodi con l’Ulivo hanno cercato di definire un più chiaro obiettivo progressista-riformista al Centro Sinistra, ma la successiva evoluzione del PD è stata a carattere più governista e garantista di governi tecnici o paratecnici a limitata base parlamentare o in forma di coalizioni ampie, sino ad arrivare alle incertezze finali che hanno contribuito alla crisi elettorale del 25 settembre.
L’idea del “Campo largo” di Letta, ovvero di creare un fronte comune con altre forze a scopo elettorale. poteva avere significativi effetti elettorali, ma probabilmente non poteva raggiungere obiettivi politici comuni. Si tratta ora di vedere se il PD sconfitto potrà auspicabilmente ritrovare una propria via di identità e di rinascita.
La trasformazione del grillismo a 5 stelle nel partito di Conte è apparso un tentativo elettoralistico di creare un movimento di sinistra concorrente con il PD basandosi sul Reddito di Cittadinanza e sulla promessa di sussidi sopratutto al Sud alle frange di malcontento. Un possibile avvicinamento di Conte al PD dopo le elezioni appare dubbio che possa facilitare i chiarimenti politici attualmente indispensabili all’interno del PD.
A destra, il progressivo tramonto del berlusconismo ha lasciato spazio, assieme al crescente malcontento, alla crescita della Lega di Salvini basata su populismo con alti e bassi, mentre il malcontento è stato bene sfruttato da Giorgia Meloni, partendo da quasi zero sino a conquistare una straordinaria maggioranza elettorale.
La questione da porsi è se il nuovo governo potrà dare risposta al malcontento, ma soprattutto ai gravi problemi che incombono sull’Italia. O se invece il partito Meloni subirà il processo di boom e successiva caduta dei suoi predecessori (i 5 stelle di Grillo-De Maio e Salvini, volendo si può aggiungere anche l’esperienza del trionfo e caduta di Renzi).
La personalità di Giorgia Meloni appare diversa, ma tutto dipenderà dalle persone di cui si circonderà, dalla rapidità nell’affrontare i problemi più urgenti (inflazione, costi, energia, famiglie, imprese), oltreché dalla capacità di gestione e rispetto delle scadenze del PNRR e soprattutto dalla capacità di gestire rapporti collaborativi e di fiducia con la comunità europea e le istituzioni internazionali. Ed anche se saprà seguire ed usufruire dell’esperienza di Draghi nelle scelte più urgenti ed immediate.
Poi si vedrà come, senza alcun vincolo di passate esperienze governative e pur con il ruolo di presidente dei conservatori europei, saprà affrontare positivamente le riforme ed i cambiamenti assolutamente necessari per costruire un futuro ai giovani. Il fatto di disporre, cosa rara in Italia, di un potenziale quinquennio di governance può costituire per Meloni un fattore determinante per programmare ed attuare fondamentali progetti non di breve termine.