Cristina Stefan (from Candiac, QC – Canada) - Dilemma
ELEZIONI 2022 - Sovranazionalismo versus Sovranismo
di Ruggero Cerizza
Raccolgo con molto piacere l’invito formulato dal direttore Pietro Bordoli di intervenire con propri scritti nel contesto della attuale campagna elettorale italiana.
Parlare di politica implica necessariamente contrapporre due macro-correnti di pensiero che nel corso degli ultimi due secoli si sono nettamente identificati o caratterizzati con molti binomi di termini antagonisti: sinistra-destra, capitalismo-comunismo, conservatore-progressista, statalista-liberista, nazionalismo-internazionalismo, democratico-fascista, pacifista-guerrafondaio, sovranismo-sovranazionalismo, liberalismo-socialismo, solidarismo-egoismo, populismo-elitarismo, ambientalista-inquinatore, patriota-cosmopolita, ecc.
Credo si possa affermare che tutte le posizioni precedenti rappresentano dei valori morali, “entità”, cioè, relative al comportamento umano ed alla sua attitudine interiore. Guidano il modo di essere, di pensare e di agire del soggetto umano, il quale li può considerare positivi “in sé stessi” o positivi “in senso utilitaristico”.
Nel primo caso assumo una posizione assoluta, quel valore deve essere perseguito costi quel che costi perché è “giusto”, nel secondo desidero perseguirlo perché penso che possa correggere una situazione che genera effetti negativi, già manifesti o che prevedo si possano manifestare in futuro.
In linea di principio ritengo che nessun candidato a governare uno stato democratico debba ispirarsi ad un valore assoluto, ma debba piuttosto essere in grado di muoversi in maniera equilibrata tra i due estremi di ogni binomio in funzione della situazione interna del paese e di quella esterna del mondo.
La situazione economico-politica-sociale del mondo è stata moderatamente rilevante sino alla fine degli anni ottanta del secolo scorso, mentre successivamente è diventata sempre più influente se non addirittura determinante.
La politica, intesa come organizzazione, amministrazione dello stato e regolazione della vita pubblica, è un processo storico che, in quanto tale, non può prescindere da ieri, da oggi e da domani.
Partendo da queste mie opinioni, non commenterò la campagna elettorale al fine di fare proselitismo perché pur avendo una mia chiara e consolidata posizione politica non sono, e mai sono stato, iscritto o attivista di alcun partito politico, scriverò solo con lo scopo di esplicitare le “personali ragioni” che, nel momento attuale, indirizzano il mio posizionamento politico sui diversi specifici temi.
Le persone che hanno un sentire più affine ad uno dei due termini del binomio sono portati ad usare il termine contrario in senso spregiativo se non demonizzante, suscitando così una reazione negativa in colui che se lo sente affibbiato (tipico fenomeno del tifo da stadio).
I numerosissimi partiti politici italiani stanno impostando questa particolare campagna elettorale su una polarizzazione esacerbata tra gli estremi dei precedenti binomi; per questo motivo, nei miei scritti e nei miei commenti non mi riferirò mai nominativamente ad un partito politico o ad un uomo politico, ma genericamente alla “squadra” più orientata ad un estremo o all’altro.
Adotto questo escamotage perché mi riprometto di criticare, sindacare, contestare anche aspramente le tesi ed opinioni dell’altra squadra senza, però, mai permettermi di giudicare negativamente i suoi membri o, men che meno, di metterne in dubbio la legittimità democratica.
Il primo argomento su cui intendo cimentarmi è la contrapposizione “sovranazionalismo” versus “sovranismo”.
Questo è un busillis quasi esclusivamente europeo che ha cominciato, e non per coincidenza temporale, ad assumere notevole rilevanza politica da quando l’élite dominante in Europa ha deciso di trasformare la Comunità Economica Europea in Unione Europea.
Ci sono principalmente due ordini di motivi, uno più teorico e l’altro più fattuale, per i quali mi schiero con la squadra “euro-scettica” piuttosto che con quella “euro-fanatica”.
L’Unione Europea è composta ormai da un gruppo di quasi trenta stati, molto diversi demograficamente, ognuno con una propria lingua, con una propria cultura, con una propria carta costituzionale, con diversi sistemi elettorali, con diversi ordinamenti giuridici, con diverse forme di governo, con diversi ordinamenti scolastici, ognuno con un proprio esercito e propri sistemi d’arma, la cui partecipazione alla organizzazione sovranazionale è dettata da interessi molto difformi.
Dal punto di vista teorico l’idea che un tale gruppo di stati potesse diventare una nazione, di chiaro ordinamento democratico, senza che nessuno degli organismi politici europei venisse eletto attraverso il suffragio universale europeo, senza un accordo preliminare sulla ferma volontà di omogeneizzare progressivamente quegli aspetti indicati nel paragrafo precedente, confidando unicamente su un po’ di retorica europeista, sull’unificazione della moneta, sulla creazione di una “finta” Banca Federale, sui progetti Erasmus e su una asfissiante produzione di direttive, regolamenti, disposizioni che generano necessariamente effetti indesiderati in alcuni stati rendendone così necessaria la produzione continua, è un esempio di idealismo allo stato puro, destinato, a mio avviso, ad un prossimo triste ridimensionamento.
Capisco che il lettore, specialmente se militante nell’altra squadra, potrebbe ritenere queste considerazioni non già delle ragioni ma, piuttosto, dei pregiudizi. Allora, forse, passando ai motivi di ordine fattuale riuscirò ad essere più convincente.
Una delle argomentazioni più in voga nella squadra “euro-fanatica” è che noi italiani non siamo in grado di governarci, perché minus habens, e quindi è per noi meglio delegare le decisioni sui temi nazionali più rilevanti agli organismi europei (Commissione, Banca Centrale, Alti Commissari, ecc.) in quanto più competenti, più preparati e più avveduti.
Per smontare questa tesi, che tra l’altro mi addolora profondamente, faccio riferimento a tre recentissimi eclatanti casi - l’immigrazione, l’inflazione e la strategia energetica - che mi inducono a dubitare fortemente della presunta infallibilità e immensa saggezza dei governanti europei.
Dopo una decina d’anni caratterizzati da una quantità innumerevole di mega-meeting e di dichiarazioni ufficiali sul tema dell’immigrazione clandestina e delle frontiere europee, mi risulta che ancora ad oggi la UE non sia riuscita a formulare un protocollo di comportamento chiaro, univoco, applicato da tutti e con un’equa distribuzione degli oneri e dei costi tra tutti i suoi membri settentrionali e meridionali. Quando il problema è spinoso, anche i tecnocrati europei non sanno che pesci pigliare e si limitano ad un roboante ed ampolloso bla-bla-bla.
A primavera dello scorso anno, dopo le prime avvisaglie che l’inflazione da poco più dello 0% degli ultimi anni, stava rialzando la testa, la BCE manifestava serenità: comunque non avrebbe mai superato il 2% perché lei vigilava; in estate quando il 2% è stato superato la BCE ci assicurava che era un’inflazione “simmetrica”, poteva salire un pochino sopra ma poi sarebbe subito scesa sotto, non c’è da preoccuparsi; in autunno, sì l’inflazione era salita a quasi il 4% ma era solo un fatto “temporaneo” nel 2022 sarebbe ritornata nei ranghi, passate un Natale sereno; a gennaio-febbraio con un inflazione ormai al 7% e con aspettative, poi rivelatesi esatte, di ulteriori incrementi la situazione si era fatta davvero imbarazzante …. non è che i costosissimi mega-centri studi con i loro mega-modelli econometrici assistiti dall’I.A. sono sofisticatissimi ma per nulla attendibili? Ma ecco che la mossa di Putin ha salvato loro la faccia, et voilà la narrazione è fatta: l’inflazione è causata dalla guerra e i nostri modelli previsionali sono perfetti e ci azzeccano sempre, salvo quando qualcuno o qualcosa spariglia le carte.
Nell’ambito della strategia energetica, a mio avviso, in Europa raggiungiamo davvero il massimo della confusione di idee: negli ultimi anni la UE ha messo al bando i sistemi di produzione di energia elettrica da combustibili fossili e da energia nucleare, promuovendo e finanziando nel contempo le FER.
Ovviamente la narrazione dell’ambientalistico fanatico di cui la UE è pervasa, non può svelare che con gli attuali tassi di crescita del consumo di energia elettrica le FER non sono, almeno ad oggi, in grado di sostituire le centrali a carbone, petrolio, gas e quelle nucleari; tuttavia le direttive sono chiare e molto ambiziose, la UE vuole essere esempio mondiale di virtuosità in questo campo e il nostro procedere su questo percorso deve essere robusto ed inarrestabile.
Ma com’è come non è, nella primavera dello scorso anno il prezzo del gas comincia a crescere, ma la UE è impegnata su altri fronti, tipo il carica-batterie per cellulare universale, e, quindi, non può prestare attenzione a questi fastidiosi segnali dal mondo, in autunno le cose si fanno un po’ più critiche ma basta che gli stati riducano un po’ le accise e gli altri oneri sui carburanti e sulle bollette, eroghino un po’ di bonus a pioggia, e tutto si sistemerà da solo, sono solo fenomeni transitori.
Ovviamente di fermarsi a riflettere e prendere tempo non se ne parla, anzi si prosegue a testa bassa: proprio in questi momenti di gravi turbamenti finanziari e geo-politici si lancia l’ennesimo super-obbiettivo: entro il 2035 non si potranno più vendere in Europa autoveicoli alimentati da combustibili fossili.
Poi però il 24 di Febbraio il solito Putin spariglia di nuovo le carte in tavola e la nuda e cruda realtà riemerge dalla cortina fumogena dell’ambientalismo di maniera, non è vero che possiamo fare a meno del gas e dell’energia nucleare che, come per incanto, vengono proditoriamente riammessi nella mitica Tassonomia tra le fonti green accettate. Il carbone ne rimane escluso ma per situazioni contingenti potrà essere comunque temporaneamente utilizzato.
Ora io non ho la bacchetta magica e quindi sono cosciente che queste tre casi potrebbero essere considerati il “senno del poi”, tuttavia credo altresì che l’operato di un governante dovrebbe essere valutato sui suoi risultati e credo che questi tre esempi siano, da questo punto di vista, davvero molto deludenti.
Alla luce delle precedenti considerazioni, darò la mia preferenza alla posizione più “euro-pragmatica” all’interno della squadra “euro-scettica”.
P.S. Ma adesso che la UE ha emanato l’ultimo editto sul risparmio dell’energia elettrica, le macchine elettriche devono rimanere nel box perché non è più permessa la ricarica delle batterie?