T Raju Gopalarao (India) – Hegemony
La scelta tra ideologia e interesse della nazione
di Achille De Tommaso
Lo scorso convegno di “Nel Futuro” sulla democrazia (di cui ringrazio ancora Pietro Bordoli per l’ottima organizzazione) mi ha dato agio di sottoporre all’attenzione dei presenti il tema del titolo di questo scritto, che, per mancanza di tempo, però, non ho saputo sviluppare come avrei voluto durante il convegno.
***
Io ritengo che il mondo occidentale sia oggi ampiamente pilotato da governi oligarchici, egemonici. Questi governi governano con un consenso democratico solo apparente, in quanto, una volta eletti al potere, continuano a mantenerlo usando ideologie di carattere socio-etico, che, per forza di cose, appaiono condivisibili e quindi non necessitanti di consenso formale (magari parlamentare) ma che travalicano gli interessi della popolazione. Scavalcando poi regolarmente non solo le consultazioni formali, ma anche il parlamento.
L’EGEMONIA
Mi piace avvalermi del pensiero di Gramsci:
La borghesia, secondo Gramsci, sviluppa una cultura egemonica usando l'ideologia, piuttosto che la violenza, la forza economica o la coercizione. La cultura egemonica propaga i propri valori e norme in modo che diventino i valori di "senso comune" di tutti, e quindi che la borghesia mantenga lo status quo e il suo potere. L’Egemonia mantiene il suo potere anche attraverso apparati ideologici come l'istruzione e i media.
Ebbene, dalla centrale operativa di questa Egemonia ci viene oggi detto che dovremo cedere una considerevole parte della nostra ricchezza perché dobbiamo sconfiggere il nemico assoluto che si incarna in Vladimir Putin, perché egli mette a rischio la nostra libertà. Il nostro “ideale di libertà”; perché Putin, dopo l’Ucraina, potrebbe “ovviamente” invadere noi, la Francia, la Germania, eccetera. In pratica il concetto di Draghi “libertà contro condizionatori”.
Il concetto di categorizzazione di “ideale” è qui importante, in quanto non necessita di verifiche pratiche: è un “ideale” e bisogna perseguirlo, senza attardarsi a pensare alle motivazioni storiche e alle conseguenze del perseguirlo. Il perseguire l’ideale, diventa dogma assoluto, ed è addirittura più importante dell’interesse della nazione. Nel senso che, mentre questo “ideale” è tutto da verificare, l’impoverimento nostro lo stiamo già sperimentando e continueremo a subirlo. Perché l’Egemonia dice che la guerra durerà anni.
La guerra tra Ucraina e Russia è una dimostrazione lampante di come una Egemonia, che potremmo definire in prima approssimazione “occidentale” (ma in realtà molto USA) stia pilotando i governi a proteggere gli interessi di un gruppo egemonico, a scapito dei quelli delle singole nazioni.
Nella guerra in Ucraina, media e politici, associati in una Egemonia “occidentale”, ci fanno infatti intendere, ribadendolo fino allo sfinimento, che questa guerra è iniziata il 24 febbraio di quest’anno, nascondendo il fatto che, in realtà è nata otto anni fa, nel 2014, e al 24 febbraio aveva già causato 14.000 (quattordicimila) morti tra la popolazione ucraina, per lo più russofona. Guerra che pareva fosse finita con i patti di Minsk, disattesi poi dagli stessi ucraini.
Guerra che, forse è addirittura nata 16 anni fa: dopo una prima rivoluzione, la "rivoluzione arancione" del 2004, l'Ucraina era rimasta infatti impantanata da anni di corruzione, cattiva gestione, mancanza di crescita economica, svalutazione della moneta e impossibilità di ottenere finanziamenti sui mercati internazionali. A proposito di corruzione; l’Ucraina è oggi considerata il paese più corrotto d’Europa, (6) e il Parlamento UE nel 2019 dichiarava: ”molte delle riforme avviate devono essere completate, in particolare nei settori dello Stato di diritto (l’elezione di Zelensky era stata considerata non trasparente), della buona governance e della lotta alla corruzione, dal momento che, nonostante i notevoli progressi, la corruzione diffusa continua a ostacolare il processo di riforma dell'Ucraina".
Per ovviare a questi problemi, il presidente Janukovyč (filorusso) era stato legittimamente eletto; ma aveva cercato di stabilire relazioni più strette con l'Unione europea e la Russia al fine di attrarre investimenti nel paese, e ovviamente questo avvicinamento alla Russia dava fastidio a qualcuno e Janukovyč venne rimosso con un colpo di stato.
Ma di questi fatti, oggi, pochi hanno memoria; trascurando come gli USA abbiano ben pianificato questa attuale guerra ucraina. Infatti nel 2015 gli USA dichiaravano (1) di «fornire addestramento ed equipaggiamento a forze di sicurezza straniere», così che «i paesi partner possano affrontare sfide importanti per la sicurezza nazionale degli USA». E per farlo addestravano circa 50.000 combattenti, sedicenti neofascisti ucraini. E quello che è sconcertante è la loro candida ammissione che non addestravano queste persone per proteggere l’Ucraina, ma, sottolineo, per proteggere gli interessi USA. Sono quindi da almeno sedici anni che l’Ucraina, martoriata da governi di scarsa democraticità e grande corruzione, si dibatte tra rivoluzioni e colpi di stato, per fare anche gli interessi degli USA. E magari nasce il legittimo sospetto che in queste rivoluzioni e colpi di stato ci sia lo zampino americano.
La cultura egemonica di cui noi siamo succubi, quindi, lavorando per ideali, e non per fatti, ci dice, però, che Putin, è il solo colpevole, perché è stato, il 24 febbraio, l’aggressore, e che, come idealmente colpevole, debba essere quindi condannato.
E, se uno si azzarda a confutare questo fatto, rilevando un atteggiamento che renderebbe la NATO almeno correa, viene automaticamente definito filoputiniano, e, nella nostra nazione di libero pensiero, al 58mo posto mondiale per libertà di stampa, viene sbattuto in prima pagina in liste di proscrizione di cui nessuno, però, vuole prendersi la responsabilità. E il fatto che Putin sia aggressore non ci piove; ma ci dovremmo ricordare come, davanti ad un’accusa di omicidio, secondo la legge, siano ugualmente colpevoli l’esecutore, ma anche il mandante o l’istigatore; e senza dubbio ad istigare questi crimini in Ucraina sono stati gli USA, come è ampiamente dimostrabile. Quindi, se Putin è condannabile, e ritengo che possa esserlo, dovrebbero essere condannabili anche gli USA.
Se poi si accertasse che sono stati compiuti crimini di guerra, non avrei personalmente dubbi circa una ferma condanna di Putin, istruendo un processo davanti alla Corte Internazionale (peccato che né Russia, né USA, né Ucraina abbiano mai aderito alla Corte dell’Aja). Chiedendomi, però, io stesso, come mai questa diligenza nello scovare crimini non sia stata adoperata anche nei confronti degli USA, per il Vietnam, l’Iraq, la Siria, l’Afganistan, Guantanamo, le Filippine, e molti altri paesi, che una volta riempivano due pagine di Wikipedia, ma ora appaiono rimosse. E i militari americani sono intoccabili comunque, anche quando commettono crimini che non hanno la scusa della guerra, come la funivia del Cermis ci dimostra (i colpevoli furono processati e assolti).
LA GUERRA PER L’EGEMONIA
I media ci nascondono che questa guerra ucraina è una guerra per l’Egemonia; degli USA che non vogliono perdere il loro centralismo mondiale, e della Russia che cerca di riguadagnare quello dell’Est Europa.
Egemonia che gli USA, infatti, hanno sempre avuto a livello mondiale, sia dal punto di vista tecnologico, che economico, e che ora cercano di non perdere, vista la potenza della Cina in questi campi, che già la sovrasta. E per non perderla cercano di creare fratture tra Europa e Russia; Russia che da tempo appare alleata della Cina. Per gli USA cercare quindi di rompere i rapporti tra Cina-Russia-Europa è fondamentale per la propria Egemonia.
Egemonia che la Russia, dall’altro canto, sta cercando di riconquistare nei paesi dell’Est Europa. Compito, onestamente difficile da raggiungere con certi paesi dell’Est. Nello spazio post-sovietico la Russia non è più riuscita a recuperare il terreno perduto negli anni Novanta dello scorso secolo. I paesi baltici sono usciti rapidamente e con sostanziale successo dall’orbita russa, entrando non solo in Europa ma anche nella NATO. Ma comunque, anche se l’obbiettivo di Egemonia non dovesse essere raggiunto, il “Piano B” di Putin era comunque quello di cercare di mantenere la NATO abbastanza lontana dai suoi confini. Questo Putin l’ha ribadito varie volte nei decenni scorsi; ma la NATO ha sempre fatto orecchie da mercante, “abbaiando” (parole di Papa Francesco) varie volte alle porte della Russia. Non ultima facendo ben tre esercitazioni NATO nel 2021 nel Mar Nero. Se questo non è “abbaiare”…
LA NATO
Vale la pena di dare un’occhiata a come ha agito questa Alleanza in tempi recenti.
Nessuno può mettere in dubbio il ruolo altamente positivo che l’esistenza della NATO ha giocato dalla sua fondazione fino al dissolvimento dell’Unione Sovietica. Ma quella tranquillità non è gratuita, e la NATO, in pratica, non ci appartiene. Ne fanno parte soldati e generali di tutti i Paesi membri, ma il comando e le decisioni politiche e militari erano e sono strettamente in mani americane. Perfino i segretari generali, qualunque sia la loro nazionalità, vengono scelti in base all’opinione determinante degli USA.
Tuttavia nulla è eterno in questo mondo; l’Alleanza era stata creata nel 1949 per difendersi da quello che era considerato, allora, il nemico più pericoloso. Se tale nemico aveva cessato di esistere, a cosa sarebbe servito continuare a mantenerla viva?
Le “aggressioni” NATO
Era quindi necessario attribuire alla NATO una nuova ragione di esistere e la si trovò nel dovere morale di “ingerenza umanitaria” che gli USA si sono ad un certo punto attribuiti, cercando di “esportare la loro democrazia”. Esportazione, spesso fatta con l’aggressione a governi sovrani, e, per altro, sempre fallita.
La guerra del Kosovo è un buon esempio: fu un conflitto armato combattuto dal febbraio 1998 all'11 giugno 1999. Questo conflitto vide contrapposte le truppe federali jugoslave all'organizzazione dell'Ushtria Çlirimtare e Kosovës (UÇK), fautrice dell'indipendenza del Kosovo dalla Repubblica federale della Jugoslavia. L'intensificarsi del conflitto portò nel marzo del 1999 a una campagna di attacchi aerei della NATO contro la Repubblica Federale (possiamo chiamare questa “aggressione a un governo sovrano”?).
Fu allora inventato un presunto genocidio della popolazione kosovara per mano dei cattivi serbi e fu lanciata una enorme campagna di stampa in tutta Europa e negli Stati Uniti con tanto di fotografie satellitari di “fosse comuni” (poi rivelatesi false) e di testimonianze (progettate a tavolino) che dimostravano l’assoluta necessità di fare una guerra per impedire il “massacro”. Anche se poi nel neonato “Kossovo” furono solo gli americani a creare una propria base militare (la loro più grande in Europa), i Paesi membri della Nato vi parteciparono in vario modo; e pure l’Italia.
Negli anni Duemila l’impiego della NATO si attuò in Afghanistan, dopo l’attentato alle Torri Gemelle, e fu invocato l’art. 5 del Trattato, quello che impegnava gli Stati membri a intervenire a difesa di un partner che fosse stato attaccato da un qualunque nemico (da notarsi che anche qui si aggrediva un governo sovrano, reo di avere al suo interno dei terroristi).
Le “eversioni democratiche” degli USA e della NATO
E’ abbastanza accertato che un certo numero di ricchissime fondazioni americane (ONG comprese) si siano adoperate e si adoperino nel favorire le cosiddette “eversioni democratiche” (2)(4)(5). Quest’idea, razionalizzata da Gene Sharp, è abbastanza semplice, ma ha funzionato in Kosovo, e in Egitto, un po’ meno altrove. Abbiamo avuto la “rivoluzione” in Serbia (5 ottobre 2000), Georgia (Rivoluzione delle Rose, 2003), Ucraina (Rivoluzione Arancione, 2004 – 2005) e Kirghizistan (Rivoluzione dei Tulipani, 2005). La tattica consiste nel “sollevare” gli scontenti. Come? Insufflando a suon di milioni le idee dell’Occidente. Influenzando le catene televisive e i giornali.
Appare, questo, però, come un sistema dei due pesi e delle due misure: come sempre il diritto all’autodeterminazione, ai “diritti civili”, viene riconosciuto, dall’Occidente, solo a quelle minoranze che attraverso la “rivoluzione” anziché premere alla trasformazione delle strutture sociali del Paese puntino invece a rovesciare fisicamente un gruppo di dominanti per sostituirli con altri, ma in questo caso più proni alle logiche dell’Occidente.
Però la NATO, a un certo punto, traballava.
Tuttavia l’armonia tra i membri NATO svanì poco dopo, in occasione della guerra in Iraq nel 2003 (per deporre ed uccidere Saddam, reo di usare armi di distruzione di massa, mai trovate). In quel caso non si trattava più di potersi richiamare all’art. 5 e Francia e Germania si posero a capofila di un gruppo di paesi dissidenti. Da parte sua la Turchia impedì il passaggio di truppe americane sul proprio territorio obbligandole quindi ad attaccare Saddam solo da Sud. In Siria la Francia di Hollande, presente con propri aerei da combattimento, si sentì tradita e prtostò quando Obama non dette seguito alla minaccia di bombardare qualora fosse stata oltrepassata da parte di Al-Assad l’ipotetica “linea rossa”. In Libia l’attacco a gheddafi (si può chiamarlo “aggressione”?) fu lanciato dai francesi con l’appoggio americano senza consultare l’Italia che era tuttavia il Paese dell’Alleanza con maggiori interessi in loco.
Ankara, poi, persegue da tempo una propria politica estera totalmente autonoma che l’ha portata ad acquistare i missili russi S-400, utilizzabili, tra l’altro, contro gli F-35 della NATO. Pur essendo da moltissimi anni uno dei Paesi membri, la Turchia, è diventata anche “membro osservatore” dello SCO (Shanghai Cooperation Organization) fondato da Russia e Cina nel 2001 con intenti economici e militari. Lo scontro tra i turchi e gli europei si era già evidenziato in occasione dell’invasione turca della Siria, fatta con l’intento di occupare la zona a prevalenza curda e stabilire una larga testa di ponte in grado di condizionare il futuro della Siria e impadronirsi di una posizione strategica (in rivalità con iraniani, russi e sauditi).
Come non bastasse, si sono aggiunte anche la Libia e le perforazioni marine alla ricerca di idrocarburi nelle acque cipriote. Nel primo caso si vede la maggioranza dei Paesi membri affiancare il Governo di Tripoli mentre i francesi, assieme a russi, egiziani, sauditi ed emiratini sostengono Haftar.
Non c’è da stupirsi se il presidente francese Emmanuel Macron abbia definito, nel 2019, la NATO di oggi come “un peso morto in stato di morte cerebrale” (3). E non c’è nemmeno da stupirsi, vista la confusione generale, se gli americani abbiano deciso sanzioni contro tutte quelle società, tedesche e non, che collaborino alla stesura del gasdotto North Stream II, che doveva portare il gas russo direttamente in Germania senza passare né dalla Polonia né dall’Ucraina. E potrebbe far sorridere l’atteggiamento in merito che ebbe Trump, definendo l’Alleanza un “Relitto della guerra fredda” e oramai “obsoleta”. E, nel Montana, insistendo: “Spendiamo una fortuna negli armamenti e perdiamo 800 milioni negli scambi bilaterali (con l’Europa)”. E ancora: “Loro (gli europei) vogliono che li proteggiamo dalla Russia e poi danno ai russi miliardi di dollari, e noi siamo gli idioti che pagano tutto questo”.
I tedeschi, poi, si sa, hanno avuto un atteggiamento particolarmente ipocrita verso la Russia. Da un lato hanno continuato a fare affari anche in settori formalmente proibiti quali le ferrovie e le telecomunicazioni (vedi gli affari della Siemens) e, appunto, il gasdotto; dall’altro continuano a sostenere le sanzioni anti russe e hanno collaborato alla caduta del Governo (legittimamente eletto) di Yanukovich.
È pur vero che nessun Paese europeo sarebbe oggi in grado di difendersi da solo e, nonostante i ripetuti propositi, un vero coordinamento militare dell’Europa resta un miraggio. Ha dunque ragione Macron quando dice che bisogna pensare a una alternativa europea? Sicuramente sì, ma siamo così lontani dal riuscirci che il suo invito non è stato accolto ed è stato perfino criticato. Anche la sua proposta di dare vita a una Commissione della NATO, per pensare alle strategie comuni future, è stata rifiutata e si è invece accolta una versione tedesca molto più conciliante che, su tempi lunghi, mescolerà un po’ d’acqua per non arrivare a niente.
A questo punto, visto ciò che sta accadendo tra Russia e Ucraina, siamo stati convinti, che la NATO, a soddisfazione degli americani, possa ancora avere una sua ragione di esistere.
Ma la domanda che gli europei debbono porsi è comunque una sola: preferiscono essi rassegnarsi a una finta democrazia? A mantenere una Europa debole e divisa che continui a dipendere dalla Egemonia a stelle e strisce, che, in cambio di ideali, che fanno soprattutto comodo agli USA, mandi la nostra economia a rotoli? Oppure sono intenzionati a cominciare a trattare da partner autonomi e autosufficienti; col rischio che talvolta i loro interessi possano non coincidere con quelli della “democratica” Egemonia americana?
Io rispondo a queste domande con il pessimistico pensiero di Gramsci; secondo cui l’Egemonia, una volta installata non la si scardina più. L’unico modo per scardinarla è la Rivoluzione.
Ovviamente, poiché una rivoluzione degli europei contro gli USA è impensabile, il pensiero di Gramsci si rinnova, quindi, oggi, con un pessimismo che è doppio.
Riferimenti
- https://ilmanifesto.it/i-neo-nazisti-ucraini-addestrati-dagli-usa
- https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/03/04/ucraina-in-attesa-del-premio-nobel-per-la-pace-a-gene-sharp/900490/
- https://www.ilsole24ore.com/art/nato-stato-morte-cerebrale-ambizioni-macron-francia-e-ue-ACDUwQx
- O'Rourke, Lindsey A. (November 29, 2019). "The Strategic Logic of Covert Regime Change: US-Backed Regime Change Campaigns during the Cold War". Security Studies. 29: 92–127. doi:10.1080/09636412.2020.1693620. ISSN 0963-6412. S2CID 213588712.
- https://en.wikipedia.org/wiki/United_States_involvement_in_regime_change
- https://europa.today.it/fake-fact/perche-ucraina-no-paese-ue.html