Facebook, WhatsApp, pagamenti e futuro
Siete proprio convinti che WhatsApp e Facebook Messenger non si unificheranno? Io avrei qualche idea a sostegno del contario.
È notizia recente – raccontata dal quotidiano La Stampa e diversi altri – quella della possibilità, anche se non ancora confortata da verifiche, dell'ingresso di Facebook nel mondo dei servizi di pagamento veicolati da servizi di Instant Messaging, nel caso specifico da Facebook Messenger.
L'idea potrebbe essere quella di assumere un ruolo sempre più centrale nella vita dell'utenza ma, soprattutto, quella di creare uno scenario “one click” - che nel mondo touch diventa “one tap” – molto á la Amazon, per sfilare denaro da un sistema di pagamento elettronico con la massima facilità. La rivelazione arriva da uno studente dell'Università di Stanford, secondo cui Facebook avrebbe allo studio l'introduzione dei cosiddetti pagamenti P2P (Peer To Peer, cioè “da singolo a singolo”).
Non è dato sapere come lo studente sia entrato in possesso di quegli screenshot e, naturalmente, Facebook non ha commentato l'indiscrezione, dunque la “notizia” va presa con le pinze. L'unica cosa fattibile è ragionarci inquadrando la possibilità nello scenario attuale.
Facebook oggi dispone – nel concreto – di due realtà di Instant Messaging: il suo Messenger e WhatsApp, acquisito quest'anno dal social network per una cifra complessiva pari a 19 miliardi di dollari. Nella forma, WhatsApp non è cambiato: resta gratuito il primo anno, poi diventa a pagamento (79 €c l'anno). Nella sostanza è cambiato il fatto che WhatsApp dispone della copia delle rubriche telefoniche di tutta la propria utenza e ora, oltre a WhatsApp, per ovvii motivi ne dispone anche Facebook.
Messenger è invece gratuito. Rispetto a WhatsApp offre in più la conversazione telefonica svolta mediante connessione dati (Wi-Fi o 3G/4G che sia). La propria profittabilità è garantita dall'analisi sociale e, per quei casi in cui lo si volesse impiegare senza essere utenti di Facebook, anche dall'accesso indiscriminato alle rubriche e ai dati personali di chi lo impiega in quel modo, completo di identità e numero di cellulare. Nessuno dei due, al momento, è veicolo di somministrazione di annunci pubblicitari.
Parliamoci chiaro: se si esclude il servizio di conversazione vocale, di cui WhatsApp non dispone e Messenger invece si, i due servizi sono sostanzialmente coincidenti. Perché dovrebbero restare separati? Inoltre: WhatsApp ha bisogno di un sistema di pagamento e oggi impiega Google Wallet e Paypal. Avere un sistema di pagamento totalmente interno, senza ricorrere alla “concorrenza”, è una prospettiva allettante. Si potrebbe, dunque, cominciare col permettere di pagare WhatsApp dall'interno di Messenger, oltre a consentire a quest'ultimo l'invio (e la ricezione) di denaro verso/da altri.
Il passo successivo potrebbe essere una semplice “unificazione di ruoli”. Modificare, cioè, le due architetture in modo da risultare perfettamente compatibili e intercambiabili. Sarebbe facile anche giustificare la differenza: basta spostare la capacità di conversazione vocale su WhatsApp (visto che molti utenti dicono di attenderla con ansia) e presentare al pubblico un “nuovo” WhatsApp con – finalmente! – la conversazione vocale (restando App a pagamento) e un “nuovo” Messenger, “più snello e veloce”, gratuito, ma senza conversazione vocale. Naturalmente, entrambi in grado di interagire o meno con l'utenza Facebook. E magari proporre WhatsApp gratuito a chi è anche utente di Facebook, ma lasciarlo a pagamento per chi non si iscrive al social network.
In questo modo si otterrebbero diversi risultati. Primo: nuove leve operative di marketing, in grado di pilotare nuova utenza sul social network “pur di non pagare”; secondo: predisposizione di uno scenario che renda semplicemente inutile la presenza delle due diverse App agli occhi dell'utenza; terzo: il completamento della piena integrazione dei dati dell'utenza propri di Facebook e dei dati di WhatsApp; quarto: un sistema di pagamento che costringa l'utenza non solo a fornire dati reali, incluso numero di cellulare, ma anche “certificati” dall'impiego di uno strumento di pagamento.
Un simile baluardo di dati, in mano a Facebook, sarebbe un'autentica miniera d'oro per le computazioni rivolte alla profilazione pubblicitaria, nella quale entrerebbero in gioco anche le tendenze di spesa, la frequenza di impiego del sistema di pagamento, le cifre fatte circolare, i circuiti bancari impiegati, i destinatari e gli originatori dei pagamenti e via discorrendo.
Siete ancora convinti che WhatsApp e Facebook Messenger non si unificheranno? Io non molto. A mio avviso è solo questione di tempo.