Dilettanti e web.
Nell’arena spagnola, nella plaza de toros, ogni tanto dalle gradinate scende di corsa qualcuno del pubblico e va incontro al toro infuriato, prova a provocarlo, tenta di toreare, mentre è inseguito da inservienti e addetti che cercano di acchiapparlo per mandarlo via. Questo personaggio si chiama “spontaneo”, che vuol dire un protagonista assolutamente non previsto, non pagato, non facente parte del team della manifestazione, ma che si lancia nell’arena per partecipare spinto dalla passione, dalla voglia di esibirsi, dal piacere di confrontarsi, dal voler essere nell’evento, nella gara, nella sfida.
Lo spontaneo è in fondo la versione naturale di quello che è conosciuto e chiamiamo a livello internazionale il dilettante (gentleman, direbbero gli amici inglesi).
È così, soprattutto nello sport, dove si distingue coloro che lo praticano per danaro esclusivamente da quelli che lo fanno per passione e per trasporto (anche se oggi non è raro venire a sapere di turbolenze e inquinamenti intorno a questi concetti). Dal dilettantismo nasce il volontariato, sempre più diffuso, importante e indispensabile, cioè persone che si dedicano ad opere e servizi di pubblica utilità, solo per il piacere di aiutare, di collaborare a fin di bene.
Il dilettantismo è, quindi, una cosa socialmente e umanamente interessante e la sua diffusione è un fatto positivo senza alcun dubbio. Naturalmente il rischio è quello della esagerazione, dell’abuso della moda, delle idee che possono portare un sacco di gente a provare a fare cose che non sa fare, provocando spesso confusione quando non anche problemi.
Lo sviluppo della tecnologia e particolarmente del web, della rete e dei social network, ha ulteriormente contribuito a sviluppare questa rincorsa a cercare di fare cose da parte di tanta gente, cose mai fatte per cui non si è studiato e su cui non si è assolutamente preparati. Ed ecco, quindi, come un fenomeno sociale e culturale positivo che connota la nostra epoca può trasformarsi in un pericolo, in un boomerang capace di provocare una illusione di massa e di indicare un modo di essere nella società improprio e spericolato.
La rete per esempio spinge tanti a inventarsi strumenti di tipo giornalistico o pseudo culturale attraverso i blog o altre iniziative ad hoc. La rete è ogni giorno di più piena di gente che pensa di saper comunicare, di scrivere un racconto, di commentare la società, la politica, la bellezza, l’arte, il futuro. Ed anche di chi sa come viaggiare, sa tutto di vino e di cibo, di antiquariato, di tutto insomma. Così come di chi cerca di tutto pensando di trovare, illudendosi di risolvere un problema, una mancanza, una serata, una vacanza, un bisogno, in qualche caso anche la propria solitudine.
Il rischio è che si sta creando una società di dilettanti e una società di chi, attraverso uno strumento tecnologico destinato ad essere sempre più completo, sofisticato ed efficiente, pensa si possa costruire la propria vita, il proprio habitat. Di chi pensa di coltivare sentimenti ed emozioni con l’impiego minimo di risorse o perché non ne possiede o perché non sa usarle o perché ha paura di usarle o perché pensa che non si possa o debba fare altrimenti.
Il dilettantismo diffuso, esasperato, provoca superficialità, pressapochismo, ignoranza e volgarità nel senso più ampio, insieme a possibili conseguenti frustrazioni e violenze. Inoltre, ci porta verso una società più banale, meno sicura, incapace di andare oltre.
L’illusione della tecnologia, della rete è ancora più globale perché avvolge gli uomini in una nuvola che apparentemente protegge e che li porta verso il nulla, verso il vuoto e che la virtualità non può riempire.