Lettera aperta a Elserino Piol per Fumo di futuro.
Caro Elserino,
la tua nota pone interrogativi devastanti davanti ai quali ci si sente non solo indifesi, ma sprovvisti di qualunque mezzo per affrontarli.
Tu dici giustamente che l’innovazione ha sempre preceduto le regole, ed è vero, ma anche inevitabile, perché i due processi si svolgono su piani diversi.
La prima, l’innovazione, si sviluppa e si espande nel mondo, che come tale non appartiene a nessuno, e che è il regno della libertà teorica, le seconde, le regole, si definiscono nelle realtà dei singoli paesi, come tali particelle insignificanti negli equilibri globali, e per di più segnate da interessi e obiettivi contrastanti, incapaci strutturalmente di modificare il mondo.
Gli interessi poi orientano molte scelte decisive verso obiettivi globali, che, come dici tu, sono gli unici ormai a soddisfare i requisiti della affermazione e del successo, mentre i regolatori si devono limitare a interventi locali (divieti, limitazioni, esclusioni, etc.) che poco interagiscono con la governance dei processi globali.
Per essere coerenti occorrerebbe allora un governo globale, che non c’è e che non ci sarà mai.
Persino con l’epidemia dell’ebola, fatto un protocollo internazionale, ci sono stati comportamenti locali che hanno permesso di evaderlo.
E devo dire che non c’è neppure il luogo per discutere e decidere insieme semmai come realizzare anche solo un abbozzo di controllo globale.
Si pensi alla confusione e alla contraddizione già solo in Europa di regole facili da fare.
Per dire banalità, come sposarsi tra omosessuali: esiste non solo la possibilità di cambiare paese, ma oggi persino quella di cambiare comune nello stesso paese (anche a rischio annullamento). Sembra la fotografia della incapacità di controllare processi su scala allargata anche solo a un solo territorio.
E cosa un po’ meno banale, le diverse regole fiscali sparse nel mondo, che aprono possibilità enormi per chiunque operi su scala sovranazionale di orientare i flussi finanziari che dominano il mondo, cosa importante oggi e ancora più importante in futuro nello scenario che hai delineato.
E la tensione al così detto federalismo, cioè all’autoregolamentazione locale, sembra essere il contrario di quello che servirebbe per i processi sempre più globali. Una contraddizione, certo, ma significativa. E qualche TAR, per complicare ancora di più le cose, dà ragione a tesi e farmaci messi al bando da un’altra parte della magistratura stessa, oltre che dalla agenzia statale competente.
Allora che fare?
Penso che anche tu non creda a una autoregolazione individuale o di singola comunità. Di fronte a interessi così profondi scompare la possibilità di trovare equilibri per un bene collettivo. Persino per la cura della salute umana questo non avviene, con esiti talvolta disastrosi (vedi la politica delle grandi multinazionali dei farmaci).
Allora ci si rassegna a intervenire quando le cose ci sono già, come ad esempio è successo dopo anni di lotte furibonde per l’energia atomica e il controllo degli armamenti nucleari, ancora oggi parziale e soprattutto di parte.
E aumenta a dismisura il gap tra chi avverte dei pericoli che si stanno addensando e la capacità di reagire, anche solo reagendo correttamente all’entità dei fenomeni in analisi.
Così sta avvenendo per esempio per gli effetti sul clima e sul mondo della emissione di gas nocivi. Si sono persino ufficializzate organizzazioni che sostengono tesi opposte, alcune pilotate da interessi specifici, che costruiscono per i propri fini tesi contrastanti ammantandole di rigore scientifico. E finalmente si rischia di trovare un accordo, parziale e insufficiente, solo quando le regole di business dimostrano che è conveniente passare a energie alternative.
Fa comunque bene riflettere su questo futuro, apriamo la discussione e proviamo a cimentarci con le cose che troppo sovente non si configurano per come sono e soprattutto per come saranno sempre di più (con buona grazia della guerra sull’articolo 18). In fondo la storia ha dimostrato che qualche volta mettendosi insieme si riesce a fare cose insperate e che fanno bene.
Tu dici che non sei pessimista, del resto non lo sei mai stato, neppure io, ma purtroppo un po’ rassegnato forse sì.
GIORGIO PANATTONI