Il «Web di Facebook» avanza ancora. Troppo.
Con le sue ultime mire, Facebook vuole davvero «sostituirsi» al Web: vuole «essere» la Rete, dalla A alla Z. Riflessioni.
In questi ultimi tempi Facebook sta abbracciando diverse sfere della comunicazione, vuole andare ben oltre il concetto di social networking.
Dispone di un ventaglio di strumenti di comprovata efficacia. Per citarne solo alcuni: l'instant messaging (WhatsApp e Messenger), la comunicazione pubblicitaria (contenuti sponsorizzati in bacheca e feed notizie, oltre ai propri circuiti), i trasferimenti di denaro (una delle ultime novità di Messenger), giochi, foto, video, sviluppo applicazioni e molte altre novità, di cui alcune emerse all'ultima conferenza sviluppatori, che Facebook tiene periodicamente.
Come si era accennato proprio su queste pagine, anche le notizie stanno diventando un interesse centrale e negli ultimi tempi vi sono addirittura accordi con alcuni grandi editori, disposti a sacrificare parte del traffico sui loro siti pur di ottenere attenzione sui propri scritti, redatti e preparati specificamente per essere pubblicati solo su Facebook.
Con l'aiuto di un minimo di astrazione è possibile immaginare la configurazione futura a breve / medio termine assunta da una realtà come Facebook si appresta a divenire. Se tutto si svolgerà al suo interno – dalla produzione alla fruizione di notizie, accompagnata da opportuni messaggi pubblicitari (tutti elementi portatori di informazioni e, almeno potenzialmente, di conoscenza) alla fruizione dei relativi contenuti, si ricadrà in un problema che si è già presentato e si presenta con Google e con i motori di ricerca generalisti: la purezza e la libertà di informazione.
Non dimentichiamo che Facebook manipola le bacheche, determina la visibilità di certi contenuti e ne sancisce la rilevanza, facendo sì che determinati contenuti siano più visibili, altri meno; decide quale pubblicità debba esserci mostrata perché ritenuta di nostro possibile interesse; discrimina tra contenuti video e fotografici per evidenziare quelli con i quali presumibilmente interagiremo di più.
Riunendo tutto, Facebook – come a suo tempo si prospettava su queste pagine con il concetto di analogia tra Facebook e le convergenze parallele di Aldo Moro – disporrà di un surrogato del Web, interamente sotto il proprio controllo sia sotto il profilo dell'erogazione che della fruizione. Con l'aiuto delle enormi capacità di profilazione offerte dai sistemi operativi mobili degli smartphone, tale controllo si estende a ogni dettaglio di ogni frequentatore di questo surrogato.
Eccoci di nuovo di fronte alla tautologia: posso accertare la verità di un'informazione, la sua validità e la sua importanza servendomi di Facebook, quando l'informazione è originata, pubblicata e fruita attraverso Facebook? No, perché Facebook farebbe risultare senz'altro che è possibile. E l'informazione vera per definizione è priva di valore informativo. Come dire: «Giovanni cammina, oppure Giovanni sta fermo». Bisogna rifletterci e, soprattutto, esserne consapevoli.
Pensiamoci. Perché si sta riproponendo una versione ancor peggiore del modello tautologico di Google & C., i quali – almeno – non necessariamente sanno proprio tutto dell'internauta in cui si imbattono. Facebook no. Facebook sa tutto su chi lo usa. Se non proprio sempre, molto più spesso.