Dalla notazione polacca ai coderdojo.
L'Italia e gli italiani hanno un grande bisogno di alfabetizzazione, non solo digitale, bisogna ripartire dall'abc, dai fondamentali, includendo l'educazione civica.
Da ragazzo ricordo che quasi mi vergognavo di essere virtuoso ad esempio in matematica. Venivi visto come un secchione.
Da allora una decrescita culturale costante, alimentata da pupe e secchioni.
La cultura dominante ha per anni snobbato chi studiava, approfondiva, innovava e ricercava.
Una sorta di snobismo al contrario.
Ricordo però che ci fu un momento in cui capii che esisteva una leva mentale che poteva stimolarci ad invertire questa tendenza.
La programmazione dei computer.
Lo scoprii tra il 1977 e il 1980, all'I.T.I.S. Peano.
Da poco avevo istintivamente deciso, dopo il biennio comune, di scegliere informatica anziché elettronica, in virtù della maggior pulizia che ispirava vedere quelli più grandi di me in camice bianco davanti ai terminali, piuttosto che in tuta da meccanico e con il saldatore in mano.
Conobbi un professore di informatica che i primi giorni ci disse: deve scattare una molla nella vostra mente, dopodiché scoprirete il fascino della programmazione dei computer.
E fu così.
Fu così quando con l'Olivetti P101 scrissi un programma per calcolare la funzione sen(x) con gli sviluppi in serie.
Quando scrissi un analogo programma, sempre per la funzione sen(x), ma per far disegnare la funzione sen(x) col plotter collegato all'HP 9100 mi pare si chiamasse, era in pratica l'evoluzione del P101 Olivetti in salsa Hewlett Packard, macchine scientifiche per eccellenza di allora.
Ricordo le facce stupite dei miei docenti davanti al P101 e all’HP col plotter.
Ricordo il fascino della programmazione in notazione polacca inversa, che poi era la base per qualunque assembler simbolico.
Se avevi chiara la notazione polacca, potevi scrivere programmi in assembler per qualunque macchina, si trattava solo di tradurre il simbolico in linguaggio macchina.
Ricordo la faccia del docente di informatica esaminatore alla mia maturità nel 1980, stupito per la tesina dove descrivevo come avevo progettato e realizzato un interprete di Fortran, che traduceva col parsing da Fortran a notazione polacca inversa.
Tutte cose che hanno sempre tenuto alto in me il desiderio di astrazione matematica, sfociata poi in anni recenti nella pratica concettuale dei modelli entità relazione, basi solide per l’avvento delle ontologie informatiche.
L'informatica ha portato intellettualmente in alto il sottoscritto e tutta la quinta B informatica diplomata nel 1980, ancora oggi ci troviamo annualmente per la rimpatriata e ci raccontiamo le prodezze informatiche di allora.
Ecco perché credo che insegnare l'informatica ai bambini, tramite i coderdojo, sia la chiave di volta per elevare nuovamente la nostra società e riportarla agli antichi fasti intellettuali che hanno reso, e continuano a rendere, gli italiani geniali nel mondo.
I campioni digitali hanno il compito di tramandare la curiosità e l'interesse per tutto ciò che può far "scattare la molla" per migliorare ciascuno di noi, e quindi la società di cui siamo parte viva, in esemplari unici e irripetibili.