Roz Abellera (Contemporaneo - Florida) - The Network
Intorno alle telecomunicazioni: introduzione
di Gianni di Quattro
Le telecomunicazioni da anni dominano la scena del business e della politica internazionale perché rappresentano lo strumento per comunicare tra persone, aziende, enti e istituzioni, in altri termini con il mercato, con il mondo. E la comunicazione è la via per lo sviluppo, che nasce dal contatto tra le persone, le esperienze, i centri che producono ricerca, cultura, conoscenza e aiutano tutti a vivere meglio e di più.
Si è passati in questo settore da una situazione di monopolio, perché gli Stati consideravano strategici tali sistemi per motivi militari e di sicurezza, anche se questa forse non offriva, a detta dei tanti difensori del mondo liberale in quegli anni in grande auge soprattutto con la presidenza Reagan e con la sua schiera di economisti, agli utenti consumatori il miglior prezzo e il miglior servizio. Ma in compenso il monopolio aveva sviluppato molta ricerca diffusa e lo sviluppo di tante professionalità, successivamente rimpiante e forse non più coltivate in modo adeguato.
La liberalizzazione ha consentito ad altri soggetti economici, spesso finanziari prevalentemente e non solo industriali di entrare in questo settore, soprattutto sfruttando le risorse e le tecnologie degli operatori monopolistici, che, a loro volta, si sono trovati nella situazione di acquisire una cultura di mercato che evidentemente non avevano e che ha procurato loro alcuni anni di sbandamento aziendale per ritrovare il giusto equilibrio e ridefinire strategie e metodi.
In qualche caso, come quello italiano, purtroppo la liberalizzazione, propugnata da enti internazionali in nome di una politica di mercato favorevole ai consumatori grazie allo sviluppo di sistemi di concorrenza e dell’interesse dei produttori di apparati(diciamocelo), è stata concomitante con la privatizzazione delle compagnie (in alcuni casi come negli Stati Uniti addirittura spaccate per renderle meno potenti e concorrenziali con altri nuovi soggetti).
Nel nostro paese tale privatizzazione è stata affrettata, superficiale, ha subito diversi passaggi di proprietà un po’ per questa superficialità e un po’ per vicende politiche speculative, che sono state la causa della creazione di un forte indebitamento dell’operatore nazionale, nonché di uno sconvolgimento del suo management e delle sue strutture operative.
Da allora non sono passati molti anni (poco più di venti circa), ma è cambiato il mondo e sono cambiate le telecomunicazioni. Altri soggetti sono entrati, si è sviluppata la telefonia mobile, si è diffusa e consolidata internet, sono nati i social network, alcuni dei quali hanno raggiunto un numero strabiliante di utenti a dimostrazione dell’interesse verso la realtà virtuale, a sua volta conseguenza di una modifica profonda nella socialità e nel mondo di vivere delle persone sempre più uguale in tutto il mondo grazie appunto alle telecomunicazioni.
Ed ancora si è ampliato il dibattito sulle regole, sui valori e sui prezzi dei servizi con la creazione di enti sopranazionali incaricati di stabilire strategie e comportamenti. Un dibattito difficile nel quale le regole cercano di inseguire la tecnologia che tuttavia cammina più veloce e da questo dipende quasi sempre la inadeguatezza di come il mercato è controllato, seguito e formalmente gestito.
Soprattutto il mercato mondiale è cambiato per la creazione di grandi imprese multinazionali che monopolizzano di fatto tutto il mercato stesso, perché gli unici, con i loro profitti, in grado di investire ingenti somme per lo sviluppo tecnologico e per la diffusione di una cultura che piano piano cambia il mondo a partire dalle nuove generazioni. E questo è un altro aspetto di come le telecomunicazioni stanno diventando la chiave per capire il futuro.
Adesso i singoli paesi, e il nostro tra questi che purtroppo si trova in particolare ritardo, devono decidere le politiche e gli investimenti per creare, questa volta per davvero, le autostrade tecnologiche e cioè di telecomunicazioni, la banda larga per farle, i servizi non solo di base, la politica per offrirli da parte di tutti e per usufruirne, le regole, i comportamenti verso le grandi multinazionali che ormai sono vicine al monopolio mondiale del settore, malgrado la resistenza strenua e per certi versi lodevole di regimi preoccupati di perdere in prospettiva l’autonomia di essere e di partecipare nel mondo.
In altri termini questo momento è come una ripartenza per tutto il settore in condizioni più facili per certi versi e più difficili per altri perché molti giochi sono fatti. Ma mai come adesso si è capita l’importanza delle telecomunicazioni per fare business, per studiare e ricercare, per non sentirsi più soli come sta succedendo a fasce sempre più ampie di persone in qualsiasi parte del mondo.
Il momento importante di un fenomeno importante nel mezzo del cambiamento del mondo sotto tanti altri punti di vista. Non si può veramente pensare, prevedere, intuire il futuro senza capire come e con chi saremo collegati, se lo potremo fare, a che costo. E soprattutto quanta parte della popolazione mondiale rimarrà tagliata fuori da questa rivoluzione che trasforma il mondo in un paese.
Questa ultima espressione era stata adottata negli anni della liberalizzazione e privatizzazione da Beltel, che era una rivista per coloro che lavoravano nel settore e per quelli che volevano capirlo e che tuttavia rappresentava un sistema, perché, nello stesso tempo, riuniva con frequenza mensile la comunità per confrontarsi e interpretare, raccoglieva e distribuiva in altre forme informazioni, ipotesi e progetti. In altri termini per vari anni Beltel è stato il riferimento culturale e di marketing allo stesso tempo per tutta la comunità. Ma Beltel è stata quella che è stata per la partecipazione e la collaborazione dei più prestigiosi protagonisti del momento distribuiti nel mondo delle imprese, delle università, delle istituzioni, delle professioni.
Con Beltel come esperienza e con i suoi tanti protagonisti ancora nella mente e nel cuore, Nel Futuro, rivista on line indipendente e bella, intende tentare di tanto in tanto di riprodurre almeno qualcosa di quel lavoro e cioè la circolazione delle idee e delle opinioni.