Netflix, gioie e dolori.
Lanciato come servizio di streaming nel 2007, Netflix è oggi la tv online più diffusa al mondo, con 62 milioni di abbonati in 50 paesi, con 100 milioni di ore di show televisivi, serie tv, documentari. Il tutto via internet. E quindi godibili su smart TV, tablet, smartphone, PC e consolle per videogiochi. E sta per arrivare anche in Italia.
L’organico mondiale è di oltre 2000 dipendenti e il fatturato si aggira attorno ai 5,5 miliardi di dollari. E’ quotata al Nasdaq, dove entrò nel 2002 al prezzo di collocamento di 15 dollari. Lunedi 29 giugno ne valeva 645.
A ottobre il servizio arriverà in Italia. Sino a oggi il nostro Paese era rimasto fuori dal piano di espansione europea, per una serie di cause che vanno dall’alto tasso di pirateria alla scarsa diffusione del “broadband”, sino alla presenza di operatori già ben posizionati nel mercato della Pay-Tv (Sky e Mediaset Premium).
UN PO’ DI STORIA (di Netflix e del Video on Demand)
Netflix nasce all’epoca in cui l’home video era ancora essenzialmente dominato dal supporto Vhs e dalla Tv via cavo. Nel 1997 un gruppo di informatici fonda una azienda con l’idea di organizzare la distribuzione postale di supporti audiovisivi, dando così un’alternativa alle classiche attività di videonoleggio.
Blockbuster è in quegli anni in forte ascesa, ma con una struttura molto costosa .
Si sviluppa anche un’agguerrita concorrenza sul territorio USA, con altre catene di entertainment che offrono un assortimento competitivo rispetto a quello di Blockbuster, provando a essere aggressive sul prezzo .
Anche in Europa, le videoteche crescono negli Anni Novanta a grande velocità.
In Italia si sviluppa anche una produzione si concentra soprattutto nel Veneto, dove operano Videosystem e Riello Technoware), le due aziende più importanti e innovative.
In Nord America si sviluppano tiepidamente soluzioni che evitino il disagio di dover riportare il film in videoteca dopo averlo visionato. Non è un mistero infatti che gran parte della marginalità di Blockbuster è generata dalle penali legate alle riconsegne. Ma quello che è un volano per il fatturato col tempo si rivela un boomerang, perché abbassa sensibilmente la soddisfazione del cliente.
É in questa fase che nasce Netflix, grazie all’intuizione di Reed Hastings, ex docente di matematica e programmatore ; con l’idea di un servizio dove non esistano multe, e si paghi solo il reale consumo, con regole certe e un sistema di presa e consegna del prodotto demandato al gestore. Alla start-up lavorano trenta persone: sembrano poche, ma ancora oggi, 17 anni dopo, i dipendenti di Netflix sono meno del doppio.
Nel settembre 1999, viene introdotta quella che si rivelerà la carta vincente: una tariffa mensile, legata alla possibilità di effettuare un numero di noleggi illimitati. Il mercato Dvd in quel momento è in grande sviluppo.
Nel 2000 Blockbuster, comincia a guardare con interesse a Netflix, e tratta l’acquisizione. Hastings chiede però 50 milioni di dollari, che il gruppo di Dallas considera troppi.
E così, alla ricerca di nuova liquidità con cui crescere, Netflix mette sul mercato parte del proprio stock. É una fase estremamente delicata, con una serie di trimestrali tutte in perdita, interrotte nel 2003, quando arrivano i primi profitti.
Intanto la library ha raggiunto i 35mila titoli, anche grazie alla ormai completa offerta . Nel 2005 Netflix noleggia ormai un milione di pezzi al giorno.
BENEDETTA (E MALEDETTA) BANDA LARGA
La diffusione delle connessioni a Banda Larga nel frattempo sta però mettendo in difficoltà il mercato home video. La disponibilità on line di film e Tv show in violazione della normativa sul diritto d’autore diventa un fenomeno a crescita esponenziale.
Presto le catene di videoteche che offrono un servizio assistito da personale entrano in crisi (un altro elemento di fragilità è la metratura delle superfici di vendita).
Ma il 2007 è anche l’anno in cui Netflix affianca al servizio originario un’offerta di prodotto veicolato in streaming. Sembra soprattutto una soluzione studiata per arrivare dove le poste ci mettono troppo tempo. La pirateria in Rete però continua a espandersi e le strategie degli Studios hollywoodiani cominciano a guardare al noleggio del supporto fisico come a un business in declino e a ragionare su di un modello sostenibile di distribuzione digitale legale.
Grazie alla doppia offerta rental by mail/streaming, Netflix acquisce sempre più una posizione di forza: nel 2010 diventa il cliente a crescita più rapida del servizio postale Usa e nello stesso tempo è anche la voce di ricerca più ricorrente nel traffico Internet la sera.
La consapevolezza di dover tutelare anche il business del noleggio su supporto spinge Hastings a Washington: assieme ad altre realtà aziendali che vogliono ottenere una maggiore tutela della proprietà intellettuale, Netflix dà vita a un comitato d’azione politica denominato Flixpac. L’iniziativa non ha troppo successo: una forte attività di lobby in tal senso è già esercitata dalle major cinematografiche attraverso la Motion Picture Association of America. E l’essere identificata come una company nata nella Rete che si batte per una limitazione dei diritti degli utenti del web determina presto un’insofferenza verso Netflix da parte degli attivisti di diverse sigle libertarie, a partire da Anonymous, che invita i propri supporter a boicottare il servizio di SVOD.
Con l’obbiettivo di limitare soprattutto le spese, a partire da marzo 2011 Netflix decise di produrre contenuti in house, con i risultati che tutti conoscono: da HOUSE OF CARDS a ORANGE IS THE NEW BLACK, sino a LILYHAMMER e HEMLOCK GROVE.
I CONTI DI NETFLIX; NON TUTTE ROSE E FIORI !
Oggi la galassia Netflix consta di oltre 50 milioni di abbonati a livello globale, di cui 36 negli Stati Uniti.
Il terzo trimestre 2014 si è chiuso con un netto operativo di 59 milioni di dollari, equivalenti a una crescita anno su anno del 78%. I ricavi sono in crescita del 36%. E il parco utenti registra un incremento di ulteriori 3 milioni di unità, per una proiezione di complessivi 53 mln, un dato a cui mancano ancora i nuovi abbonati dei Paesi in cui la piattaforma è arrivata a cavallo tra settembre e ottobre. Il rental by mail tiene in maniera quasi miracolosa, con ancora oltre 6 milioni di utenti.
Ma, a dispetto delle apparenze, si tratta di un ecosistema sempre meno sostenibile. La reazione dei mercati finanziari a questi risultati è stata, infatti, pessima, con il titolo che ha registrato una flessione molto forte il a ottobre 2014 e ha stentato a riprendersi anche nelle giornate successive.
A preoccupare gli investitori è soprattutto il fatto che l’incremento di abbonati negli Usa nel trimestre di riferimento è stato di soli 980mila utenti, contro le previsioni che parlavano di 1 milione e 370mila nuove affiliazioni. Questo numero è spiegato con la crescita della concorrenza dei servizi di SVOD di Amazon Prime Instant e Hului, ma anche con l’affacciarsi di competitor inediti.
E poi Netflix sembra voler sfidare contemporaneamente più sistemi. Da un lato annuncia di voler programmare nel 2015 l’uscita di film day & date sala/on demand, scatenando l’ira degli esercenti cinematografici statunitensi, che si sono già detti disposti a smontare i titoli qualora Netflix non desista da una strategia che metterebbe a repentaglio l’esistenza delle strutture “theatrical”.
Dall’altro contrattualizza Adam Sandler per produrre una serie di titoli family in esclusiva per la propria piattaforma.
E come se non bastasse, chiede sempre più capacità di Banda per il proprio servizio di streaming, e visto che gli ISP statunitensi non sono in grado di fornirne, guarda con interesse alle architetture Peer To Peer, che potrebbero consentirle di superare l’imbuto della la Rete Usa, diventata troppo “stretta” per le sue esigenze.
NETFLIX IN EUROPA.
Nell’autunno di del 2014 Netflix ha fatto ingresso nei mercati di Germania, Francia, Svizzera, Austria, Belgio e Lussemburgo.
In Europa la strategia di penetrazione ha privilegiato i territori dove l’infrastruttura di Rete fosse più sviluppata e il tasso di pirateria sotto il livello di guardia. Paesi scandinavi dunque, e poi Olanda, Uk e Irlanda. Di contro, a oggi, nonostante disponga già di prodotto localizzato, Netflix non ha mostrato interesse per la Spagna, così come per Grecia, Portogallo e Balcani, mentre l’ingresso in Australia e Nuova Zelanda è dato per imminente.
Se è dunque vero che Netflix si espanderà sempre di più fuori dagli USA, essa è però anche chiamata a capire in fretta come può reggere la sfida di un mercato interno già in fase di saturazione dell’offerta, per non trovarsi in un futuro molto vicino a esser costretta a puntare quasi tutto sull’espansione all’estero, dove, diciamolo chiaramente, le opportunità di business non sembrerebbero così interessanti come negli USA.
Non dimentichiamo infatti che in Europa gli attori dello streaming sono chiamati, come già accade ai broadcaster televisivi, a finanziare le produzioni cinematografiche e a audiovisive locali.
Le politiche di Eccezione Culturale, introdotte in Francia con il Governo Hollande, hanno portato ad esempio a un lungo negoziato con Netflix. Il ministro della Cultura Aurelie Filippetti ha imposto ai manager californiani di lasciare sul terreno investimenti consistenti. E anche in Italia il lancio del servizio di SVOD dovrà essere oggetto di accordi con il Mibact, che intende imporre non solo quote obbligatorie di sovvenzione alle produzione, ma anche percentuali di programmazione blindata di prodotto locale.
Esiste insomma un mercato promettente, ma a condizioni molto più rigide di quelle a cui la piattaforma è abituata.
Ecco perché oggi all’occhio dei mercati Netflix non appare più “too big to fail”. Proprio come accadde a Blockbuster…
L’ITALIA PER NETFLIX
A ottobre Netflix, quindi, dovrebbe arrivare in Italia. La società avrebbe infatti avviato la ricerca di figure professionali che conoscono la nostra lingua, presumibilmente per “localizzare” la propria piattaforma web e i contenuti. La data esatta di inizio e il prezzo del servizio devono essere ancora annunciati, ma è molto probabile che le tariffe oscilleranno ai 7,99 euro al mese per il servizio base.
L’80 % dei programmi sarà americano, il 20% europeo o italiano. Dobbiamo però tener presente che la serie “House of Cards” verrà trasmessa da Sky Atlantic, cui Netflix ha ceduto i diritti; e che “Orange il the New Black” è stata presa da Mediaset Premium. Il catalogo è comunque molto vario, e comprende “Grace and Frankie”, “Bloodline”. La formula scelta per l’Italia è la stessa adottata in ogni parte del mondo: tutto entertaiment; ma niente sport, meteo, news. E niente pubblicità.
LA CONCORRENZA DELLE TV DOMESTICHE
L’ingresso di Netflix ha spinto gli operatori di casa nostra a darsi una mossa; Sky ha lanciato “Sky Online TV box”, che fornisce una “scatola” che si potrà collegare al proprio televisore o al wifi di casa. Mediaset ha lanciato “Infinity TV”, dalla quale si possono anche scaricare film per utilizzo offline.
Esiste poi “TIM Vision”, tv on-demand di Telecom (ex CUBOVISION) con circa 260.000 utenti. E teniamo presente che, a seguito dell’alleanza con Vivendi, il gruppo Telecom sembra offrire notevoli potenzialità.
Ricordiamo poi CHILI TV, una “mini-Netflix” nostrana, azienda spinoff di Fastweb; e “Google Play Film”.
E non dimentichiamoci di Rai, che è sempre stata incomprensibilmente timida in quanto ad “on-line”. A febbraio è stata presentata RAY, una piattaforma web studiata per un pubblico tra i 15 e i 30 anni.
LA VERA “CONCORRENZA”
Vediamo quali saranno gli ostacoli primari per il decollo di NETFLIX.
Innanzitutto la disponibilità di BANDA LARGA. Si dice che per vedere bene i programmi ci vogliano almeno 20 mbps. Il che sarebbe sicuramente un problema, visto che quella velocità è molto rara in Italia e che ciò è confermato dalle ultime relazioni AGCOM, dove appare che siamo agli ultimi posti in Europa per diffusione di banda larga e ultralarga. A mio parere, però, questo è un problema molto relativo, visto che con velocità molto inferiori si può fare download in tempi decenti, e vedersi i filmati in seguito. E comunque i programmi di Netflix, per ora, non richiedono collegamenti in tempo reale.
E’ “un servizio che si vede col PC”; quindi molti, soprattutto i più anziani, abituati a vedere la TV sul televisore, potrebbero essere riluttanti ad adottarlo. Come abbiamo detto, comunque, al servizio ,ovviamente, si può accedere bene con una, sempre più diffusa, Smart TV; oppure collegando il PC al televisore con l’interfaccia HDMI.
LA REGOLAMENTAZIONE. E’ un tema già visto, e coinvolge, come abbiamo visto, non solo AGCOM, ma anche il Ministero dei Beni Culturali. Possiamo stare sicuri che questo argomento non darà vita facile.
LA LOCALIZZAZIONE dei programmi. Gli Italiani, forse tra i pochi al mondo, sono abituati a vedere tutto in lingua italiana. Non per niente abbiamo le migliori organizzazioni di doppiaggio al mondo (2500 doppiatori). Il fatto che Netflix abbia 100 milioni di ore di programmi, per un italiano, può essere di importanza marginale se non sono doppiati. Può essere vero che Netflix abbia avuto molte offerte di prodotti originali italiani; ma, ovviamente, non si tratta di film di “caratura” internazionale; e teniamo presente che, della produzione internazionale, al momento solo circa il 20% è doppiato in italiano.
LA PIRATERIA. Questo è il vero concorrente: ormai il PtoP è molto avanzato, e anche la qualità sta migliorando. Tutte le azioni volte a fermarla e rallentarla si sono dimostrate poco efficaci. Ma è un concorrente che tutti i “broadcaster” hanno; anche se, pare, in Italia siamo tra i più avanzati a trarne vantaggio.
Fonti: “Gli Stati Generali”, “Panorama”.