Immagine realizzata con strumenti di Intelligenza Artificiale
I.A. e Salute, Agricoltura, Difesa e sicurezza
di Vincenzo Rampolla
Salute.
Sia a livello sanitario che di politiche assistenziali pubbliche, l’I.A. presenta opportunità, senza nascondere i rischi.
Innanzitutto, la capacità degli algoritmi di apprendere, compilare e verificare i dati può migliorare la qualità delle terapie e ridurne i costi. Come?
Attraverso un intervento sulla definizione delle diagnosi e sullo sviluppo di strategie terapeutiche imbevute nel profilo del paziente, del suo ambiente, del suo stile di vita: su misura. E l’intervento dell’I.A. consentirebbe il monitoraggio in tempo reale dello stato di salute delle persone grazie a una partecipazione attiva.
Ciò è possibile attraverso oggetti quantified self e applicazioni sanitarie sugli smartphone gestiti dal paziente e con inserimento di dati legati al suo ambiente (inquinamento, stress acustico, eccetera).
Questi dati permettono di stabilire un profilo preciso del paziente, le probabilità di sviluppo o progressione di patologie, un’assistenza ad personam e una efficace gestione del sistema sanitario.
In secondo luogo, dare risposta al grande quesito: può l’I.A. contribuire realmente a migliorare il ruolo dei medici? Sì.
Grazie alla quantità di dati che può elaborare e alla sua rapidità, l’I.A. può gestire molte operazioni in modo più efficiente di quanto non facciano i medici. E quale sarà nel futuro il ruolo dell’I.A. e del professionista sanitario?
L’I.A. è destinata a diventare un supporto al processo decisionale del medico: efficace nel rilevare i sintomi, stabilire diagnosi e sviluppare strategie di trattamento, in particolare grazie al monitoraggio in tempo reale.
La sua capacità di integrare le nuove conoscenze mediche acquisite nel tempo, la rende un'esperta in grado di superare l'impossibilità per il medico di aggiornarsi continuamente sui nuovi progressi della scienza. Il tutto, contribuendo alla tracciabilità delle decisioni nelle diverse fasi della diagnosi e della cura, grazie a un continuo monitoraggio.
Le analisi farmacologiche beneficeranno di una più rapida analisi degli effetti collaterali dei nuovi farmaci e l’intervento sarà più efficiente, grazie all’assistenza dei chirurghi robot; alcune professioni mediche saranno rivoluzionate dallo sviluppo dell’I.A.
Il campo dell’imaging medico (radiologia, dermatologia, ecc.) potrebbe essere disturbato da un eccessivo livello di automazione, ad esempio dalla precisione raggiunta dai sensori che analizzano segnali visivi impercettibili all’occhio. Le competenze umane e relazionali del medico (consiglio, empatia, ascolto, fiducia, conoscenza del paziente) saranno determinanti per l’integrazione dell’I.A.
In chiusura della panoramica, che ruolo può avere l’I.A. nel settore della ricerca?
È una risorsa fondamentale, in grado di incrociare rapidamente letteratura scientifica, risultati della ricerca, rapporti clinici e dati genetici dei pazienti, consentendo alla scienza di avanzare in modo più efficace.
Quando si tratta di disabilità, l’I.A. apre la possibilità di cambiare la vita a molte persone.
Alcuni casi: protesi in grado di interpretare i segnali inviati dai muscoli residui dell'utente potrebbero sostituire gli arti amputati; software descrittivi potrebbero semplificare la vita delle persone ipovedenti, descrivendo il contenuto delle immagini che catturano; esoscheletri robotici sarebbero in grado di restituire momenti di autonomia alle persone che soffrono di paralisi.
Quante possibilità? Infinite, teoricamente.
Attualmente le start-up hanno iniziato a sviluppare questo tipo di soluzioni. Ad esempio, una protesi della mano sviluppata da BrainRobotics (Usa) identifica le caratteristiche dei segnali muscolari del braccio del paziente e li trasmette attraverso un algoritmo di classificazione che produce e invia i diversi tipi di gesti e la loro intensità (pugno chiuso, indice alzato).
E le politiche pubbliche? Mirate e perfettamente integrate.
È il toccasana, la panacea. Più in generale, nonostante sia un’enorme sfida per la tutela della privacy, l’impiego dell’I.A. può consentire di attuare politiche pubbliche di prevenzione sanitaria propedeutiche, finalizzate e adeguate, di anticipare la ricerca di terapie, di costruire più efficienti strumenti gestionali per gestire al meglio stati di emergenza o epidemie.
Difesa e sicurezza.
Si prevede che l’I.A .contribuirà all’innovazione nelle operazioni militari, nella sicurezza interna e nella difesa informatica.
I robot sostituiranno i nostri soldati per trasformare in realtà il mito della guerra zero morti?
Oppure, lo sviluppo di robot assassini amplierà la portata della distruzione di cui sono capaci gli esseri umani?
Perché no?
I robot killer più formidabili non saranno alla fine dei virus sofisticati, capaci di apprendere e di far fallire le principali infrastrutture degli Stati?
Come possiamo supervisionare le onde delle ostilità e le regole che dovrebbero governarle verso campi di guerra virtuali?
Sul terreno, l’I.A. contribuirà all’instaurazione di combattimenti coordinati, collegando unità e risorse di trincea, a rendere i sistemi di combattimento (logistica e manutenzione) più efficienti e coerenti, ad addestrare le truppe attraverso simulazioni sul campo.
Esposte a molta violenza, le truppe corrono imponderabili rischi che potrebbero essere limitati attraverso l’I.A. Di fronte alla violenza psicologica (traumi e violenza sul campo…) e fisica (missioni di ricognizione, mappatura in zone nemiche, sminamento…), l’I.A. e i robot potrebbero sostituire i soldati nello svolgimento di tali compiti, proteggendoli in parte, allontanandoli dalla minaccia.
I Lethal Autonomous Weapon Systems (LAWS) sono una rivoluzione pericolosa?
Definiti dal relatore speciale dell’Onu come sistemi d’arma robotici che, una volta attivati, possono selezionare e attaccare obiettivi senza ulteriore intervento da parte di un operatore umano. L’elemento da notare è che il robot sceglie autonomamente di mirare a un particolare bersaglio e di usare una forza letale.
Per comprenderne appieno questa realtà, è necessario sottolineare l'esistenza di una scala di autonomia nelle diverse tecnologie utilizzate.
Alcuni hanno solo un’autonomia parziale e richiedono l’intervento umano (droni da combattimento, sistemi a pilotaggio remoto, sistemi di difesa antimissile, siluri…).
Altri trarrebbero vantaggio dall'autonomia totale. Perché il LAWS è molto dibattuto e fa paura? Perché priverebbe l’uomo dell’uso esclusivo della forza letale.
Invece di un’I.A. che aiuta nelle decisioni e nell’esecuzione, perché non un’I.A. che prenda decisioni senza l’intervento umano e che nascerebbe sul campo di battaglia?
Fatto salvo il diritto internazionale umanitario e il diritto dei conflitti armati, la capacità di giudizio di questi sistemi solleva ovvi interrogativi: sul campo, la percezione dell'obiettivo porterà a un processo decisionale quasi immediato in seguito all'identificazione della prassi di impegno rilevante.
Ma sui campi di battaglia bisogna prendere decisioni rapide e complesse: valutare la proporzionalità di un attacco, differenziare un soldato intruso da un civile... E le regole del diritto internazionale umanitario non sono state progettate per essere inserite in un algoritmo?
Non richiedono l’interpretazione nel contesto?
Senza questa capacità di giudizio umano, il LAWS perde l’affidabilità e può essere causa di evidenti danni. D’altro canto, lo scoppio di guerre sarebbe facilitato se le truppe fossero sostituite da robot.
Sono le popolazioni civili che rischiano di essere le prime vittime di questa moltiplicazione dei conflitti: Tuttavia, quella che si sta svolgendo sulla scena oggi è una corsa globale agli armamenti robotici (Amnesty). È cronaca quotidiana.
Un importante timore legato ai LAWS è la loro crescita sul mercato nero. La loro produzione non richiede materiali di base di difficile reperimento e i componenti potrebbero essere trasformati per fini occulti in armi da individui competenti di I.A. Dove va a finire la sicurezza informatica? Sicurezza o insicurezza?
E la moltiplicazione esponenziale di nuove armi comandate a distanza?
In un mondo interconnesso ove molte questioni dipendono dai dati o dal corretto funzionamento dei dispositivi dematerializzati, il rischio di fronte a un attacco virtuale è elevato. Difesa e sicurezza informatica offrono opportunità per rilevare, respingere e rispondere ad attacchi sempre più complessi e difficili da identificare per gli analisti.
I dati a disposizione dei Ministeri (immagini satellitari, video, segnali elettromagnetici, sistemi di combattimento, intelligence, sicurezza informatica, robotica, dati di manutenzione…) rappresentano un mezzo per fornire a proposito algoritmi e l’I.A.
Manca un dettaglio: un aumento di queste capacità, che ingigantisce il rischio di vigilanza della massa e di limitazione delle libertà pubbliche, già rilevanti nella sicurezza.
Agricoltura.
Nutrire l’umanità, preservare l’ambiente, garantire cibo sano, adatto e sostenibile, quante sfide investono direttamente l’agricoltura e i suoi sviluppi futuri?
Il settore, altamente automatizzato con lo sviluppo del commercio internazionale, è proiettato verso sorprendenti sviluppi. In termini di impatto dell’I.A,
Un recente rapporto evidenzia il miglioramento del bilancio energetico e la riduzione dell'uso di componenti chimici capace di consentire attraverso un migliore monitoraggio delle rese, degli allevamenti e delle epidemie, basato sui dati provenienti da piante, macchine agricole, appezzamenti, meteo, agricoltori.
Ciò comporta l’ottimizzazione della produzione agricola utilizzando nuovi strumenti tecnologici. Integrando l’intera catena del valore (produzione, trasformazione, distribuzione), l’utilizzo di dati provenienti da tutti i settori non può che contribuire a migliorare la vita quotidiana di produttori e consumatori, stabilizzando prezzi di produzione e di vendita e facilita la certificazione e una tracciabilità completa dei prodotti.
Qual è il fine?
Un’I.A. per la smania di connettere l’intera catena del valore? Per osteggiare i grandi produttori di attrezzature o per dare ossigeno ai piccoli agricoltori?
La necessità, come in altri ambiti, ruota attorno alla raccolta dati. Lo sviluppo di sensori autonomi su scala europea può contribuire a contrastare il monopolio messo in piedi dai produttori di apparecchiature e, una volta per tutte, definire gli standard.
Non è il sogno di tutti i coltivatori, mezzadri e contadini, vedere la luce di un’agricoltura connessa nel processo di raccolta e adottare le nuove tecnologie?
In questo scenario, le competenze tecniche e gli investimenti pongono la questione della sopravvivenza dei piccoli agricoltori, sia in Europa che in altre regioni del mondo.
Ma questa tecnologia, non potrebbe mutarsi in un nuovo fattore capace di ampliare le disuguaglianze e aggravare la precarietà di molti addetti? Sì.
E allora? Severamente vietato scantonare il problema, con la trovata di volere ottimizzare la catena del valore.