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L’industria 4.0: il problema delle competenze
di Simone Fubini
Il piano del Governo Industry 4.0 con le agevolazioni per gli investimenti in automazione potrebbe istituire con l’ammodernamento del sistema manifatturiero italiano una importante opportunità di sviluppo dell’occupazione, soprattutto giovanile, quindi non solo per posizioni di vertice ad alta competenza tecnologica, ma per coprire molte posizioni intermedie richiedenti tecnici specializzati nelle tecnologie digitali, in progettazione, nella fabbrica, nella logistica, nel marketing e nella vendita, oltreché capaci di adattarsi alle nuove strutture organizzative, alla gestione dei big data, alla competizione e internazionalizzazione.
Già oggi talune statistiche indicano che le industrie manifatturiere in Italia hanno difficoltà a reperire personale qualificato per 200.000 posizioni.
Nasce quindi la necessità che in parallelo al piano Industry 4.0 il Governo dovrebbe avviare un piano di trasformazione del sistema educativo del Paese e dei suoi programmi di istruzione professionale per adeguarlo alle competenze richieste dalle imprese.
Tale piano guidato dal Governo dovrà coordinare la partecipazione attiva dei Ministri implicati, le industrie, i sindacati, le Università, le amministrazioni territoriali, le fondazioni (ITS), gli istituti professionali pubblici e privati, prevedendo anche funding e collaborazioni a livello europeo.
Analizzando dati sulle esperienze internazionali emergono dati impressionanti ed una articolazione di approcci che però in ogni caso comportano la centralità del problema della formazione del personale alle nuove tecnologie.
Una recente analisi dell’OECD afferma che la rivoluzione digitale potrà forse mettere a rischio il 10% degli attuali posti di lavoro (non solo nell’industria) ma muterà le competenze professionali richieste al 30% dei posti di lavoro.
In Germania, dove il modello scuola lavoro esteso a tutto il paese, e la diffusione degli istituti di trasferimento tecnologico (Fraunhofer) si è dimostrato adeguato nel ridurre la disoccupazione, si prevede che nei prossimi anni vi sarà un saldo positivo nel mercato del lavoro, con la creazione di 960.000 nuove posizioni verso l’eliminazione di 610.000.
Interessante è analizzare il caso degli Stati Uniti. Deloitte in un suo studio afferma che da oggi al 2025 l’industria manifatturiera USA richiederà 3,5 milioni di persone con specifiche capacità tecnologiche digitali. Secondo questo studio però 2 milioni di persone dovranno essere reperite fuori dagli Stati Uniti per incapacità delle High School e dei College di fornire una preparazione professionale adatta. Pertanto, le industrie americane che già da tempo, constatano che anche negli USA vi è una frattura tra il sistema di insegnamento e le industrie, hanno avviato iniziative opportune per finanziare e organizzare scuole professionali specialistiche. Ad esempio un programma avviato da IBM nel 2011 insieme a altre 300 imprese industriali, finanzia 60 scuole professionali in sei stati con percorsi professionali di sei anni e sta estendendo il programma a livello internazionale.
Analoghi progetti che vedono collegate industrie, scuole e amministrazioni pubbliche sono stati avviati ad esempio in UK, Australia e altri paesi, cui partecipano grandi gruppi come Siemens, General Electric, Procter & Gamble, Microsoft e Google a livello internazionale.
La stessa amministrazione Trump sta cercando di riattivare il cosiddetto Perkins Act che ha lo scopo di fornire 1 miliardo di $ di fondi federali per iniziative di formazione professionale per generare personale con le competenze necessarie.