An artist’s rendering that shows the different components of a fully assembled nuclear electric propulsion system. NASA/Tim Marvel
L’uomo su Marte, a cavallo della propulsione nucleare
di Vincenzo Rampolla
Al vaglio dell’Agenzia Spaziale Americana, sta prendendo sempre più piede l’RTG (Radioisotope Thermoelectric Generator). Ben collaudata su sottomarini, incrociatori, aerei e trasporti militari, è una tecnologia basata su un generatore di energia elettrica prodotta da batterie nucleari. Una fonte radioattiva del generatore si riscalda durante il decadimento naturale del radioisotopo plutonio 238 (vita nucleare 88 anni circa); l’altra fonte, più fredda, sfrutta la differenza di temperatura e grazie a un convertitore termoelettrico la trasforma in elettricità (effetto scoperto da A.Volta nel 1787). Di bassa potenza, pochi Kw, si usa in assenza di energia solare per alimentare veicoli spaziali in lunghi viaggi, 50 anni senza ricaricare la batteria della sonda (Voyager 2, sonda Cassini). Semplice, no?
Quanto potrebbe durare un’andata e ritorno su Marte? Non è un viaggio per cardiopatici. Non parlo di giorni, settimane o mesi. Molte le variabili in gioco. Quelle critiche sono: distanza fra Terra e pianeta - parametro in continua variazione -, sistema di propulsione, tipo di veicolo ideato e realizzato per volare e atterrare sul suolo del pianeta, equipaggio. Per dare un’idea, nel 2022 la Nasa ha pubblicato un rapporto con diverse simulazioni che tenessero conto di queste e altre variabili, per capire come ognuna potesse influire singolarmente sul progetto. Ne sono state esaminate 27, su una distanza di 55-400 Mkm, media 250 Mkm, viaggi di 850 - 1250 giorni terrestri comprensivi della durata effettiva del tragitto, più il tempo per la discesa al suolo, la sosta e l’organizzazione del ritorno dell’equipaggio. Con la tecnologia RTG una missione umana su Marte sarebbe pensabile per un tempo complessivo di 2 anni (più o meno 730 giorni).
La possibilità che la NASA sta esplorando è la propulsione elettrica nucleare, impiegata da un reattore nucleare per produrre l’elettricità che carica positivamente i propellenti gassosi, li accelera elettricamente e fornisce la spinta al veicolo spaziale. Chiaro? No. Chiarisco e semplifico il tutto.
I ricercatori del Langley Research Center della NASA a Hampton, Virginia, stanno studiando il sistema MARVL (Modular Assembled Radiators for Nuclear Electric Propulsion Vehicles) che potrebbe portare la propulsione elettrica nucleare a uno stadio tecnologico adeguato e definitivo. Il rebus non sta nella capacità di produrre energia, ma nella dimensione richiesta dall’impianto, durante le fasi del viaggio: partenza, arrivo, sosta e ritorno.
Il MARVL sfrutta il suo sistema di dissipazione del calore, elemento particolare della propulsione elettrica nucleare e lo divide in piccoli radiatori modulari assemblati autonomamente da un robot. Come? E dove? Nello spazio. L’immagine dà una visione artistica di come potrebbe apparire il mosaico con le tessere completamente assemblate.
E così, eliminiamo il tentativo lungo e estremamente complesso di suddividere, ripiegare, comprimere e adattare l'intero sistema nell’ogiva del razzo, dice Amanda Stark, ingegnere specialista di “trasferimento di calore” presso il Langley Center e ricercatrice capo del MARVL. Ciò consentirebbe inoltre di snellire il design e ottimizzarlo definitivamente. Snellire è la chiave. Le fasi precedenti richiedevano di adattare l'intero sistema di radiatori elettrici nucleari sotto una carenatura del razzo (cono anteriore), che contiene già e protegge il suo carico utile. La vera sfida per l’ottimizzazione del sistema di gestione termica di propulsione, viene dalle dimensioni. Completamente dispiegato, la superficie aperta con i radiatori per la dissipazione del calore avrebbe dimensione pari a un campo da calcio (minima 90x45m) e ripiegare precisamente un sistema così esteso all’interno dell’ogiva di un razzo sarebbe un’ardua impresa. Senza senso. La tecnologia MARVL offre la soluzione inviando nello spazio il sistema smontato e ricomponendolo poi, sempre nello spazio, con dei robot che collegherebbero esattamente i pannelli del radiatore del sistema di propulsione elettrica nucleare. Per il raffreddamento del nucleo non si usa acqua, per il basso punto di ebollizione, ma un refrigerante metallico liquido (sodio-potassio), che rimuove il calore più rapidamente e ha densità di potenza ben superiore. Il radiatore è protetto da uno schermo in grafite.
È la prima volta che si pensa di costruire roboticamente un sistema di propulsione nucleare direttamente nello spazio, senza contare rischi e limiti connessi alla nuova tecnica di propulsione, mai testata prima sotto vuoto. Si tratta di una sfida ingegneristica su cui gli esperti di assemblaggio nello spazio del Langley Center lavorano da decenni. La tecnologia MARVL potrebbe segnare il punto miliare di partenza. Invece di essere un elemento in più aggiunto al sistema esistente, l’assemblaggio nello spazio sarebbe una miglioria e inciderebbe sulla qualità della progettazione.
I veicoli esistenti non hanno mai preso in considerazione l'assemblaggio nello spazio durante il processo di progettazione, quindi questo veicolo viene effettivamente costruito nello spazio.
Come si fa? Che aspetto avrebbe? Penso che influenzerà il nostro modo di progettare quando parliamo di propulsione nucleare, afferma Julia Cline, supervisore del progetto e guida dello sviluppo del piano di gestazione tecnologica della propulsione elettrica nucleare, dagli albori di MARVL.
Piano del progetto. La composizione del team e il piano del progetto sono affidati a Space Nuclear Propulsion, Agenzia presso il Marshall Space Flight Center di Huntsville, Alabama. La direzione della missione di tecnologia spaziale della NASA ha affidato il progetto all'Early Career Initiative, dando al team 2 anni per far progredire l’idea. Un partner esterno, Boyd Lancaster, Inc., si associa a Stark e ai compagni di squadra lavorando per sviluppare il sistema di gestione termica. Nel team poi intervengono ingegneri progettisti dei radiatori del Glenn Research Center della NASA a Cleveland e ingegneri dei fluidi del Kennedy Space Center NASA in Florida. Tra due anni, il team conta di concludere il progetto MARVL con una dimostrazione in scala sulla Terra. L'idea di costruire nello spazio un MARVL con dei robot stimola fortemente la creatività e motiva l’impegno dei ricercatori.
Un ulteriore contributo alla progettazione di MARVL viene dal progetto Space Nuclear Propulsion dell'Agenzia. Nuove tecnologie sono in gestazione per ricerche intorno alla Luna, per esplorazioni intorno alla Terra, per missioni scientifiche nello spazio profondo e per l’esplorazione umana, basate tutte sulla propulsione elettrica nucleare e su quella termica nucleare. Meglio di così…
Nel frattempo anche la startup cinese Betavolt ha sviluppato una batteria nucleare BV100 in grado di produrre energia fino a 50 anni, senza la necessità di essere ricaricata. La fonte di energia utilizza un isotopo radioattivo nichel-63. È estremamente compatta, più piccola di una moneta, misura 15 x 15 x 5 mm e genera 100 µW di potenza. È prevista sui prossimi cellulari. Detto e fatto…
(consultazione: nasa, tim marvel; julia cline supervisor langley center; boyd lancaster inc.; amanda stark;)