Aggiornato al 28/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Kume Bryant (Contemporary, Tucson, Arizona) - Artificial Intelligence - 2013

 

Schizofrenica Dicotomia

di Davide Torrielli

 

In questi giorni ho potuto apprezzare veramente diversi contributi di giovani e meno nel commentare come la nostra società potrà attutire i cambiamenti epocali cui andiamo incontro nel recepire l’onda d’urto delle innovazioni tecnologiche spinte e l’ingresso di Mr. IA nelle nostre vite di tutti i giorni.

È stato scientemente introdotto l’argomento della politica, prevalentemente italiana e di come questa potrebbe reagire o non, di fronte all’albeggiare di una nuova era digitale. Mentre leggevo ammirato i diversi contributi dei nostri scrittori, per l’ennesima volta immagini di profughi affamati sul piccolo schermo che per quanto falso, manipolato, rivisto e teleguidato, pone in ogni caso la questione di una parte del mondo che ha fame, ha soprattutto tanta sete e non ha accesso né a cibo e tantomeno ad acqua.

Difficile pensare come un circolo virtuoso instillato da economie digitali possa in qualche modo arrangiare lo sgangherato rapporto con chi ha fame, tanta fame e vede in noi la tavola apparecchiata.

Sia che si tratti di tv, vecchia e manovrata, che di Youtube, mi pare dura contestare che in questo momento una larga parte del mondo preme su di un’altra, decisamente più piccola, dove noi panzuti dibattiamo stesi con grappoli di uva fresca in mano, rigorosamente fatta arrivare via aerea dal Cile o dalla California, con enorme spreco di risorse.

La produzione mondiale poi di componenti per il nostro benessere viene prevalentemente svolta da poveracci affamati, seduti per terra a respirare vapori di sostanze le peggio della Terra, che montano schede fatte di materie prime fatte scavare da altri poveracci, i negri, in miniere disgraziate del centro africa grazie ad accordi internazionali di noi evoluti, con pochi, grassi e ricchi dittatori.

Ecco come la questione da risolvere sia critica, una schizofrenica dicotomia tra chi come noi si chiede come fare per agganciare quelli che faranno fatica a stare al passo delle innovazioni e chi non riesce ad immaginare cosa voglia dire mangiare due volte al giorno.

Per zittire un poco la coscienza potremmo tentare di immaginare una trade-union basata su tecnologie evolute al servizio della produzione mondiale di cibo e potabilizzazione delle acque ma ci crediamo davvero? Possiamo astenerci ciecamente dal tenere in conto quanto contino i guadagni a dispetto dal vedere evolvere i nostri fratellini affamati? Francamente io non ci credo e penso che le innovazioni avanzino solo nella direzione di autostrade dorate e non sulle vie parallele sterrate ed impervie dei poveri.

Lo sforzo che mi pungola è quello del vedere inquadrata la moltitudine dei giovani cosiddetti evoluti che si deve coniugare con enormi masse disgraziate avendo come catalizzatore l’evolvere dell’intelligenza artificiale.

Dura, occorre alambiccarsi a dovere le meningi per vederci chiaro in una strategia mondiale di coniugazione di queste due lame della forbice, che per quanto vediamo, sia in tv che su YT trasmette la stessa inadeguatezza degli uomini nel non aver saputo evolvere sinergicamente.

Siamo colpevoli di fiumi di relitti, metallici, plastici, e umani, dal Ghana all’Eritrea, dal Pacifico alle lande desolate della Patagonia.

Montagne di rifiuti cui nessuno bada nella colpevole consapevole inconsapevolezza che si tratti di questioni, come le chiamavano gli americani, collaterali, parallele ed ineluttabili.

Ora, correttamente i paesi in via di sviluppo, che è meglio chiamare con il loro nome, sottosviluppati, reclamano la tolleranza nel poter evolvere inquinando, di poter schiavizzare i propri poveri e di metterli al soldo di chi paga il loro sviluppo mentre noi “occidentali” dibattiamo di intelligenze superiori e di come far pagare le tasse ad Amazon, ed il bello è che neanche ci riusciamo, imbecilli che siamo.

Un futuro dicotomico forse ci aspetta, dove le nostre schede fatte di pregiati materiali, nonostante tutto, sempre pregiati, estratti materiali congolesi, prodotti con energia che continua a non essere affatto pulita, muoveranno i nostri marchingegni che in gran parte saranno destinati a migliorare il Nostro benessere e non quello dei musi gialli del centro della Cina, dei cangaroos australiani, dei negri africani, dei nostri reietti al limitare delle nostre inquinate megalopoli dove auto radiocomandate sfrecciano mosse da sistemi automatici sempre più evoluti per consegnare in fretta il telefonino di ultima generazione ordinato 4 ore prima su di una piattaforma vietnamita.

Volo pindarico su di una catastrofe dove è fondamentale riportare la parola uomo al centro di tutto, dove occorre tornare nel nostro futuro a chiamare le cose per il loro nome, ricco invece di benestante, disgraziato, anziché in attesa di occupazione, cieco e non non vedente, che fa ridere, cancro e non il male del secolo, negro e non di colore così come noi siamo bianchi perché le razze esistono senza vergogna, come sancisce anche l’articolo tre della nostra Immensa Costituzione che usa la parola razza senza ipocrisia.

Dobbiamo essere forti, intelligenti e scaltri nel chiudere la forbice della schizofrenica dicotomia prima che diventi dicotomia schizofrenica e non ci slami senza pietà; l’uomo deve guardare in faccia se stesso abbandonando le finte ipocrisie di accoglienze impossibili, di piani di sviluppo fatti e rifatti decine di volte. A mio modesto modo di vedere forse, il rimettere al centro i problemi quelli veri servirebbe a dare una corretta ed efficace collocazione anche ai tanti dubbi che emergono su di un uso consapevole degli strumenti tecnologici che stiamo mettendo a punto a danno tremendo di una larga fetta del mondo che soccombe ai piedi di chi cerca di configurare l’ultima versione di IOS e non vede cosa capita per terra, in quanto troppo intento a mettere a punto il proprio nuovo giocattolino.

Il nostro futuro è fatto di ripartenza avendo in mano nuovi e potenti strumenti, che dobbiamo usare per il nostro benessere e dei nostri figli ma che passa necessariamente per strategie di riduzione, se non annullamento, della nostra impronta ambientale, di evoluzione intelligente fatta di applicazione cosciente delle nostre intelligenze, verso una produzione riciclata, senza uso di risorse che non abbiamo, di energia che non c’è più, di forza lavoro ignorante, povera, contrita e denutrita al collasso.

Se insistiamo nel far passare come innovazione immense dighe come quelle appena terminate dalla nostra Impregilo in Africa Orientale che certamente darà un po’ di corrente a Sudan e Kenia ma ha tagliato definitivamente l’acqua al fiume della valle dell’Omo, là dove l’uomo nacque e dove oggi muore. Milioni di persone oggi non possono più coltivare grazie a “modeste variazioni di usi e costumi delle popolazioni locali che altresì ben accoglieranno i nuovi ed indiscussi risvolti occupazionali dell’opera”, come afferma chi ha promosso l’immensa opera, forse la più grande mai realizzata che determinerà quindi il più tremendo flusso migratorio verso nord. Invece di pensare a come far evolvere le popolazioni locali, ammesso che qualcuno lo stia facendo, credo possa essere intelligente pensare a come non togliere quel poco che c’è e che a loro è sempre bastato.

Energia elettrica tramite grandi elettrodotti che andrà ulteriormente ad inquinare immense distese di fabbriche per soddisfare i nostri bisogni di materiali e tecnologia.

Dopo il made in Japan degli anni 80, quello China più recente che ormai sta lasciando il passo al Vietnam ed India come Pakistan e Bangladesh; all’orizzonte il Made in Nigeria o qualcosa del genere.

La nostra intelligenza artificiale deve essere prima di tutto intelligente, considerato che dietro c’è sempre un uomo e deve essere messa al servizio prima di tutto dei grandi problemi della Terra e degli uomini specialmente i più svantaggiati consentendogli di poter progredire o anche, perché no, di poterlo NON fare consapevolmente perché la normalità è un pregio, il voler rimanere come si è deve poter essere una scelta e la felicità delle persone non deve necessariamente passare attraverso il dover cambiare lo smart phone ogni 12 mesi come siamo costretti ormai a fare per gettare il nostro sulle rive di un lurido fiume ghanese.

Con questo, che i giovani illuminati possano contemporaneamente far evolvere incredibili sistemi tecnologici tenendo sempre i loro piedi, fatti di carne ed ossa, ben ancorati per terra.

Ardua impresa, risolvere la schizofrenica dicotomia.

Nessuna invidia verso chi deve gestire con intelligenze artificiali, una orrenda eredità.

 

Inserito il:15/02/2018 10:59:57
Ultimo aggiornamento:15/02/2018 11:06:55
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