Giacomo Balla (1871 - 1958) - Mercurio passa davanti al sole - 1914
La trasformazione digitale: un’occasione per il Paese
di Simone Fubini
Nell’economia mondiale gli effetti della rivoluzione tecnologica, soprattutto relativamente ai fenomeni indotti: disoccupazione, disuguaglianza e povertà sono molto incerti e possono divergere tra il breve e il lungo termine, in quanto le conseguenze possono riequilibrarsi soltanto con il tempo. Occorre quindi che i governi gestiscano con attenzione i periodi di assestamento.
Su questi tre fenomeni per il momento pesano prevalenti cause esogene alla tecnologia quali la globalizzazione con la concorrenza delle nazioni emergenti, la recente crisi economico-finanziaria, l’immigrazione, l’andamento della demografia, ecc.
Conseguentemente la situazione è molto diversa tra i paesi industrializzati e le nazioni emergenti, favorite nettamente dalla globalizzazione in termini di occupazione e riduzione della povertà.
Significativo a questo riguardo è il caso dell’industria dell’auto, la più automatizzata tra i settori industriali, che a livello mondiale ha accresciuto significativamente l’occupazione pur avendola ridotta nei paesi industrializzati, anche se oggi è alle soglie di una drammatica rivoluzione con l’introduzione dei modelli elettronici.
La rivoluzione tecnologica in generale aumenta il valore aggiunto nei prodotti e nei servizi riducendo i costi e aumentando l’adattabilità alle esigenze del mercato. Quindi tendenzialmente aumenta la produttività e quindi la ricchezza della società, il problema è come la si distribuisce per evitare soprattutto eccessi di disuguaglianza, o come la si investa per creare nuova occupazione.
L’attuale aumento della disuguaglianza può essere creato da un eccesso di investimenti nel capitale piuttosto che nel lavoro, e nella riduzione alla partecipazione al lavoro per fattori demografici.
Le forze che riducono l’ineguaglianza sono: la concorrenza (meno profitti), la buona istruzione per tutti, la politica fiscale e redistributiva, anche lo stesso cambiamento tecnologico che mette a disposizione nuove categorie di consumo a tutti, e permette con le risorse generate l’avvio di imprese e servizi innovativi.
Anche se le previsioni indicano che quasi tutti i mestieri produttivi e di servizio attuali possono essere sostituiti dall’automazione, non vi sono statistiche sui nuovi mestieri e servizi che si stanno sviluppando proprio basandosi sulle nuove tecnologie, ad esempio le stesse industrie che producono robot e software per l’automazione. Inoltre la rivoluzione digitale comporta la gestione di sistemi sempre più complessi, non solo nell’industria, ma per il controllo delle infrastrutture pubbliche e private, le reti di telecomunicazione ed energia, l’ambiente, la casa, i sistemi sanitari, la wellness, i sistemi di sicurezza fisica e digitale, i sistemi educativi per creare le nuove competenze.
Nascono quindi nuovi settori industriali e di servizio (si veda la moltiplicazione delle piattaforme di servizio sul web), ed i settori tradizionali richiederanno competenze più complesse e tecnologiche favorendo la crescita di figure professionali tipiche di una classe media.
Il problema fondamentale sarà sempre formare le competenze per le nuove esigenze di lavoro con il compito non facile di ridistribuire la ricchezza maggiore che si è creata con l’aumento della produttività indotta dall’automazione; il tema sociale fondamentale non sarà far fronte alla scarsità ma come ridistribuire la ricchezza crescente.
L’aumento della povertà e della disuguaglianza in Italia non è certo causata dallo sviluppo dell’economia digitale, ma dalle conseguenze della crisi economica drammatica soprattutto nel mezzogiorno, e dalla situazione debitoria del Paese che impedisce investimenti significativi e rende necessario l’elevato cuneo fiscale che spinge verso il basso gli stipendi effettivi, anche di personale qualificato, impedendo ogni dinamica sociale con l’impoverimento progressivo delle classi medie.
Se consideriamo l’economia italiana, mi pare che non abbia nulla da temere dallo sviluppo dell’automazione e della digitalizzazione, ma anzi occorrerà accelerarne l’introduzione nell’industria e nei servizi con i corretti investimenti per aumentare la produttività del Paese e cercare di ridurne il debito.
L’industria italiana è infatti concentrata nei cosiddetti settori quattro A: Automazione, Arredamento, Abbigliamento e Alimentare, settori che ovviamente sono quelli in cui l’occupazione in prospettiva sarà meno colpita dall’automazione in quanto sempre più richiede personale creativo capace di sostenere produzioni alte di gamma, personalizzate e di grande pregio come prestazioni e bellezza: quindi non solo web master, data analyst, product manager esperti di marketing, tecnologi sofisticati, esperti sia in meccanica che nel software di gestione di robot e degli ecosistemi globali delle industrie di oggi, ma architetti, designer, stilisti, media expert, imprenditori agricoli per produzioni selezionate.
Anche il turismo, che va sempre più sostenuto e professionalizzato, richiederà sempre più professionisti di valore nell’accoglienza, chef, esperti di storia ed arte e nelle attività di wellness e sportive.
In sostanza sono tutti mestieri che richiedono fattori umani difficilmente automatizzabili: creatività, capacità di giudizio, problem solving, intuizione, adattabilità, persuasione, capacità di lavorare in team, empatia e social interaction.
D’altro lato la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione non potrà che essere benefica in termini di riduzione dei costi e miglioramento dei servizi.
In conclusione, l’attuale politica del Governo di investire nella digitalizzazione dell’industria, del turismo e della Pubblica Amministrazione non potrà che essere strategica per la ripresa del Paese, soprattutto se il sistema educativo sarà messo in grado di fornire le nuove competenze.
Conseguentemente l’aumento della produttività nell’industria, dovuta alla trasformazione tecnologica e alla riduzione del peso fiscale per la riduzione dei costi della Pubblica Amministrazione, potrà infatti fornire risorse aggiuntive per investimenti e consumi, favorendo la crescita economica e quindi l’occupazione, la riduzione della povertà e un riequilibrio delle disuguaglianze, riattivando una positiva dinamica sociale.