Lo Scudo di Achille visto da Chat GPT 4o
L’ecfrasi: Achille, Efesto e l’Intelligenza Artificiale
di Achille De Tommaso
Lo Scudo di Achille è parte di uno dei fatti più celebri dell’Iliade di Omero: è parte della forgiatura di una nuova armatura fatta per Achille, su richiesta di sua madre, la ninfa Teti. Efesto, dio scalcagnato, figura marginalizzata per via della sua deformità fisica, è il divino fabbro che crea uno scudo di straordinaria bellezza, decorato con scene della vita umana e cosmica.
Che Omero descrive con grande dettaglio:
“E per primo forgiò lo scudo grande e possente, lo adornò con cerchi di bronzo lucente, e nel mezzo pose cinque cerchi intrecciati, su cui incise con l’arte divina molte immagini. Vi scolpì la terra e il cielo e il mare infinito, il sole che mai si spegne e la luna piena, e vi pose le costellazioni che ornano il cielo: le Pleiadi, le Iadi, la forza di Orione e l’Orsa, che alcuni chiamano il Carro, che ruota immobile scrutando Orione, l’unica che mai si immerge nel mare profondo.
Su di esso incise due città di uomini mortali: in una si celebrava un banchetto nuziale, con fiaccole splendenti illuminate le case, mentre cori di giovani danzavano in cerchio al suono di cetre e flauti armoniosi….
Infine, sull’ultimo cerchio, il dio del fuoco pose l’immagine del vasto Oceano che circondava tutto lo scudo, come un anello eterno d’acque increspate.”
Lo Scudo di Achille (Iliade, XVIII, vv. 478-608)
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Nelle profondità della memoria umana, dove il mito incontra la tecnologia, si erge quindi uno scudo. Non un semplice disco di metallo, ma un'opera divina che racchiude in sé l'intero universo conosciuto. Lo scudo di Achille, forgiato dalle mani sapienti di Efesto, dio del fuoco e dell'ingegno, non era solo un'arma di difesa, ma, un’Ecfrasi, un tentativo di Omero di raccontare e catturare la complessità del mondo in un singolo artefatto.
Se l’Iliade fosse stata scritta oggi, però, Omero non avrebbe disturbato Efesto con la sua fucina infuocata e le mani callose. No, avrebbe semplicemente lanciato una richiesta a un’Intelligenza Artificiale Generativa: "Crea uno scudo epico, decorato con battaglie leggendarie, divinità in CGI e un tocco di estetica greca". Addestrata su milioni di immagini di guerre, miti e paesaggi dell’Egeo, l’IA avrebbe forgiato il tutto… Forse Achille avrebbe dovuto aspettare qualche aggiornamento software prima di scendere in battaglia; ma avrebbe avuto un capolavoro, come quello dell’immagine.
Chiarisco: lo scudo non solo era di un metallo intelligente, capace di prevedere i colpi prima che venissero sferrati, ma era costruito al fine di assorbire la storia e la memoria in un guscio impenetrabile.
Ma fino a che punto, oggi, uno scudo del genere, capace di vedere e memorizzare ogni cosa, potrebbe davvero offrire protezione a chi lo utilizza? E quando, invece, questa memoria lo trasformerebbe in una gabbia? Allo stesso modo, faccio un esempio, la memoria storica della Seconda Guerra Mondiale ci serve indubbiamente da monito, aiutandoci a riconoscere e prevenire gli errori del passato. Ma diventa anche un vincolo, intrappolandoci in ideologie difficili a morire, con rigidità interpretative che ostacolano nuove prospettive e il superamento di vecchi conflitti. La storia ci protegge o ci incatena?
L’Hardware è Divino, ma il Software, purtroppo, è Umano
Lo scudo del Pelide, forgiato dal dio del fuoco, per Omero è molto più di un’arma: è un dispositivo fatto per il lettore dell’Iliade; un dispositivo di conoscenza, un archivio visivo della civiltà greca, una simulazione dell’universo racchiusa in un disco di metallo, con poteri divini. Vi sono rappresentate città in pace e in guerra, campi coltivati, danze e tribunali, come se Efesto avesse dovuto racchiudere l’intera esperienza umana dentro una protezione perfetta.
Osserviamolo da un’altra prospettiva: questo non è forse un grande database di storia? Un oggetto che raccoglie immagini della realtà, come farebbe oggi un sistema di computer vision. Un modello predittivo della società greca, con le sue leggi, i suoi conflitti, i suoi amori e i suoi dolori, non diversamente da un’IA che analizza pattern storici per prevedere il futuro. Una narrazione visiva, esattamente come gli algoritmi che trasformano dati in immagini, idee in rappresentazioni grafiche.
Se oggi un’intelligenza artificiale può generare mondi digitali, Efesto lo ha fatto con il suo martello: ma chi è oggi il vero creatore, l’artigiano o l’algoritmo? Noi, utilizzatori di IA, dobbiamo ancora capirlo bene, ma di sicuro, nell’Iliade il vero creatore è Omero. Che, mettendo la storia della vita umana dentro uno scudo, vuole farci capire che l’animo umano è fatto, inesorabilmente, per la guerra.
Efesto è quindi solo un dio fabbro immaginato da Omero: ci appare come un demiurgo, un artigiano, o un ingegnere, un progettista di sistemi avanzati. Non è un caso che abbia creato automi d’oro, ancelle artificiali in grado di assisterlo nella fucina, proprio come oggi le IA assistono gli esseri umani nella produzione industriale.
«Due ancelle si affrettavano a sostenerlo, fatte d'oro, simili a giovani vive, dotate di mente e di voce e di forza, e ammaestrate nelle opere degli dèi immortali.» (Iliade, XVIII, 417-420)
Se fosse esistito nel XXI secolo, lo avremmo trovato alla guida di un laboratorio di robotica, intento a progettare materiali intelligenti e sistemi di protezione avanzati. Per inciso, l’idea di esseri artificiali costruiti da Efesto ha colpito molto gli studiosi, perché rappresenta una delle prime concezioni di automi intelligenti nella letteratura occidentale. Questo concetto anticipa di millenni il sogno dell’uomo di creare macchine autonome e senzienti, qualcosa che oggi troviamo nella robotica e nell’intelligenza artificiale.
Ma il vero genio di Omero sta nell’aver capito che lo scudo non deve proteggere solo il corpo, ma è importante che protegga anche l’anima; e la memoria con essa.
Vengo al punto: oggi, con le nostre IA capaci di raccogliere e archiviare immense quantità di dati, non stiamo forse illudendoci di forgiare il nostro stesso scudo di Achille? Uno scudo che ci offre una visione ampia del mondo, che ci guida tra le sue complessità, ma che, attenzione, al tempo stesso limita la nostra libertà di azione.
Proprio come uno scudo in battaglia: protegge dai colpi del nemico, ma appesantisce il guerriero, ne rallenta i movimenti, lo costringe a combattere con una sola mano, riduce il suo campo visivo e minaccia il suo equilibrio. La sicurezza che offre ha un prezzo: la perdita di agilità, di spontaneità, forse persino di iniziativa. Così, nell’illusione di una conoscenza totale, non rischiamo di diventare prigionieri del nostro stesso strumento?
L’Ecfrasi e l’Algoritmo: Un Racconto in Codice
L’écfrasi, la tecnica con cui Omero descrive lo scudo, è un precursore di ciò che oggi chiameremmo modelli di generazione visiva.
C’è però un dettaglio inquietante: lo scudo di Achille lo protegge, ma non lo salva; e questa è la morale che dobbiamo trarre. Quando Achille muore, lo scudo non è servito a nulla. Lo stesso rischio esiste con l’Intelligenza Artificiale: pensiamo che possa proteggerci da ogni minaccia, che possa anticipare problemi, prevenire crisi, garantire la sicurezza assoluta. Ma che accadrebbe quando la protezione diventasse controllo?
Fermiamoci un attimo: oggi viviamo immersi in sistemi di sorveglianza intelligente, proprio come se fossimo sotto uno scudo digitale onnisciente. Gli algoritmi prevedono i nostri comportamenti, registrano le nostre abitudini, esattamente come lo scudo di Achille racchiudeva la vita e la guerra dentro un disco di metallo. Se un giorno dovessimo dipendere completamente dall’IA per la nostra sicurezza, le nostre decisioni e la nostra memoria, non diventeremmo forse prigionieri dello scudo che abbiamo creato? Efesto ha costruito lo scudo di Achille come una protezione assoluta, ma Omero ci dice che la tecnologia, per quanto avanzata, non può alterare il destino di decisioni sbagliate.
Forse l’Intelligenza Artificiale è il nostro scudo, e forse sarà anche il nostro limite. Come il cerchio perfetto forgiato dal dio del fuoco, promette di mostrarci tutto il mondo, rapidamente, ma a quale prezzo?
E quindi, mentre ci crogioliamo nei prodigi tecnologici in cui siamo immersi, non dovremmo chiederci, in questa danza tra umano e artificiale, chi è davvero il protettore e chi il protetto? Siamo noi a controllare i nostri scudi digitali affinché ci proteggano, o sono loro che, silenziosamente, impercettibilmente, hanno iniziato a controllare noi? Non sentiamo infatti dire, sempre più spesso: “questa cosa non si può fare, perché il computer non lo permette”? E questo controllo non è certo nato con l’IA.
Forse la vera sfida del nostro tempo non è tanto creare scudi sempre più potenti, ma comprendere quando lo scudo diventa una gabbia. Quando la protezione si trasforma in dipendenza. Quando, nel tentativo di difenderci da ogni possibile minaccia, rischiamo di perdere proprio quella libertà che cercavamo di proteggere. Diventiamo incapaci a reagire, inerti, o anche solo lenti e instabili; come il combattente che indossa lo scudo.
Quando non esisteva la tecnologia nessuna singola persona poteva pensare di essere in grado di bloccare una intera umanità. Oggi, una sola persona, un hacker, può paralizzare città, nazioni. Tutto.
E così, nell'era dell'intelligenza artificiale, la domanda finale non è più solo "Chi protegge chi?", ma "Quanto della nostra umanità siamo disposti a sacrificare sull'altare della disponibilità immediata della conoscenza?".
In altre parole: questa conoscenza è senza costi?
La risposta, come sempre, non risiede nella tecnologia, ma nelle scelte che facciamo mentre la creiamo e mentre la utilizziamo. Sarà uno scudo che ci difende o una gabbia che ci confina?
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(* ) Come alcuni sanno l’ecfrasi è una descrizione letteraria dettagliata e vivida di un'opera d'arte visiva, come un dipinto, una scultura o un'architettura. Il termine deriva dal greco "ekphrásis" (ἐκφρασις), che significa "descrizione esplicativa". Nell’ambito della retorica e della letteratura, l’ecfrasi non si limita a una mera rappresentazione oggettiva dell’opera, ma spesso la interpreta, la arricchisce con elementi narrativi o simbolici e ne esalta il valore estetico ed emotivo.