Gerardo Dottori (1884-1977) - Aerei, lago, nuvole - 1932
Il drone poliziotto di quartiere?
di Fabrizio Cugia di Sant’Orsola
Di tutti gli arnesi bulimicamente scodellati dall’homo technologicus, il drone rappresenta forse l’unico condannato ad una forma di peccato originario, ad una sorta di giudizio perennemente oscillante tra l’accettazione pur sempre condizionata e l’abolizione senza appello.
La stessa regolazione di settore non assiste molto nell’inquadramento, incerta se collocarli tra i Mezzi Aerei a Pilotaggio Remoto (APR; come ampollosamente il Regolamento ENAC nostrano ancora chiama i droni), o continuare a considerarli semplici orpelli domestici destinati a scomparire.
E’ possibile però che lo sdoganamento concettuale dei droni passi ora per il loro possibile futuro ruolo di ausiliari nel raggiungimento di obiettivi di sostenibilità diffusa, per primi tracciati dal Protocollo di Kyoto. Entro il 2050 il 70% della popolazione mondiale vivrà dentro le aree urbane, ed appare sempre più chiaro che - stante la futura densità abitativa ed il tipo di tematiche connesse all’accentramento antropico - i droni potranno costituire uno strumento insostituibile nei settori cruciali quali la viabilità, l’uso intelligente di risorse e la sicurezza urbana.
L’assistenza di droni nel corso dei recenti terremoti in Italia, in particolare nelle azioni preventive di monitoraggio del territorio e nelle valutazioni di staticità di edifici e nell’ausilio alle operazioni d’emergenza e di salvataggio, testimoniano in maniera piuttosto chiara il loro possibile ruolo economico, sicuro ed estremamente mirato nel consentire interventi tempestivi e chirurgici.
I droni possono anche rivestire funzioni fondamentali di raccordo ed ausilio nelle operazioni di sicurezza in funzione preventiva o dissuasiva, come appendici di rilevamento azionate a livello centrale o periferico da organi di vigilanza, di controllo o di polizia. I “droni-agenti” possono già rivestire ruoli ausiliari alle forze dell’ordine potendo esser dotati anche di telecamere, lacrimogeni, proiettili di gomma, messi sfollagente, ecc., e quindi possono operare già di fatto nel quadro delle prerogative amministrative riconosciute agli agenti.
Il problema in punto di diritto è fino a che punto l’intervento di tali macchine potrà ritenersi legittimo e non lesivo dei diritti soggettivi ed individuali dei cittadini. Le funzionalità tecniche e di software dei droni non possono che progredire, d’altronde, e mentre oggi i droni non possono che eseguire funzioni direttamente radiocomandate dagli agenti, non è difficile immaginare un prossimo futuro nel quale le funzioni decisorie potranno far parte delle stesse dotazioni dei software interni, di modo che i droni saranno posti in condizione di asseverare, discernere, riconoscere ed agire in risposta a determinate circostanze ambientali rilevate (es. assembramenti e situazioni di pericolo, le cui variabili sono costanti e conosciute da tempo).
Tema che pone non pochi problemi in merito alla legittimità dell’azione di controllo o vigilanza così esercitata. Mentre può assumersi un interesse generale in funzione preventiva in situazioni di pericolo oggettivo anche potenziale – Amatrice docet - , meno legittimo parrebbe l’esercizio di azioni predeterminate in caso di procedimenti diretti nei confronti di singoli individui, potenzialmente lesive di libertà fondamentali del singolo (libertà, salute, ecc.). Certamente sembrerebbe da escludersi, allo stesso modo, una facoltà diretta della macchina di potersi procacciare prove o evidenze in assenza di specifica autorizzazione, com’è nel quadro equiparabile all’uso di intercettazioni ambientali o sequestri non autorizzati, salvo voler considerare i droni un appendice “remotizzata” delle forze dell’ordine incaricate di indagini.
Cosa piuttosto pericolosa, naturalmente. I droni addetti alla sicurezza urbana dovrebbero quindi agire dual mode, presumibilmente, a seconda del tipo di funzione di ausilio esercitata (pericoli o salvataggi collettivi rispetto ad azioni mirate nei confronti di individui).
Tutto ciò è naturalmente ancora in fieri nel quadro regolatorio. Nella bozza di primo regolamento del 22 agosto 2016, l'Agenzia europea per la sicurezza aerea (EASA) pone alcuni temi vagamente riconducibili al tema, lanciando una consultazione sull’uso di droni e relativi prototipi e stabilendo le norme generali di regolazione per il funzionamento dei velivoli senza pilota nel quadro dei requisiti tecnici e delle procedure amministrative obbligatorie per la progettazione, produzione e relativa manutenzione.
La bozza identifica anche le regole uniformi per la registrazione ed identificazione elettronica dei mezzi, classificandone funzioni ed usi. Oltre a proporre una centralizzazione delle condizioni per il rilascio di autorizzazioni all’uso, la bozza fissa anche dei principi cardine in merito all’uso di accessori sui droni, aprendo la strada al possibile riconoscimento di condizioni di privilegi o diritti specifici associati all’uso degli APR.
Come primo tentativo di dare un contegno regolamentare un po’ più attuale al fenomeno dei droni, non v’è dubbio che la bozza costituisce un buon punto di partenza. Per l’“amico poliziotto” c’è, invece, da aspettare ancora.