Victoria Predko (Winchester, Hampshire, UK - ) - Telecommunications
Quando avremo modo di usufruire della banda ultralarga e del 5G …
di Giuseppe Carnemolla
Sono ormai due anni che in Italia gli operatori parlano di 5G e di banda ultralarga, anche se alla fine solo due operatori sembrano avere le idee chiare su cosa serve per realizzarle.
Entrambi sono consapevoli della sfida che li porterà a collaborare per risolvere i maggiori problemi, tra cui i limiti di esposizione a campi elettromagnetici pari a 6 v/m (volt/metro); una soglia nettamente inferiore a quelle accettate in molti paesi europei, dove le soglie limite sono comprese tra i 20 e i 60 v/m.
Questo forte vincolo ha rallentato di fatto le installazioni di nuove stazioni radio “SRB”, causando la saturazione delle stesse, non riuscendo in alcune aree densamente popolate da impianti, ad attivarne di nuovi, con la conseguenza reale di non poter di fatto espandere le proprie coperture 3G e ottimizzare quelle 4G; avendo già in passato saturato l’impatto elettromagnetico su quelle aree strategiche che dovevano consentire non l’aumento di copertura ma migliorare la fruibilità della stessa rete 2G e 3G, di conseguenza oggi è difficile puntare sul 5G in aree complesse dove l’aver condiviso gli impianti tra operatori, ha portato a scelte difficili su come ridimensionare le coperture, il tutto senza danneggiare gli utenti.
Un altro problema è scaturito a causa dei permessi per potere realizzare gli interventi in determinate aree, come quelle protette da vincoli sia in ambito extra urbano che urbano, ad esempio quello paesaggistico o quello della sovrintendenza, basti pensare ai parchi o a quegli edifici storici o alle chiese, dove bisogna attendere oltre 90 giorni per avere risposte dai varie enti; altre difficoltà si sono riscontrate in determinati Comuni che indipendentemente dalla corrente politica, hanno fatto ostruzionismo. Fortunatamente le normative finiscono per dare ragione agli operatori che così riescono a fare le installazioni di antenne nonostante i comitati cittadini cerchino di bloccare i cantieri.
Gli assessori e i sindaci chiaramente inseguono i propri interessi perché la collocazione di impianti in aree di proprietà comunali produce un guadagno per le loro casse e quindi se nessuno si lamenta “tutto è lecito”, altrimenti si innescano inutili meccanismi di controversie che non portano a nulla, visto che l’impianto dovrà comunque essere realizzato perché la rete “deve crescere”.
Un’altra problematica è stata la scelta del Vendor al quale affidare la sfida dello sviluppo delle reti in Italia.
Quanto detto ha portato ad un rallentamento della crescita del 4G che ancora oggi non è completato su tutto il territorio nazionale ma potremmo azzardatamente dire che si avvicina fino ai cluster C, e a tal proposito veniamo ai problemi che invece devono affrontare grandi committenti ed esperti OTT che stanno di fatto lottando contro il tempo per realizzare una opera faraonica la ultrabandalarga o qualcosa che gli si avvicini e dove a solo guardare i listini di opera si fa fatica a credere che qualcosa cambi sul serio e che si possa accelerare alla apertura dei cantieri che permettano di scavare con meno disagi possibili e che poi si possa completare l’infrastruttura in tempo per camminare vicini al 5G che intanto rimarrà fermo con le 4frecce...
Anche se i principali operatori telefonici si sono suddivisi il mercato della RETE OTT e che ancora dopo mesi di trattative e di chiacchiere political-correct mi viene il dubbio se di fatto hanno realmente capito che cosa significhi unire le forze!!!
Inoltre un altro elemento che ha contribuito negativamente è stato quello di non dare importanza alla capacità nel sapere gestire le fasi di questo progetto che tecnologicamente ad oggi non ha eguali nel panorama industriale italiano. Non è facile scavare e posare fibra.
Certamente il 5G è migliore ma la domanda è “a cosa serve tutta questa velocità?”. Rende la vita difficile a chi è abituato al mondo meno caro del 3G/4G, che però non è ancora in grado di dare le velocità “ dichiarate”in aree urbane e tanto meno non sarà mai in grado di farlo in aree extra urbane; per esempio in piccoli paesini sotto i 20.000 abitanti dove sarà sempre un calvario per il semplice motivo che la rete non è dimensionata per le reali necessità (a conti fatti costa troppo dimensionarla bene nelle città e non si riesce nei paesini, perché costa troppo il trasporto dati che avviene in varie tecnologie trasmissive):
- trasmissione via radio (tratte coperte da ponti radio con capacità di trasporto SDH)
- trasmissione su portante cablata di tipo ottico, parliamo di fibra ottica
- trasmissione su portante cablata di tipo elettrico, parliamo di cavo in rame
Si cerca di puntare al trasporto dati convergendo verso il full-IP su fibra ottica o su ponte radio, cercando di ottimizzare i costi valutando bene se muoversi verso una direzione piuttosto che l’altra; questo nelle città che hanno un bacino di utenza superiore ai 30.000 abitanti, mentre rischiano di essere escluse realtà inferiori.
Tutto questo ha consentito che in 2 soli anni si venisse a creare una parità tecnologica tra i due colossi TIM e Openfiber, mentre wind3 è rimasta indietro tranne che nelle principali città come Milano e Roma dove ha puntato sull’LTE.
VODAFONE sembra camminare per la sua strada almeno per il 4.5G.
Concludo queste mie considerazioni parlando di un altro concetto, il “digital divide”, cioè portare la rete dati nei famosi cluster C/D, cioè in special modo nei paesini di poche anime, dove l’età media è di 75 anni. È un inutile spreco di risorse e di denaro che potrebbe essere ovviato con altre tecnologie più economiche ma comunque valide (es. Eolo, Linkem, Skylogic, ecc.)
Queste tecnologie sono comunque in grado di portare la banda larga nelle aree che soffrono maggiormente della mancanza di infrastrutture. (30mbps e anche oltre dipende dalla volontà)….
Allora chi vuole realmente questa RETE... Tutti nella forma e nessuno nella sostanza.
Viste le offerte economiche e la copertura attuale si individuano aree non servite e si pensa al 5G.
I vari TELCO sono incerti persino sul tipo di frequenze da utilizzare: se LTE1800 o LTE800 (costato caro in Italia ai danni delle emittenti TV locali tagliandogli i canali UHF dal 60 al 69 e innescando una crisi del settore televisivo) nelle aree che presentano un’orografia complessa e risultano difficoltose da coprire sia sul piano progettuale che economico.
La tecnologia 4G, in particolare la banda a 800Mhz, è stata utile per le zone non coperte ma i costi sono stati notevolissimi e forse irrecuperabili. Insomma il futuro del 5G non è poi così roseo come qualcuno sta dicendo visto che ancora dopo cinque anni non siamo stati in grado di sviluppare bene il 4G.
Intanto in Italia i normali utenti si affidano ancora ai sistemi 3G e 4G rimbalzando da un operatore all’altro e scegliendo l’offerta migliore proposta in quel momento, ottimisti di una rete UMTS che permetta loro di navigare.
Sembra improprio parlare di sviluppo della rete nel nostro paese.