Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Kume Bryant (Contemporary, Tucson, Arizona) – Artificial Intelligence -2013

 

Siamo pronti per l’intelligenza artificiale?

di Gianni Di Quattro

 

Allora la tecnologia non solo può fare le cose di routine dell’uomo, ma può fare scelte e prendere decisioni. La tecnologia può attraverso uno strumento organizzato e programmato (robot) sostituire l’uomo nel lavoro in una catena di montaggio, ma anche in una attività di ricerca, alla guida di un’automobile, nella gestione di qualche cosa, nella cucina e oltre.

È vero che ci sono già tante applicazioni ed esempi, ma, in generale, siamo all’inizio di un percorso che richiederà familiarità con i nuovi strumenti, le nuove metodologie, ma anche i nuovi gusti, il nuovo modo di lavorare, di dialogare, di cercare, di selezionare cose, di programmare la propria vita. Evidentemente tutto ciò sarà facile, naturale per le nuove generazioni che non dovranno cambiare abitudini perché non ne conoscono altre, mentre sarà un problema per le generazioni del passato per le quali non sarà semplice cambiare stile di vita e il modo di seguire i propri pensieri e i propri sentimenti.

D’altra parte il consolidamento della tecnologia ha ancora bisogna di tempo e l’entrata nell’era tecnologica in modo completo non è proprio dietro l’angolo, specie in una paese come l’Italia, dove la maggior parte dei sistemi informativi funziona male, il che vuol dire che manca professionalità in termini generali. Il nostro paese ha capacità e possibilità di svilupparli, ma non ha intelligenza in merito e manca di processi informativi adeguati.

Vuol dire che stiamo entrando o forse già siamo in un periodo di transizione, cioè in un periodo in cui il passato comincia a non funzionare più perché ormai nessuno vi investe e gli addetti ai lavori non se lo ricordano, mentre il futuro non è ancora arrivato e stenterà ad arrivare. Per i motivi professionali di cui sopra, ma anche perché è necessario adeguare alle nuove realtà le normative giuridiche, i comportamenti sindacali, la cultura sociale, la funzione dei media ed è necessario progettare una nuova politica sociale.

I periodi di transizione in generale sono i più critici perché tutti fanno fatica, quelli che non vedono l’ora che arrivi il nuovo e quelli che sono ancora pervicacemente abbarbicati sul vecchio e magari hanno paura del nuovo. Nel caso dell’era tecnologica annunciata, il periodo di transizione che viviamo è ancora più critico, perché l’impatto sociale delle nuove tecnologie, che tendono a integrare l’intelligenza dell’uomo con quella artificiale e a sostituirla in gran parte, significa da parte dell’uomo un adattamento ad un modo di vivere diverso. Una prospettiva che può essere paragonata a quelle del passato come per esempio quella successiva alla scoperta del fuoco.

La difficoltà della transizione dipende anche dal fatto che a livello della comunità (Stato centrale o periferico, enti addetti alla formazione come l’Università, imprese di tecnologia o di servizi) nulla si sta facendo per dibattere il tema. Perché è evidente che non si tratta solo di imparare qualche nuovo aggeggio o di ottenere un servizio in modo automatico e non come prima tramite apposite strutture, il problema è globale nel senso che richiede cambio di cultura, adattamenti di stili di vita, un sistema di comunicazione e relazionale diverso per ciascuno a prescindere dalla età e dal livello sociale.

Naturalmente come tutti i grandi cambiamenti epocali, ed in questo caso abbiamo richiamato nientemeno che la invenzione del fuoco, il trauma non tutti lo potranno superare e in particolare i più deboli e fragili per qualsiasi motivo, fisico o intellettuale. Questo vuol dire che la comunità dovrebbe cominciare ad attrezzarsi per assistere le vittime dell’ingresso nell’era della tecnologia. Assistenza psicologica, operativa e persino fisica in certi casi.

No, non siamo pronti per l’intelligenza artificiale. Non lo siamo prima di tutto sul piano culturale, non sappiamo cosa fare e niente stiamo facendo globalmente per prevedere il futuro conseguente e per disegnare una possibile società magari non in preda a tanti prigionieri della solitudine e della depressione o viceversa ad altrettanti prigionieri di forme di schizofrenia derivante dalla incapacità di capire e dalla successiva paura di non aver capito.

Allora? Il progresso non si può arrestare, è necessario che chi può cerchi di sensibilizzare sulla necessità di studiare e progettare il futuro tutti coloro cui il proprio messaggio può pervenire. E poi speriamo che io me la cavi.

 

Inserito il:06/02/2018 12:17:02
Ultimo aggiornamento:06/02/2018 19:45:55
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