Kume Bryant (Contemporary, Tucson, Arizona) - Artificial Intelligence – 2013
L’Intelligenza Artificiale in Italia. A che punto siamo? (1)
di Vincenzo Rampolla
A Bruxelles con il Digital Day (Mercato Unico Digitale, 9 aprile) il 2018 è stato l’anno della svolta per l’Intelligenza Artificiale (AI) in Europa.
I 25 Paesi europei che hanno firmato il Patto per lo Sviluppo dell’AI, arrancano e cercano di recuperare il divario con Usa, Cina e Giappone, Paesi a alto tasso di investimento nel settore.
La cooperazione tra gli Stati membri punterà al rafforzamento dei centri di ricerca europei sull’AI, sulla creazione di sinergie tra atenei e imprese e sulla diffusione dei sistemi di finanziamento nonché sull’analisi dell’impatto di questa tecnologia sulla società e sull’economia – hanno dichiarato i relatori della Commissione UE – Gli Stati membri avvieranno un dialogo continuo con la Commissione, che fungerà da catalizzatore.
Da oggi al 2020 la Commissione si impegna ad investire oltre €1 miliardo (con proposta di stanziamenti da inserire nel Bilancio 2021-2027), cifra da sommare agli investimenti nazionali.
La Francia ha lanciato un programma che impegna il Governo a stanziare €1,5 miliardi di fondi pubblici nel quinquennio 2018-2022, di cui €400M destinati ai progetti di innovazione; a inizio anno le risorse (€10 miliardi) saranno prelevate dai Fondi per l’Innovazione.
Un capitolo del Patto è dedicato alla formazione e all’occupazione e le stime della Commissione per l’Europa sono valutate a 1,8 milioni di posti di lavoro creati dall’AI, con crescita annuale del 5% . Attualmente sarebbero disponibili circa 350.000 posti, pari a una media di 3.000 posti all’anno per ogni Paese.
Una miseria, ma Bruxelles ragiona in termini globali e sogna che i posti vengano più che quadruplicati. Si teme che queste posizioni restino vacanti per mancanza di competenze specifiche, per questo la Commissione è attivamente impegnata a riqualificare numerosi profili professionali nei settori investiti dalla rivoluzione digitale.
Tra questi emergono i settori turistico, auto, tessile e spaziale.
Il mirino della Commissione è puntato anche sulla questione etica. Entro fine anno un gruppo di lavoro deve mettere a punto un codice etico orientato a responsabilità e sicurezza, elementi chiave di massima priorità.
È trascorso un anno esatto. Anche l’Italia è proiettata verso l’AI e a marzo 2018 l’Agenzia Governativa per l’Italia Digitale ha presentato il Libro Bianco per l’adozione sostenibile e responsabile dell’AI grazie alla disponibilità di €5M per lo sviluppo di progetti pilota per la Pubblica Amministrazione (PA) in collaborazione con l’Agenzia per la scelta dei progetti. All’interno del volume si raccomanda di utilizzare i sistemi IA nel rispetto dei principi di privacy, trasparenza e sicurezza a tutela dei cittadini – dice il Direttore A. Samaritani – In particolare si condivide la necessità di rendere pubblici i meccanismi di funzionamento degli algoritmi e le logiche di costruzione dei database e di elaborare linee guida per il security by design nell’utilizzo dell’AI, di sviluppare percorsi di preparazione ad hoc all’interno della PA, per formare esperti di AI e di creare una piattaforma nazionale per testare e sviluppare le soluzioni.
Linguaggio burocratico, ermetico e politico.
I fondi sono messi a disposizione dall’Agenzia nell’ambito delle linee di finanziamento per la promozione di progetti e appalti sull’innovazione, in coerenza con gli obiettivi fissati dal Piano Triennale per l’Informatica nella PA.
Lo stanziamento dei €5M finanzierà progetti in linea con le raccomandazioni stabilite nel Libro Bianco sull’AI al servizio del cittadino ed emerse dal Gruppo di lavoro attivato all’apertura del sito dell’Agenzia e dal percorso di consultazione pubblica.
Quattro sono i progetti selezionati: i chatbot, robot che rispondono in tempo reale alle domande degli utenti, i sistemi automatici di diagnostica in grado di individuare rapidamente la patologia dei pazienti, le piattaforme automatiche di assistenza didattica artificiale per il sostegno degli insegnanti nella valutazione dei compiti e i sistemi avanzati di contrasto all’evasione fiscale e la prevenzione dei disastri ambientali.
AI e Blockchain: prima tappa per un Piano Nazionale
Le risorse sono indispensabili per definire la strategia del Governo per lo sviluppo di tecnologie 4.0. Al Mise (Ministero dello sviluppo economico - Politica industriale, Comunicazioni, Energia e Commercio internazionale) sono in corso i bandi per selezionare i vari Gruppi di esperti di AI.
Si parla di €100M, finanziamento deliberato nell’ultima riunione del Cipe (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica).
L’obiettivo è favorire la diffusione del wi-fi a livello nazionale e incentivare la ricerca e lo sviluppo nelle tecnologie emergenti come blockchain, AI, IoT (Internet delle cose).
Le tecnologie 4.0 sono i pilastri per la realizzazione della Smart Nation, uno degli obiettivi del contratto di governo tra Lega e 5 Stelle. Non a caso il Mise ha lanciato due bandi per selezionare gli esperti che andranno a formare il Gruppo di lavoro su AI e blockchain: l’obiettivo è elaborare una strategia nazionale per il 4.0.
Nella manovra di Bruxelles, tutta da interpretare, sono previsti nei prossimi 3 anni €15 miliardi aggiuntivi per rilanciare gli investimenti pubblici, in particolare nell’ambito infrastrutturale, dell’adeguamento antisismico, dell’efficienza energetica, dell’AI e delle nuove tecnologie.
Sembra necessario un intervento di forza poiché i numeri parlano di un’Italia che annaspa e balbetta sullo sviluppo dell’AI.
Dal rapporto di Roland Berger, il berlinese ultraottantenne principe dei consulenti strategici, il Bel Paese si piazza al penultimo posto a livello mondiale per numero di startup nel settore AI.
Lo studio rileva che con 22 startup, occupa la 19ª posizione nella classifica dei Paesi Top 20, con Usa in cima alla classifica delle Top 5 e 1.393 startup attive.
A ruota seguono Cina con 383 startup, Israele con 362, UK con 245 e Canada con 131. (Fonte: corrierecomunicazioni.it).
L’Italia è ultima e in ritardo. C’è da stupirsi? Un sistema scolastico e un mondo del lavoro tradizionale, dominati dall’improvvisazione e dall’incertezza non incentivano la cultura dell’assunzione del rischio né dell’eventuale perdita, intesa come leva per ripartire con forza e competenza.
Eppure l’AI è una tecnologia in grado di guidare la crescita economica, come evidenzia a sostegno un rapporto Mc Kinsey: L’adozione diffusa delle tecnologie basate sull’AI contribuirà a una crescita del prodotto interno lordo a livello globale pari a $13.000 miliardi di dollari entro il 2030, per una crescita media annua di circa 1,2%.
Sul fronte blockchain il Governo rivendica l’adesione alla European Blockchain Partnership, altra iniziativa promossa dalla Commissione per creare una piattaforma europea basata sulla tecnologia blockchain per lo sviluppo di servizi pubblici digitali.
Nel corso della prima riunione al Ministero, durante la discussione sui principi ispiratori e sulle principali specifiche tecniche della piattaforma europea: Il Governo italiano ha sottolineato la necessità che la costruzione della piattaforma europea sia ispirata a principi di apertura, trasparenza e inclusività rispetto a tutti gli attori potenzialmente interessati.
Nobili parole, da tradurre nella lingua italiana.
Da un rapporto redatto da Capgemini (società attiva nella consulenza informatica e nei servizi professionali; con Direzione a Parigi è quotata in Borsa, conta oltre 200.000 persone in 40 Paesi e in Italia più di 3.500 dipendenti dislocati in 30 sedi), la blockchain potrebbe diventare una tecnologia largamente diffusa entro il 2025, entrando a far parte di vari processi aziendali e supportando le catene di fornitura a livello mondiale.
Attraverso partecipazioni industriali, accordi e investimenti la Distributed Ledger Technology (Tecnologia del Bilancio Trasparente) dominerà nel settore manifatturiero e in quelli dei beni di consumo e dell’industria retail, inaugurando una nuova era di visibilità e fiducia.
Secondo il rapporto entro il 2025 questa tecnologia sarà enormemente estesa alle catene di approvvigionamento. Attualmente, solo il 3% delle aziende orientate alla blockchain la estendono globalmente a livello aziendale, mentre il 10% si limita a progetti pilota, con risposte che nell’87% dei casi confermano di essere alle prime armi nella sperimentazione.
Gran Bretagna (22%) e Francia (17%) sono i paesi europei all’avanguardia con progetti pilota blockchain e successiva applicazione su vasta scala; gli Usa (18%) sono avanzati in termini di finanziamento di iniziative blockchain.
Gli eroici pionieri della blockchain sono ottimisti sul fatto che la blockchain esprimerà al massimo le sue potenzialità, con oltre 60% delle risposte concordi che la tecnologia trasformerà anche le relazioni tra gli operatori.
Riduzione dei costi (89%), una migliore tracciabilità (81%) e una maggiore trasparenza (79%) sono i tre fattori principali alla base degli attuali investimenti in blockchain.
La tecnologia inoltre aumenta sicurezza, velocità e trasparenza della trasmissione delle informazioni ed è particolarmente adatta per la gestione delle funzioni critiche della catena di approvvigionamento, dalla tracciabilità della produzione al monitoraggio delle catene alimentari e alla garanzia di conformità delle norme.
Si ipotizza che le aziende che si lanciano oggi nella sperimentazione nei prossimi tre anni incrementeranno del 30% gli investimenti blockchain.
Nonostante l’onda di ottimismo che pervade questa fase iniziale di ricerca e verifica, continuano le perplessità per un Roi e un Roe effettivi e per l’interoperabilità tra i partner nel caso specifico della catena di approvvigionamento.
La maggior parte degli operatori (92%) ritiene che il Roi sia la principale sfida all’inserimento della nuova tecnologia, mentre 80% afferma che la compatibilità con i sistemi attuali obsoleti sia una delle maggiori sfide operative.
82% degli intervistati ritiene infine che la sicurezza delle transazioni sia uno dei maggiori ostacoli all’inserimento e allo sviluppo delle nuove applicazioni blockchain da parte degli operatori, fattore che sembra minare il suo status di tecnologia sicura. ((Fonte: corrierecomunicazioni.it).
Il patrimonio delle startup italiane AI sappiamo essere di circa 20 società: Conversate AI, Tangra Mob, ELIF Lab, Ads Hotel, AddFor, Neosurance, Euklid, Sellf, Carbrain, Eudata, Rulex Analytics, NAMU, INNAAS, xSense, Metaliquid, Awhy, Fluel, Axyon.ai, Indigo AI.
Tra queste Conversate viene esaminata per prima, proiettata nello sviluppo di chatbot di nuova generazione in grado di offrire servizi utili nella pratica (robot parlanti con risposta in tempo reale). L'azienda nasce nel 2016 da un'idea di A.Vitale, da diversi anni attivo nel mondo dell'AI e membro del Gruppo di lavoro AI dell’Agenzia Digitale. Conversate ha sviluppato un motore per la comprensione del linguaggio naturale NLU (Natural Language Understanding), elemento chiave che determina la certezza del successo. Vitale afferma: La mia azienda è praticamente l'unica ad aver sviluppato un motore di comprensione specifico per l'italiano, mentre la maggior parte degli altri lavora solo con l'inglese oppure con una gran varietà di altre lingue, ma a un basso livello qualitativo.
Conversate collabora attualmente con clienti attraverso la prestigiosa Deloitte, azienda di servizi di consulenza e revisione, prima nel mondo in termini di ricavi e numero di professionisti, con 244.400 dipendenti in oltre 150 Stati nei settori di Auditing, Taxation, Consulting e Financial Advisory.
(Le rimanenti startup e l’AI nei settori diversi dalla Pubblica Amministrazione saranno oggetto di analisi nel prossimo articolo, insieme a un esame del Libro Bianco dell’Agenzia Governativa dell’Italia Digitale e del Documento equivalente preparato dal Governo Francese).