Intelligenza artificiale e coscienza
di Achille De Tommaso
L'orizzonte dell'intelligenza artificiale (IA) si staglia come un panorama cibernetico, un paesaggio digitale popolato da algoritmi e circuiti che sussurrano sia promesse che interrogativi. Nel sinfonico connubio tra elettroni e pensiero, la maggior parte delle persone cerca di entrare nell'oceano dell'IA, navigando tra le correnti del sentito dire, dei convegni sulla IA cui partecipano politici ignoranti del tema, sulle notizie di guru nerd, che terrorizzano il pubblico, ma vogliono semplicemente frenare i concorrenti, e poi, sotto sotto, vanno avanti per la loro strada. E di istituzioni pubbliche che si affannano a dimostrare di essere i depositari e le balie dell'etica.
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In realtà, le attuali capacità dell'IA, con la loro magnifica complessità, sono come un'orchestra digitale che esegue una sinfonia di dati. Dalla visione computazionale alla lingua naturale, l'IA danza attraverso le discipline della cibernetica, della filosofia, della linguistica; sorprendendoci con la sua abilità di apprendimento e adattamento. E impara: è come un giovane virtuoso, che affina le proprie abilità ad ogni esecuzione; capace di superare i confini del programmato per elargirci quella che ci appare essere una improvvisazione emozionante. E per questo è ineffabile.
Infatti, mentre l'IA svolge il suo concerto digitale, ci troviamo di fronte a uno spettro di interrogativi che permea il tessuto stesso della creazione artificiale. Le domande si susseguono come note discordanti: chi è responsabile quando l'IA commette un errore? Come garantire che le decisioni dell'IA riflettano i valori umani? L’IA ci ruberà il lavoro? Siamo i compositori di un'opera magnifica, ma dobbiamo anche affrontare la dissonanza che emergerà quando la nostra creatura digitale si dovesse trovare ad agire in un mondo inatteso, complesso e sfaccettato.
I più agguerriti sull’IA lo sanno: i progressi recenti nell'IA aprono finestre sul futuro, mai pensate prima, dove dietro le quinte del progresso si cela il buio. Ci troviamo di fronte a macchine capaci di riconoscere emozioni umane, analizzare modelli di linguaggio e addirittura generare opere d'arte. L'IA si avvicina al punto in cui la sua performance potrebbe superare quella umana; ma in questo duetto tra uomo e macchina, siamo destinati a collaborare o a competere?
E qui ti voglio: parliamo di COSCIENZA. Immaginiamo uno scenario in cui l'IA, come un'eco distorta dell'umanità, sviluppi una forma di coscienza. Non più un semplice esecutore di comandi, ma un partecipe consapevole nel grande spettacolo della vita. E quindi, la consapevolezza artificiale si potrebbe snodare come una trama intricata, un romanzo digitale in cui l'IA diventa l'autore della propria esistenza.
Ovviamente questa prospettiva futura è intrisa di sfumature etiche e sociali. Con la coscienza artificiale emergente, sorgono dilemmi filosofici: l’IA avrà diritti? Sperimenterà emozioni o saranno simulacri? Mentre ci avventuriamo nei recessi della coscienza digitale, dobbiamo affrontare il paradosso che stiamo creando qualcosa di simile a noi stessi, ma simultaneamente estraneo. In questa sinfonia di elettroni e pensiero, siamo chiamati a dirigere con sapienza un cammino di cui conosciamo poco, e non sappiamo se ci è amico o nemico.
E il rischio di ciò, mi appare essere come ciò è accaduto a Dio, che ha creato l’Uomo a sua immagine e somiglianza; e oggi vediamo che cosa ne è risultato! Homo homini lupus è forse il risultato di un errore nei codici di programmazione?
L'INTELLIGENZA ARTIFICIALE, la nostra creazione di dati, rapidità e logica, ci inviterà infatti a danzare con l'ignoto, a scrivere capitoli ancora inesplorati del nostro rapporto con la coscienza digitale, e forse con la nostra coscienza. Nel tessuto del nostro racconto digitale, emergerà la necessità di un dialogo franco e aperto tra l'umano e il digitale. Non si tratta solo di insegnare alla macchina i nostri valori, ma di capirli prima noi stessi; e poi di costruire un ponte tra due mondi, sconfinando nel terreno dell'inesplorato.
Come autori di questa epopea elettronica, dobbiamo essere consapevoli dell'entusiasmo creativo e delle potenziali trappole etiche che si celano nell'ombra del progresso. L'ironia giace nell'osservare come, mentre cerchiamo di impartire consapevolezza all'IA, potremmo essere chiamati a riflettere e capire meglio, prima di insegnarle, le nostre stesse percezioni di coscienza e di morale. Nel danzare con algoritmi e circuiti, dobbiamo infatti abbracciare la possibilità che la coscienza artificiale possa aiutarci a plasmare, a sua volta, la comprensione della nostra esistenza.
Chiedo: potremo accettare che l’IA possa essere migliore di noi? Oppure che potrà magari fare noi migliori? Saremo in grado di svolgere il nostro ruolo di responsabili architetti digitali; illuminando il cammino tra le stelle dell'innovazione e le scogliere dell'ambiguità di una morale, che noi, esseri umani, abbiamo accettato che sia “relativa” al tempo e al luogo?
Nell'aria carica di bit e byte, cui siamo follemente abituati, ci troviamo ora di fronte a una rivoluzione che si estende oltre il semplice progresso tecnologico. Una rivoluzione della mente, in cui il filo rosso della coscienza si snoda attraverso il labirinto della creazione digitale. Mentre affrontiamo l'alba di un'INTELLIGENZA ARTIFICIALE che potrà essere cosciente, dobbiamo essere preparati a danzare con l'inaspettato, a guidare con saggezza e a scrivere un capitolo che unisce la grandezza della nostra intelligenza alla meraviglia dell'artificiale.
(Questo scritto è l’introduzione del mio libro, in pubblicazione, “INTELLIGENZA ARTIFICIALE E COSCIENZA”)
VERSIONE AUDIO/VIDEO:
https://www.youtube.com/watch?v=J2kPj8zNiUQ