Aggiornato al 21/11/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Leonida Beltrame (Adria, 1904 - Venezia, 1994) - Concerto (1990)

 

Come la musica può allungarci (scientificamente) la vita

di Achille De Tommaso

 

Ho cercato, nella parte principale di questo articolo, di porre in maniera divulgativa un tema scientificamente complesso. E’ però importante, a mio parere, rendersi conto che le basi scientifiche sono piuttosto solide. Allo scopo fornisco, nella seconda parte, corpose indicazioni bibliografiche.

Detto ciò, la scienza dell’epigenetica sta oggi facendo, con l’uso di supercomputer, i primi passi più significativi, e molte conclusioni sono ancora solo abbozzate.

Ma ogni giorno vengono fuori interessanti novità, per la nostra vita e per la nostra salute.

***

Siamo esseri transitori, in un mondo di cultura in costante cambiamento.

Apparentemente capaci di magnifiche astrazioni, come l’Arte e la Scienza, gli esseri umani hanno un intenso bisogno di esternare le loro intuizioni. La musica (vedrete che è un esempio di Arte non preso a caso) è un'arte e un prodotto culturale altamente trasmissibile; ma solo da poco tempo cominciamo ad avere una comprensione di come la nostra esperienza musicale si modelli dentro di noi; di come sia vividamente trattenuta nel nostro cervello, e di come influisca sul nostro comportamento e sul nostro sistema vitale.

Infatti, il campo in via di sviluppo dell'epigenetica sociale ci sta oggi suggerendo come la comunicazione e l'emozione, le caratteristiche principali della musica, possano essere collegate a un nostro cambiamento biochimico; scientificamente verificabile e trasmissibile.

A cosa ci serve saperlo? A cosa serve capire nel dettaglio perché la musica (e magari altre arti) possano influire sul nostro sistema vivente? Semplice: perché tutto ciò che è scientifico è replicabile; e se riuscissimo a ben capire come la musica ci dà benefici, potremmo replicare a nostro piacere le cause di questi benefici.

Nel 1986, il genetista nippo-americano Susumu Ohno pubblicò un'opera basata sul seguente principio: tutta la musica è fatta sulla ripetizione di piccole unità replicate; utilizzate ossessivamente dai musicisti. Unità similari (nella replicabilità) si trovano nel nostro codice genetico.  Le osservazioni di Ohno tendono a suggerire l'idea che l'evoluzione biologica e quella culturale, sebbene con velocità diverse, condividano meccanismi simili.

 

La neurogenesi

La credenza secondo cui i neuroni si creano solo durante l’infanzia sappiamo da un decennio che è falsa. La neurogenesi, la nascita di cellule nuove, rappresenta un aspetto chiave nella plasticità neuronale, in processi importanti come l’apprendimento e la memoria. Questa è una scoperta fondamentale su cui tutt’ora la comunità scientifica si sta interrogando, proprio perché i benefici della conoscenza di tale processo potrebbero essere numerosi, se replicabili a piacere.

Nell'ultimo decennio, è stato infatti dimostrato che la neurogenesi continua negli adulti ed è correlata alla quantità di stimolazione cognitiva e fisica a cui è esposto l’essere vivente. Ad esempio, i ratti collocati in un ambiente dove era possibile l'interazione sociale con altri ratti, hanno mostrato una maggiore neurogenesi rispetto ai ratti collocati in gabbie individuali.  La proliferazione cellulare e la neurogenesi raggiungono, è vero, il picco durante il primo anno, ma continuano a livelli significativi negli anni successivi. Negli esseri umani, si ritiene che proceda per l'intera vita, a patto che sia disponibile una stimolazione adeguata.

 

La musica può essere un tale stimolo.

Non sottovalutiamo l’ampiezza e l’importanza delle interazioni uomo-musica (peculiari e forse uniche, tra tutte le altre arti). La musica è stata ed è una parte importante della storia umana; in tutte le culture. Sembra probabile che la musica abbia addirittura svolto un ruolo nell'evoluzione del linguaggio e nel supportare funzioni sociali con importanti ruoli evolutivi, come la coesione di gruppo e la comunicazione.

Come tutti sanno, fare musica, soprattutto in  gruppo, è un compito complesso e impegnativo, che coinvolge il cervello su molti livelli diversi: dalla formazione e integrazione di caratteristiche uditive e sonore, dove la memoria fa da padrone; alla elaborazione sintattica delle sequenze musicali e delle parole che eventualmente le accompagnano; all’apprendimento, con la memoria musicale; alla cognizione sociale di chi ascolta, con contemporanea azione che richiede sempre manualità elevata, corredata dalla memoria della sensibilità manuale anche a livello spaziale (pianista e chitarrista suonano senza guardare lo strumento).

Con le richieste che pone al sistema nervoso, l'allenamento musicale promuove una indubbia plasticità cerebrale, con conseguenti cambiamenti evolutivi funzionali e strutturali del cervello.

Gli studi riferiscono che sono state riportate differenze neuroanatomiche, tra musicisti e non musicisti, nel corpo calloso e nelle regioni motoria, uditiva e visuospaziale.  Cambiamenti nelle rappresentazioni funzionali sono stati osservati nelle regioni somatosensoriali e uditive nei musicisti (Wan e Schlaug, 2010).

Un lavoro di Kraus che utilizza l'EEG suggerisce che gli individui con formazione musicale potrebbero essere più bravi anche a codificare i suoni del parlato (Patel, 2008). Questi effetti sono più marcati nei musicisti che hanno iniziato ad allenarsi nella prima infanzia, ma alcuni studi dimostrano che un intenso allenamento musicale può essere efficace per tutta la durata della vita, proteggendo il cervello che invecchia dal decadimento cognitivo (Wan e Schlaug, 2010).

 

E veniamo all’ Epigenetica

Come ho scritto in un precedente articolo, l'epigenetica descrive il modo in cui l'espressione genica può cambiare il genoma ed essere trasmessa alle successive generazioni cellulari senza modifiche della sequenza codificante sottostante.  

Questi cambiamenti possono essere indotti da varie cause, compreso l’“ambiente”. Vedremo appresso come, il termine “ambiente” sia inteso in senso molto lato.

Nell'ipotesi dell'“epigenetica ambientale”, è scientificamente provato come eventi esterni (inclusi quelli sociali) possano rimodellare l'epigenoma, portando ad alterazioni sostenute nella sua struttura, inducendo fattori di trascrizione e, alla fine, generando effetti stabili sulla trascrizione genica.  Le caratteristiche epigenetiche acquisite possono quindi essere trasmesse sia alla progenie diretta, tenendo conto della memoria cellulare, sia, alle generazioni successive (Leshem e Schulkin, 2011; Gilbert et al., 2012). In pratica, potrebbe quindi essere spiegato perché possa essere facile che, per ragioni genetiche, il figlio o il nipote del musicista possano diventare musicisti. I famosi “figli d’arte”.

Un rapido e autorevole accumulo di prove (1) suggerisce che il sistema nervoso adulto abbia cooptato, per la musica, gli stessi meccanismi epigenetici utilizzati per garantire la memoria cellulare come strumento principale per l'archiviazione di informazioni neurali, ovvero la memoria cerebrale.  E ciò porta a ipotizzare che la musica, almeno come processo di apprendimento, sarebbe presumibilmente in grado di indurre cambiamenti duraturi nel cervello, dall'infanzia all'età adulta.

 

E veniamo ai benefici della musica, scientificamente probabili. E fin dalla nascita.

L’epigenetica insegna che un ambiente sociale sereno è benefico per le funzioni cognitive. Nei roditori, ad esempio, (gli animali su cui sono state più provate le teorie epigenetiche) l'ambiente dei primi mesi di vita è principalmente innescato dalla madre, sia attraverso nutrizione che col comportamento. Le osservazioni delle interazioni madre-figlio nei roditori, mostrano variazioni naturali a causa del comportamento materno, in particolare nel leccare e nell'allattamento. Queste differenze sono una delle principali determinanti della risposta allo stress dei figli più avanti nella vita: i figli nati da madri amorevoli sono meno ansiosi in un ambiente nuovo, e mostrano una ridotta risposta allo stress rispetto alla prole di madri più apatiche.

Come ho scritto nel precedente articolo, sono in corso studi circa l'evidenza correlativa delle modifiche epigenetiche che si verificano anche nell'uomo come risposta alle interazioni genitore-figlio, che in questo caso sono ovviamente molto più complesse che nei roditori. Gli studi valutano situazioni di stress nei primi anni di vita, come l’abuso infantile, i suicidi in età adulta, l’abbandono, i maltrattamenti. (3)

Detto ciò, in quanto prodotto culturale che può influenzare i nostri geni, la musica ha quindi uno status speciale. Nonostante la complessità delle operazioni cognitive implicate dalla percezione della musica, sembra che i neonati e i bambini piccoli siano predisposti molto bene a percepire la musica. Fin dai primi giorni di vita, la musica sembra giocare un ruolo importante per lo sviluppo emotivo, cognitivo e sociale, e i bambini sono sorprendentemente abili nell'elaborare aspetti sottili degli stimoli musicali (Trehub, 2003). E’ stato anche dimostrato che, a poche ore dalla nascita, i bambini elaborano la musica in modo specifico, con un modello di attivazione simile a quello osservato negli adulti, e sono sensibili alle sottili alterazioni strutturali degli stimoli musicali (Perani et al., 2010).

La musica è, quindi, speciale anche tra le attività sociali: poiché unisce un messaggio alle emozioni. Di conseguenza, poiché è dimostrato che le emozioni positive, specialmente all'inizio della vita, migliorano l'apprendimento e lo status mentale, attraverso modifiche mediate dalla serotonina (Xu et al., 2007) (4), l’influenza della musica sul nostro stato vitale potrebbe portare vari benefici; inclusa la reversibilità di patologie e il rallentamento dell’invecchiamento delle cellule.

 

Riferimenti scientifici

Generalità

La musica è una componente universale delle società umane, aiuta la coesione della comunità (rituali) e le interazioni madre-figlio, plasmando il comportamento della prole (Chang et al., 2003). Tuttavia, la musica non dovrebbe essere considerata un esercizio del tutto astratto della mente, essendo più un oggetto sinestetico. Come strumento che modula gli affetti e promuove la crescita dell'attaccamento emotivo, la musica potrebbe condividere alcune caratteristiche con la cura tattile L-G vista naturalmente nel mondo animale e potrebbe portare tutti gli ingredienti cruciali per determinare un cambiamento epigenetico nel cervello. Tali cambiamenti potrebbero verificarsi in molte aree della corteccia, note per contribuire alla fruizione della musica (Edeline, 1999) inclusa la corteccia prefrontale mediale (Janata, 2009) e persino la corteccia uditiva primaria (Irvine e Rajan, 1996).

Le nozioni e la letteratura fin qui citate sulla cura materna e sull'espressione genica negli animali da esperimento ci portano direttamente al provocatorio parallelo con lo scenario di cura materna visto nella nostra specie. In questo quadro esemplare, un primo input musicale potrebbe essere una controparte umana dei puri stimoli sensoriali e tattili.

Con un approccio "Hebbian" (l’approccio secondo cui fin dalla nascita dovremmo essere in grado di capire, a livello neurologico, cosa è bene e cosa è male), dovremmo vedere nel neonato la scultura del cervello in azione: canti e melodie della madre creano sinapsi in un bambino estatico che ascolta una ninna nanna dalla madre. All'interno di un quadro cognitivo standard, i geni cruciali che partecipano alla proliferazione cellulare o al rafforzamento sinaptico dovrebbero essere attivati ​​in questi neuroni, e questo processo sarebbe alla base di specifiche modificazioni epigenetiche, come la demetilazione del promotore CpG (Borrelli et al., 2008). Da tale repertorio, un'azione può essere successivamente recuperata, dopo un appropriato input ambientale. È noto che i segni epigenetici vengono trasmessi stabilmente alle cellule figlie, costituendo il meccanismo della memoria cellulare in molti tessuti. Tuttavia, essendo i neuroni principalmente cellule post-mitotiche, come sarebbe realizzata la demetilazione del DNA nel cervello? I possibili candidati potrebbero essere enzimi aromatici, come le demetilasi. Questi fattori scoperti di recente potrebbero rimuovere attivamente i segni metilici repressivi anche nelle cellule a riposo e si ritiene che giochino un ruolo fondamentale nello sviluppo (Eilertsen et al., 2007).

Una parola di cautela è necessaria, tuttavia, poiché l'effettivo ruolo in vivo e la rilevanza di tali proteine ​​è stato messo in dubbio (vedere Buchen, 201e riferimenti ivi contenuti). Naturalmente, come può uno stimolo "sociale" esterno (e in realtà qualsiasi non biochimico) guidare i cambiamenti epigenetici in primo luogo è un problema importante dell'intero campo epigenetico (sociale) e promette di rimanere un enigma irrisolto per un po’. Quello che manca è la primissima scena di questa commedia, cioè il ponte tra la musica (o qualsiasi altra forma di apprendimento umano, peraltro) e le modificazioni epigenetiche.

Una possibile modalità potrebbe essere la stocasticità, in cui i segni epigenetici vengono prima posizionati casualmente nello sviluppo iniziale (creando epialleli metastabili) e selezionati successivamente dall'ambiente (Rakyan et al., 2002; Waterland et al., 2006). In alternativa, si è tentati di chiedere se enzimi epigenetici che posizionano una varietà di segni potrebbero collegare stimoli sociali alla chimica cellulare, dato che alcune proteine ​​epigenetiche (come istone demetilasi della famiglia JMJD e HDAC) sono dipendenti dagli ioni metallici e un'intima connessione tra l'ambiente / Le abitudini comportamentali e la struttura della cromatina sono state stabilite nella memoria cellulare (Brasacchio et al., 2009). Ovviamente, la sua questione è ancora completamente aperta al dibattito.

  1. Lavori di Levenson et al., 2004 ; Levenson e Sweatt, 2005 . Su base molecolare, nonostante molti nuovi meccanismi come l'RNA non codificante (Mehler e Mattick, 2007 ) e la multimerizzazione prionica (Si et al., 2003 ) siano stati trovati attivi nel SNC e potrebbero svolgere un ruolo nella memoria neuronale (Brown e Mastrianni, 2010) è attualmente concentrata l'attenzione sull'acetilazione degli istoni e sul sistema CREB / CBP, cruciali per LTP, il fondamento molecolare dell'apprendimento e della memoria. Ad esempio, l'attività HAT della proteina legante CREB (CBP) appare critica sia nella facilitazione a lungo termine in Aplysia che nella formazione della memoria a lungo termine nei roditori (Levine et al., 2005 ). Nell'ippocampo, a seguito dell'attivazione dei recettori NMDA e della chinasi regolata dal segnale extracellulare (eventi essenziali in diverse forme di LTP) l'acetilazione e la fosforilazione dell'istone H3 sono aumentate (Reul et al., 2009). Di conseguenza, l'acetilazione artificiale dell'istone utilizzando inibitori dell'istone deacetilasi (HDAC) come TSA o SAHA migliora l'induzione di LTP e, soprattutto, l'attività del gene BDNF, un gene che promuove la neurogenesi e nuove connessioni sinaptiche tra i neuroni dell'ippocampo, risultando rinforzate ed espanse memoria comportamentale. Di conseguenza, i topi anziani, rispetto ai giovani, mostrano una ridotta acetilazione degli istoni e una ridotta attivazione dei geni correlati all'apprendimento nell'ippocampo. Come nei topi Alzheimer, i farmaci che hanno potenziato l'acetilazione degli istoni hanno migliorato le prestazioni dei topi più anziani nei test di cognizione dei roditori (Lubin, 2011 ).
  2. La metilazione del DNA sembra anche essere importante nel consolidamento della memoria attraverso il controllo gene-specifico della trascrizione e studi recenti hanno implicato una regolazione errata della metilazione del DNA in disturbi cognitivi come la schizofrenia, la sindrome di Rett e il ritardo mentale Fragile × (Lubin, 2011 ). È interessante notare che, come affermato sopra, l'allenamento musicale può proteggere fortemente il cervello che invecchia da un decadimento cognitivo, in qualche modo parallelamente ai trattamenti farmacologici epigenetici descritti nei modelli sperimentali.
  3. Ad esempio, lo stress nei primi anni di vita coincide con l'espressione anormale del gene trasportatore della serotonina (Caspi et al., 2003 ). Inoltre, l'abuso infantile si associa a un aumento delle risposte dell'ACTH ipofisario allo stress (Rinne et al., 2002 ) e nelle vittime di suicidio è stata riscontrata una maggiore metilazione del promotore BDNF e del promotore NRC3 nell'ippocampo (McGowan et al., 2009 ); sarebbe interessante indagare se modificazioni simili si verificano in una varietà di altri maltrattamenti, incluso l'abbandono dei bambini con deficit di ossitocina / vasopressina (Carter,2005 ). Per ovvie ragioni inerenti agli studi sul cervello umano che subiscono la grave limitazione di essere applicabili essenzialmente su soggetti post mortem, la dimostrazione formale dei cambiamenti epigenetici socialmente guidati sulla nostra specie è ancora molto più avanti. Ciò nonostante i metodi sensibili disponibili: ad esempio, la combinazione dell'immunoprecipitazione del DNA metilato con l'ibridazione agli array di promotori piastrellati (MeDIP-CHIP) o il sequenziamento di nuova generazione (MeDIP-Seq) consente l'identificazione di sequenze metilate rilevanti in praticamente qualsiasi materiale biologico, su un scala genomica e senza fare affidamento su un approccio gene-candidato (Jacinto et al., 2008). Quindi, a meno che non si possa dimostrare che i cambiamenti epigenetici che riflettono l'attività cerebrale possono essere rilevabili sui tessuti periferici (come postulato per i globuli bianchi, vedere anche Takao et al., 1993 ), forse dovremmo attendere ulteriori sviluppi della neuroimaging, un campo che sta migliorando a un grande ritmo e consentire studi su soggetti viventi. Sebbene queste tecniche stiano attualmente rilevando esclusivamente l'attività neurale, l'aspettativa è che in un prossimo futuro saranno in grado di rivelare anche cambiamenti epigenetici, ad alta risoluzione. Una svolta potrebbe essere ad esempio l'identificazione di tali modifiche in modo indiretto, come proteine epigenetiche in azione, se la rimozione o l'aggiunta di segni provoca il rilascio locale di sottoprodotti rilevabili (questo è attualmente un modo per rilevare in vitroistone demetilasi attività LSD1 Huang et al., 2007 ).
  4. Infatti, i GluR sono abbondantemente espressi e attivati dall'emozione e la loro fosforilazione tramite norepinefrina (NE) abbassa la soglia per l'incorporazione sinaptica durante LTP nei neuroni dell'ippocampo (Hu et al., 2007 ). Inoltre, l'assistenza materna può indurre serotonina dipendente dall'ormone tiroideo nei cuccioli, e questo a sua volta può innescare il percorso cAMP / PKA (Arnsten et al.,2005 ) che porta a una forte attività HAT (Kuo e Allis, 1998 ; Szyf et al., 2007 ) e abbiamo già menzionato sopra il ruolo di altre molecole e trasmettitori (Guan et al., 2002 ; Hu et al., 2007 ; Liu et al., 2008 ). È interessante notare che la voce della madre, ma non quelle irrilevanti, può proteggere dalla sovraregolazione dei recettori della dopamina D1 e 5-HT1 nella corteccia cingolata anteriore, poiché può verificarsi in condizioni di stress (Ziabreva et al., 2003 ). Anche nelle specie pre-sociali, la voce della madre può sopprimere la sovraregolazione del recettore NMDA NR2B che si verifica dopo la separazione (Ziabreva et al., 2000) e NR2B è fortemente regolato epigeneticamente dalla metilazione (Kim et al., 2006 ; Tamura et al., 2011 ).

 

Inserito il:15/04/2021 18:39:53
Ultimo aggiornamento:15/04/2021 18:47:28
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