Denis Kornev (Moscow, Russia) – Exoplanet 22j17
Sono abitabili gli esopianeti? (2/2)
di Vincenzo Rampolla
Le ricerche nel settore esopianeti e esobiologia risalgono a poche decine d’anni.
Civiltà extraterrestri autodistrutte. L’esame delle sfide che l'umanità deve affrontare, porta a pensare che civiltà intelligenti sugli esopianeti siano state all’origine della loro stessa scomparsa. Sulla Terra, le minacce di collasso/estinzione sono molteplici: conflitto nucleare, grave riscaldamento globale, crisi ecologiche, epidemie, crollo dei mercati, delle Istituzioni...
L'Universo, ecosistema ad alto rischio. È un dato di fatto che sulla Terra si registrano avvisaglie di minaccia di un’estinzione di massa, causata oggi dalla stessa specie umana, mentre tutte le precedenti estinzioni hanno avuto un’origine naturale: cambiamenti climatici, catastrofi naturali, collisioni con asteroidi, crisi biologica di 65 M di anni fa… Hawking e Milner hanno previsto che gli asteroidi potrebbero mettere in continuo pericolo la vita sulla Terra insieme ad altri eventi cosmici capaci addirittura di distruggerla, come surpernovae, quasar e violente eruzioni solari… L’estrema variabilità delle stelle nane rosse (Trappist-1 e i suoi 7 pianeti) attorno alle quali si trovano esopianeti rocciosi, è di certo un esempio di stelle dal comportamento isterico e devastante. La loro potenza distruttiva ciclica riduce fortemente le possibilità di vita e l’abitabilità sugli esopianeti gravitanti intorno ad esse.
L’immensità della Via Lattea. È convincente l’ipotesi che il contatto con una civiltà avanzata non sia ancora avvenuto, perché l’estensione della galassia l’ha impedito. Con un diametro di 100.000 anni luce, si può immaginare che i segnali emessi agli estremi della Via Lattea impieghino millenni per arrivare, legati alla distanza e all’origine. Immersi in centinaia di miliardi di stelle potremmo non essere ancora stati individuati, non trovandoci nella zona di esplorazione degli alieni. La mappa di ricerca è smisurata. Se, ad esempio, un anno fa gli alieni avessero emesso onde radio distanti 100 anni luce, noi avremmo atteso 99 anni per riceverle e gli alieni altri 99 per avere la nostra risposta.
Primi tentativi di cercare gli alieni. Ci sono voluti 80 anni per essere in grado di captare con radiotelescopi segnali da sorgenti extraterrestri e 60 anni per dare il via a una ricerca attiva e sistematica di segnali. Rispetto all'età della Via Lattea, è un arco di tempo infinitesimale. Esistono inoltre infinite possibili direzioni da esplorare e non è detto che cerchiamo nel punto giusto. Una civiltà molto avanzata, distante decine o centinaia di anni luce dalla Terra, da tempo ci avrebbe già intercettato. Abituata a comunicare con interlocutori del proprio livello, avrebbe cultura, tecnologia, materie prime, minerali o risorse ricavate da asteroidi o stelle per produrre l’energia necessaria e gestire il viaggio interstellare. Userebbe super sistemi di AI. Domanda. Che interesse avrebbe a sbarcare sulla Terra e a comunicare con noi?
Il profilo degli alieni. Gli alieni, hanno capacità tecniche superiori e logiche mentali ignote. Non le conosciamo, ma possiamo immaginare che Terra e Uomo siano stati esclusi dai loro parametri di interesse. Le condizioni di vita sulla Terra potrebbero essere state giudicate poco attraenti e utili per loro, avendoci classificati esseri diversi e inferiori. È possibile che adottino su scala galattica una politica di non ingerenza con mondi come il nostro, popolati da esseri primitivi. Nessun attacco, nessuna colonizzazione. Un contatto con la Terra potrebbe essere prematuro e avrebbero volutamente scelto di lasciarci nel nostro mondo, fedeli ai loro principi di esplorazione spaziale. La loro razionalità escluderebbe la curiosità dannosa e la loro comunicazione userebbe potenti modalità ESP extrasensoriali a noi totalmente sconosciute.
SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence). È un programma privato statunitense che si occupa della ricerca di segnali di vita intelligente extraterrestre, scandagliando il cielo in attesa di ricevere messaggi artificiali inviati dallo Spazio e parallelamente, rispondendo con segnali della nostra esistenza, dichiara il Direttore Seth Shostak. In pratica cerchiamo gli alieni in vari modi. Quello più diretto, prevede di esaminare il cielo nell’attesa e speranza che ci giungano dei segnali radio, auspicabili molto stretti in frequenza. Si tratta di segnali non attribuibili a eventi naturali, quindi palese indice della presenza di intelligenze aliene.
Per farlo, gli scienziati si servono di radiotelescopi dislocati sul pianeta. Con base alla Barclays University of California il progetto SETI@home utilizza l’Allen Telescope Array, un insieme di antenne e 2 telescopi, in West Virginia e in Australia. Con più di 5,2 milioni di computer volontari partecipanti in 234 Paesi, si attesta come progetto di calcolo distribuito decisamente straordinario. Dal suo lancio (17 maggio 1999), ha sviluppato oltre 15 miliardi di ore di tempo di elaborazione. Il 26 settembre 2001 aveva svolto 1.021x10¹² operazioni/sec. Il 12 novembre 2017 ha raggiunto la potenza di 994 x 10 ¹² operazioni/sec.
Fin dall’inizio i fisici hanno sostenuto che le frequenze di trasmissione più adatte alle trasmissioni interstellari fossero quelle tra 1 - 10 GHz. Al di sotto di 1 GHz, la radiazione emessa dagli elettroni in moto nei campi magnetici delle galassie tende a coprire le altre sorgenti radio. Sopra i 10 GHz invece esse subirebbero l'interferenza dovuta al rumore generato dalle molecole di acqua e dagli atomi di ossigeno atmosferici. Anche se mondi alieni avessero atmosfere molto diverse, si agggiungono effetti di rumore quantistico che rendono difficile costruire sistemi riceventi capaci di operare a frequenze superiori ai 100 GHz. Oltre alle onde radio, gli astronomi sono partiti alla ricerca di altri tipi di segnali, tra cui la luce pulsata, territorio completamente inesplorato, dice Shostak, che l’Italia inizia a conoscere sfruttando le orecchie di un’antenna a Bologna, anche se la cartella dei messaggi ricevuti è ancora completamente vuota…
Uno degli ultimi pianeti identificati è, per esempio, Proxima b, un corpo roccioso che orbita intorno a Proxima Centauri, la stella più vicina al Sole. Secondo uno studio su Monthly Notices - Royal Astronomical Society, ha le carte in regola per essere un esopianeta. Si segnalano anche: un sistema solare con 7 pianeti di dimensioni simili a quelle terrestri, 3 esopianeti di dimensioni terrestre e 2 super-terre. Esistono e sono candidati a ospitare la vita.
Classificazione delle civiltà aliene. Nel 1964 Nikolai Kardashev, astronomo sovietico e ricercatore al SETI, ha proposto un metodo per la classificazione delle specie di civiltà aliene in base al loro livello di sviluppo tecnologico. Ha definito una scala basata sull’energia che tre specie sarebbero state teoricamente in grado di immagazzinare e sfruttare:
- Le civiltà planetarie, con mezzi tecnologici necessari a immagazzinare tutta l’energia del proprio pianeta, ricavata da fusione nucleare, antimateria e rinnovabili,
- Le civiltà stellari capaci di immagazzinare tutta l’energia emessa dalla propria stella,
- Le civiltà galattiche, in grado di sfruttare l’energia di un’intera galassia.
Con un Sistema Solare di 4.5 miliardi di anni, per Kardashev vale l’ipotesi che qualche civiltà extraterrestre abbia raggiunto il terzo livello. Nel frattempo, degli alieni neanche l’ombra.
Michael Hart. Astrofisico che prevede che nell’Universo, oltre a noi, non ci sia nessuno. La sua ipotesi, battezzata rarità della Terra, postula che la comparsa della vita pluricellulare sul nostro pianeta abbia richiesto una concomitanza di bassa probabilità di eventi e di circostanze astrofisiche e geologiche. Oltre ai fattori contenuti nell’equazione di Drake, bisogna considerare anche tutti gli altri elementi che hanno reso possibile la generazione spontanea (abiogenesi) terrestre, ad esempio: presenza di una magnetosfera; la tettonica a placche; il particolare equilibrio biochimico nella litosfera, nell’atmosfera e negli oceani; le glaciazioni e la rarità di impatti con meteoriti e altri corpi. La congettura Hart-Tipler (v. bibliografia in consultazioni), sostiene che: Se un’intelligenza extraterrestre avesse sviluppato le tecnologie necessarie a effettuare viaggi interstellari, l’avremmo già osservata.
Stephen Baxter. Nel 2001 uno scienziato inglese nel saggio L’ipotesi del planetario ha formulato una possibile soluzione del paradosso di Fermi. Baxter dice che Le osservazioni astronomiche compiute dal genere umano altro non sono che il risultato di calcoli di fisica quantistica e considerazioni termodinamiche che ci permettono di stimare l’energia richiesta per questa simulazione, compatibile con quella a disposizione di una civiltà del terzo livello (scala Kardashev) che ci tiene imprigionati in un planetario gigante, per darci l’illusione che l’Universo sia vuoto, impedendoci di conoscere la realtà cosmica.
Anders Sandberg e Stuart Armstrong, neuroscienziati esperti di AI - Oxford University, e Milan Ćirković, astronomo - Astronomical Observatory di Belgrado, hanno elaborato recentemente l’ipotesi che alieni intelligenti non abbiano viaggiato per il Cosmo essendo talmente evoluti da rimpiazzare i propri componenti biologici con microsistemi elettronici di altissima qualità e potenza. Ibernatisi, attenderebbero la lenta espansione dell’Universo e la relativa riduzione della temperatura, per risparmiare l’energia necessaria ad alimentarsi e per migliorare, dal punto di vista energetico, l’efficienza di elaborazione dei dati.
John Ball, radioastronomo del MIT è passato alla storia per la sua Ipotesi dello zoo cosmico presentata nel 1973. Si tratta di una sorta di Tempio degli esseri umani realizzato da forme di vita intelligenti in cui l’uomo sarebbe stato confinato per studiarne e controllarne l’attività.
Alexander Berezin. L’ipotesi più recente spetta ad un fisico del MIET (National Research University of Electronic Technology), denominata First in, last out (Primi a entrare, ultimi a uscire). Poiché le ipotesi attuali definiscono la vita aliena in modo eccessivamente riduttivo, dice: Non importa quanto la vita extraterrestre sia evoluta. Potrebbe esistere sotto forma di organismi biologici o di AI ribellatisi ai propri creatori o di geometrie multidimensionali o ancora di monadi dell’iperspazio, corpi celesti disseminati nell’Universo. L’unico parametro valido e misurabile è la probabilità che tali forme di vita siano rilevabili a una certa distanza dalla Terra. La prima forma di vita che riuscirà a compiere un viaggio interstellare deciderà di sbarazzarsi di tutte le altre forme di vita affinché non intralcino la sua espansione.
Gli alieni sono già tra noi? Va detto, prima di chiudere, che la fisica esclude la possibilità di viaggi a velocità superiori a quella della luce (300.000 km/s) e boccia quindi i viaggi al di fuori del Sistema Solare. Si imporrebbe il viaggio di un’intera colonia autosufficiente: viaggio suicida, missione senza ritorno e senza possibilità di intervento terrestre. Se e quando la colonia riuscisse a percorrere la distanza di 1 anno luce, 9.460 miliardi km, e sulla stella più vicina che dista 4 anni luce dalla Terra, un SOS impiegherebbe un anno per giungere a Terra più un altro anno per la risposta. Altri 20 anni sarebbero necessari per l'arrivo dei soccorsi, in caso di massima velocità a 1/20 della velocità della luce, rispettando le limitazioni imposte. Con le attuali tecnologie, nessuna missione extra sistema solare. Chiaro e tondo.
Un’ipotesi fantascientifica finale. Suggerisce che gli alieni forse ci stiano già alle costole, a nostra insaputa. Ci studiano, discretamente. D'altronde, è più assurdo che probabile che abbiano stipulato accordi con i Governi di diversi Paesi, sbandierati da esaltati visionari. Siamo allora soli o no nell'Universo? Diversi astronomi e esobiologi pensano che, presto scopriremo se c'è vita altrove. Vita allo stadio primordiale, ovvio. Sono fiduciosi che tali scoperte avverranno nei prossimi anni, all'interno del nostro Sistema Solare, con sonde e lander su Marte. La Nasa ha appena scoperto che nella crosta ghiacciata di Encelado, satellite ghiacciato di Saturno, sono disciolti composti organici contenenti ossigeno e azoto e studia l'atmosfera degli esopianeti rocciosi. Nel 2025 una missione Nasa Clipper studierà a fondo Europa, il satellite di Giove con atmosfera ricca di ossigeno e dagli ipotetici oceani sotto una coltre di ghiaccio… Chissà? Gli alieni, intanto, stanno alla finestra.
(consultazione: futura space - xavier demeersman; erik wernquist-versione tedesca; cnes – paris; stephen hawking; milner; planetary habitability laboratory-upr arecibo; jean schneider; michel viso-cnes; sandro iannacone – wired.it – scienza; michael hart-spiegazione dell’assenza di extraterrestri sulla terra; frank tipler-la vita extraterrestre intelligente non esiste)