Jillian Pelto (Worcester, MA, Usa, 1993 - ) - Landscape of Change
Scienza del clima e “consenso”:
come difendersi dai politici mascherati da scienziati, e da scienziati disonesti
di Achille De Tommaso
Chiunque abbia studiato la storia della scienza sa che gli scienziati non sono immuni alle dinamiche non razionali del “gregge”.
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Nell’aprile 2017 fu inaugurata, a Washington D.C., la prima “Marcia per la Scienza”; strano, perché generalmente le marce sono tenute per difendere qualcosa che è in pericolo. Pensate davvero che la Vera Scienza sia in pericolo? Il solo fatto, però, che la Marcia fosse programmata in occasione della Giornata della Terra, tradì a quel tempo in cosa consistesse realmente l'evento: la politica. Gli organizzatori lo ammisero molto presto, anche se poi si impegnarono a cercare di coprire l'evento con il camuffamento scientifico.
Se il passato introduce il presente, dovevamo aspettarci l’attuale consenso politico sul catastrofico cambiamento climatico: lo scopo di questo consenso è far tacere i tanti non scienziati che sono scettici.
Poiché la politica ama mascherarsi da scienza, e non possiamo essere tutti climatologi, abbiamo quindi bisogno di modi per distinguere l'una dall'altra. E non farci fregare.
"Consenso" significa non solo "accordo generale" ma anche "solidarietà di gruppo in un sentimento e in una convinzione". E qui nasce il problema. Questo consenso sulle teorie catastrofiche si basa su solide prove scientifiche, o semplicemente sulla pressione sociale e sul pensiero di gruppo?
Chiunque abbia studiato la storia della scienza sa che gli scienziati sono inclini agli istinti di gregge. Sappiamo infatti che molte idee scientifiche false un tempo godevano di consenso. Ovviamente non dobbiamo dimenticare l'altro lato della medaglia. Ci sono infatti anche i teorici della cospirazione: non importa quanto sia fondato un consenso scientifico, c'è sempre qualcuno che pensa che sia tutta una balla, fondata magari su interessi economici.
Quindi, come possiamo distinguere tra genuina autorevolezza e “saggezza indotta da interessi non scientifici”? E come possiamo reagire al legittimo scetticismo? Dobbiamo fidarci di tutto ciò che ci viene raccontato come basato su un consenso politico-scientifico, a meno di non essere in grado di studiare noi stessi l’argomento scientificamente? Quando si può dubitare di un consenso? Quando dobbiamo dubitarne?
Non ci sono elenchi completi di segni di sospetto che il consenso sia una balla. Cerco di elencarne alcuni: uno solo di questi segni potrebbe essere sufficiente a farci riflettere. Se si accumulano, allora è saggio essere diffidenti.
(1) Quando diverse affermazioni vengono raggruppate insieme
Di solito, nelle controversie scientifiche, c'è più di una affermazione in questione. Con il riscaldamento globale, si afferma che il nostro pianeta, in media, si stia riscaldando. C'è anche la pretesa che ne noi ne siamo la causa principale, che la CO2 generata da noi ne è la causa principale, che il futuro sarà catastrofico e che dobbiamo trasformare la nostra civiltà per affrontarla. Queste sono tutte affermazioni diverse basate su prove diverse.
Le prove del riscaldamento, ad esempio, non sono prove della causa di quel riscaldamento. Anche se tutti gli orsi polari annegassero, i ghiacciai si sciogliessero, e Terranova diventasse un luogo per abbronzarsi, questi fatti non ci direbbero nulla di ciò che ha causato il riscaldamento.
Ora, c’è molto più accordo su una modesta tendenza al riscaldamento dal 1850 circa in poi, rispetto alla causa di quella tendenza. C'è ancora meno accordo sui pericoli di quella tendenza e su cosa fare al riguardo. Ma queste quattro affermazioni sono spesso raggruppate insieme. Ma, se ne dubiti, sei etichettato come "scettico" o "negazionista". Quindi, quando affermazioni ben consolidate sono legate ad affermazioni più controverse e l'intero pacchetto è etichettato come "consenso", c’è motivo di dubitarne.
(2) Quando predominano gli attacchi ad personam contro i dissidenti
Gli attacchi personali sono comuni in qualsiasi controversia. Quando si tratta di cambiamenti climatici, gli attacchi ad personam sono all’ordine del giorno. La famigerata etichetta di "negazionista" è un esempio. E questa etichetta dovrebbe richiamare alla mente l'affermazione dell’editorialista (e premio Pulitzer) Ellen Goodman: “Secondo me siamo a un punto in cui è impossibile negare il riscaldamento globale. Possiamo dire che i negazionisti del riscaldamento globale sono ora da considerarsi alla pari dei negazionisti dell'Olocausto. "
C'è un vecchio proverbio legale: se hai i fatti dalla tua parte, argomenta i fatti. Se hai la legge dalla tua parte, discuti la legge. Se non hai nessuno dei due, attacca il testimone . Quando i sostenitori di un consenso scientifico conducono a un attacco al testimone, piuttosto che agli argomenti e alle prove, si deve essere sospettosi.
(3) Quando gli scienziati sono spinti ad adeguarsi dalla linea del partito e dagli interessi personali
Le promozioni sul lavoro, i contributi pubblici, i riconoscimenti dei media, la rispettabilità sociale, e la vanità possono influenzare i sentimenti scientifici. La famosa vicenda di Lysenko (3) nell'ex Unione Sovietica è un esempio della politica che violenta la buona scienza. Alexis de Tocqueville lo avvertì quasi due secoli fa. “Il potere della maggioranza nella società americana, scrisse, potrebbe erigere formidabili barriere intorno alla libertà di opinione; all'interno di queste barriere un autore può scrivere ciò che gli piace, ma guai a lui se le supera. ”Avrebbe potuto scrivere la stessa cosa sulla scienza del clima.
In effetti, il modo più rapido, oggi, per gli scienziati di mettere a repentaglio la propria carriera è quello di sollevare domande anche modeste sulle catastrofi climatiche. Gli scienziati sono infatti sotto pressione per sintonizzarsi sulla linea di partito circa i cambiamenti climatici e ricevere magari benefici (ad esempio investimenti) per farlo.
Un esempio eclatante della bufala del riscaldamento climatico è dato dallo Scandalo Climategate (1) del 2009. Considerato il più vergognoso scandalo scientifico della storia. Esso riguarda il gruppo di scienziati più influenti nel guidare l’allarme mondiale sul riscaldamento globale, attraverso il ruolo che svolgevano nelle Nazioni Unite per l’IPCC, (Intergovernmental Panel on Climate Change). Il Professor Philip Jones era il responsabile della serie di dati utilizzati dall’IPCC per redigere i suoi rapporti catastrofici sul clima. Ebbene, a parte il fatto che i metodi statistici da lui usati furono definiti imperfetti dall’esperto canadese di statistica Steve Mcintyre, il vero scandalo fu nella serie di email trapelate che mostrarono come il prof Jones e i suoi colleghi avessero discusso per anni di subdole tattiche per mistificare e nascondere i dati su cui si basavano i loro allarmi sul clima. Addirittura intimando di “eliminare grandi blocchi di dati”. Con un solo obbiettivo: ”abbassare le temperature del passato e regolare verso l’alto quelle recenti. Per trasmettere l’impressione di riscaldamento accelerato”. E quando fu chiesta ragione a Jones dei suoi risultati, egli dichiarò che “gran parte dei dati era andata perduta”.
(4) Quando la pubblicazione e la revisione secondo la “peer review” della disciplina in esame è fatta sempre dalle stesse, poche, persone
Sebbene abbia i suoi limiti, il processo di revisione tra pari (peer review) ha lo scopo di fornire opinioni e controlli. Nella migliore delle ipotesi, aiuta a eliminare il lavoro di bassa qualità e fuorviante e rende la ricerca scientifica più obiettiva. Ma quando sono sempre le stesse, e poche persone, che si rivedono e si approvano a vicenda il lavoro, allora si verificano conflitti di interesse. E ciò indebolisce il caso del presunto consenso, e diventa, invece, un altro motivo di dubbio.
(5) Quando i dissidenti sono esclusi dalle riviste scientifiche sottoposte a peer review non a causa di prove deboli o argomentazioni negative, ma a scopo di emarginazione.
Oltre alla mera invidia scientifica, il processo di "peer review" nella scienza del clima è stato, in alcuni casi, sovvertito per impedire la pubblicazione da parte di dissidenti. La debacle del “Climategate” di cui sopra è un ottimo esempio. Le teorie sul cambiamento climatico sono diventate un dogma politico in cui non è ammesso il dissenso; e i critici del pensiero unico ambientalista vengono allontanati dalle università (2). E di nuovo, questo dà al pubblico laico un motivo per dubitare del consenso.
(6) Quando il consenso viene dichiarato prima ancora che esista
Un consenso scientifico ben radicato ha bisogno di tempo per crescere. Gli scienziati devono fare ricerche, pubblicare articoli, leggere altre ricerche e ripetere esperimenti (ove possibile). Devono rivelare i loro dati e metodi, tenere dibattiti aperti, valutare argomenti, esaminare le tendenze e così via, prima di poter raggiungere un accordo. Quando gli scienziati si affrettano a dichiarare un consenso; quando sostengono un consenso che deve ancora formarsi; allora questo dovrebbe far riflettere.
Nel 1992, l'ex vicepresidente Al Gore rassicurò i suoi ascoltatori: “Solo una frazione insignificante di scienziati nega la crisi del riscaldamento globale. Il tempo per il dibattito è finito. La scienza è consolidata”. Nel 1992, in realtà, Gallup riferì che il 53% degli scienziati coinvolti attivamente nella ricerca sul clima globale non credeva che si stesse verificando un riscaldamento globale; il 30% non era sicuro; e solo il 17% riteneva che il riscaldamento globale fosse iniziato. Perfino un sondaggio di Greenpeace mostrò che il 47% dei climatologi non pensava che un effetto serra fosse imminente; solo il 36% lo riteneva possibile e solo il 13% lo riteneva probabile.
Diciassette anni dopo, nel 2009, Gore cambiò opinione. Certo, il 2009 è quando successe il Climategate,
(7) Quando l'argomento sembra, per sua natura, resistere al consenso
È logico che nel tempo i chimici possano concordare sui risultati di alcune reazioni chimiche, dal momento che possono ripetere i risultati ripetutamente nei propri laboratori. Sono facili da testare. Ma gran parte della scienza del clima non concede questo. Le prove sono sparse e difficili da rintracciare. Non è possibile rieseguire i processi climatici passati per provarlo. Le affermazioni degli scienziati del clima si basano su modelli computazionali complessi; e questi modelli producono il loro contributo non sempre dai dati, ma dagli scienziati che interpretano i dati. E questo processo è quindi, in gran parte, soggettivo, e non è quindi il tipo di prova che fornisce la base per un consenso fondato su prove scientifiche ripetibili.
(8) Quando le affermazioni sono: "gli scienziati dicono" o "la scienza dice"
Nel numero di Newsweek del 28 aprile 1975, l'editore scientifico Peter Gwynne affermava che "gli scienziati sono quasi unanimi" nel dire che il raffreddamento globale era in corso. Oggi ci viene detto che: "Gli scienziati affermano che il riscaldamento globale porterà all'estinzione di specie animali e vegetali, allagamenti delle aree costiere dai mari in aumento, condizioni meteorologiche più estreme, più siccità e malattie che si diffondono più ampiamente." Dire "Gli scienziati dicono" è molto ambiguo. Ci si dovrebbe chiedere: "Quali?" Il risultato è che una vaga compagine di scienziati diventa oggi " SCIENZA ". "Scienza”, dopo tutto, è un nome astratto; e non può parlare. Ogni volta che si vedono queste frasi usate per implicare un consenso, ci si dovrebbe fermare a riflettere.
(9) Quando continuiamo a sentirci dire che esiste un consenso scientifico
Un consenso dovrebbe essere basato su prove concrete. Ma un consenso non è esso stesso la prova. E con consolidate teorie scientifiche, non si sente mai parlare di consenso. Nessuno parla del consenso sul fatto che i pianeti orbitino attorno al sole, che la molecola di idrogeno sia più leggera della molecola di ossigeno, che il sale sia cloruro di sodio. Il fatto stesso che sentiamo così tanto parlare di un consenso sui cambiamenti climatici può essere sufficiente per giustificare il sospetto.
Se vogliamo adattare la norma legale di cui sopra al punto (2) , potremmo dire: “ quando hai solide prove scientifiche dalla tua parte, discuti le prove. Quando hai solidi argomenti, discuti gli argomenti. Quando non hai prove concrete o grandi argomenti, richiedi il consenso”.
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PS: ovviamente questi ragionamenti non si applicano solo al riscaldamento climatico; ma, se valgono, valgono in generale per tutte le teorie tecnico scientifiche. Comprese quelle relative all’inquinamento elettromagnetico, in particolare da 5G. Ci siamo chiesti perché Greta (e analoghi) non si mobilitino anche per questo inquinamento, che ha caratteristiche di immediatezza di danni più grave di quello climatico? Eppure l’inquinamento elettromagnetico è chiaramente di origine antropogenica.
- https://www.telegraph.co.uk/comment/columnists/christopherbooker/6679082/Climate-change-this-is-the-worst-scientific-scandal-of-our-generation.html
- https://www.ilfoglio.it/cultura/2019/03/19/news/chi-dubita-sulle-cause-del-global-warming-e-nemico-del-popolo-e-fanatismo-religioso-243766/
- https://www.queryonline.it/2015/08/31/lysenko-e-altri-truffatori-scientifici-di-secondo-piano/