Autoritratto a sanguigna (cioè realizzato in ematite, un minerale) di Leonardo (Biblioteca reale, Torino)
Leonardo da Vinci e la tribologia
di Achille De Tommaso
Le prime opere di Leonardo da Vinci sull'attrito fondarono la moderna scienza della tribologia (che ha ancora misteri irrisolti).
L'attrito è importante per la nostra esistenza quotidiana ed è presente ovunque attorno a noi. Iniziare a lavarsi i denti al mattino, guidare una macchina e fare affidamento su una buona presa di pneumatici, o guardare un orologio meccanico con la certezza che tutte le sue parti in miniatura funzionino correttamente per mostrarci l’ora giusta; sono tutte cose che prevedono che la tribologia, la “scienza degli attriti”, abbia ben lavorato su questi temi.
Per la maggior parte delle persone, la prima cosa che viene in mente quando pensano a Leonardo da Vinci è la Gioconda, o i suoi schizzi dell'uomo vitruviano. I fan di un certo tipo di narrativa potrebbero persino trovare le loro menti alla deriva nei ricordi de “Il Codice Da Vinci”, il ben noto giallo-thriller di Dan Brown.
Ciò di cui molte persone potrebbero non rendersi conto è che Leonardo è stato responsabile del primo studio sistematico sull’ attrito. E quindi della “tribologia”.
La tribologia è la scienza e l'ingegneria delle superfici interagenti in movimento relativo. Include lo studio e l'applicazione dei principi di attrito, lubrificazione e usura. La parola ha poco più di 50 anni ed è stata coniata da Peter Jost , un ingegnere meccanico britannico considerato il fondatore della disciplina.
Questo moderno interesse per la tribologia è nato in Inghilterra; da un rapporto commissionato dal governo britannico nel 1960 , che aveva studiato il costo dell’ attrito, dell’usura e della corrosione per l'economia del paese. Tale costo venne stimato all'1,1% -1,4% del PIL nazionale e, di conseguenza, il governo britannico si mobilitò, e istituì diversi centri nazionali per affrontare i problemi associati a questi fenomeni.
Ma qualcuno aveva lavorato sull’attrito ben prima del governo britannico: Leonardo Da Vinci.
Leonardo aveva capito molto bene che l'attrito era un fattore limitante nel progetto delle sue macchine rivoluzionarie, e lavorò sull'argomento per oltre 20 anni, come dimostrano sue note e schizzi splendidamente illustrati .
Leonardo pose anche la distinzione tra attrito volvente e attrito scorrevole e studiò come la rugosità superficiale abbia un impatto sulla facilità con cui si spostano materiali diversi. I suoi esperimenti tribologici erano dettati non solo dalla sua curiosità, ma sicuramente dalla sua natura pragmatica, poiché aveva bisogno di soluzioni meccaniche affidabili per il design dei suoi componenti. Nei suoi taccuini, possiamo trovare prove di studio sull'attrito di semplici blocchi di legno, ma anche di viti, ruote e asce.
Leonardo fu il primo a cercare di omologare le leggi dell'attrito e riuscì a farlo progettando esperimenti usando archi, pulegge e pesi. (Esperimenti basati sugli stessi principi vengono oggi eseguiti con moderni tester di attrito chiamati tribometri).
Nell'anno 1493 Da Vinci ci lasciò poi degli scritti sulla tribologia che, però, a tutta prima, vennero classificati come irrilevanti dagli storici dell'arte. Apparentemente, per loro, questi scritti non avevano importanza; erano scarabocchi. Ed essi quindi rimasero dimenticati per anni, perché sottovalutati, presso il Victoria and Albert Museum di Londra. Nel 1920 il direttore del museo aveva descritto infatti questi scritti come "note irrilevanti e diagrammi in gesso rosso"; e lì rimasero come tali.
Oggi, grazie agli approfondimenti del Professor Hutchings, un professore di ingegneria a Cambridge, i cosiddetti "scarabocchi" di Leonardo sono molto di più: Leonardo aveva scritto, diversi secoli fa, la prima manifestazione delle leggi sull’ attrito. Come risulta dallo studio di Hutchings, infatti, quegli scarabocchi a matita rossa sarebbero stati un punto di svolta nello sviluppo della moderna scienza della tribologia. In essi si intravedono pulegge e blocchi contrappeso che rendono esattamente conto di come anche oggi gli stessi esperimenti vengano utilizzati nella fisica per dimostrare il funzionamento dell’attrito tra due corpi.
Questo è ciò che dice Hutchings: "Questi disegni e i testi di Leonardo mostrano che egli, già nel 1493, aveva compreso pienamente i fondamenti dell'attrito. Sapeva soprattutto che la forza dell'attrito che agisce tra due superfici di scorrimento è proporzionale al carico di pressione delle superfici, e che l'attrito è indipendente dall'area apparente di contatto tra queste superfici; e queste sono proprio le leggi di attrito che sono state teoricamente create dai francesi Guillaume Amonton; ma duecento anni dopo ".
Purtroppo Leonardo non pubblicò le sue scoperte sull'attrito; e non ha mai avuto credito di ciò nei i suoi studi visionari.
Ciò fino al 1979, quando venne pubblicato il libro fondamentale (1) sulla storia della tribologia, e vennero rivelati i famosi schizzi tribologici di Leonardo (2).
APPLICAZIONI MODERNE DELLA TRIBOLOGIA
Oggi i tribologi di tutto il mondo costruiscono su basi gettate da Leonardo.
Studi moderni confermano l'importanza dello sviluppo urgente di superfici a basso attrito per controllare il consumo di energia, la spesa economica e le emissioni di CO su scala globale. Comprendere i fondamenti dell'attrito è fondamentale per la progettazione di veicoli elettrici affidabili ed efficienti, dischi di memoria, turbine eoliche e impianti medici come le protesi d'anca.
Un moderno tribometro ad alta risoluzione per la misurazione della forza di attrito.
I MISTERI IRRISOLTI DELLA TRIBOLOGIA
Vi descrivo qualcosa di più tecnico di questo ramo “sconosciuto” della scienza; compresi alcuni suoi misteri.
La nascita della tribologia può essere fatta risalire alla costruzione delle piramidi egizie, se non, addirittura, a migliaia di anni prima: all'uso dei trapani ad arco; cosicché i complessi ingranaggi con ruote dentate e cuscinetti a sfera progettati da Leonardo da Vinci e il cronometro del XVIII sec., dotato di una ruota dentata autolubrificante di legno, potrebbero essere già definiti come apparecchi moderni.
Leonardo da Vinci, però, fu il primo a cercare di annotare leggi che governino il moto di blocchi che scorrono su superfici piane; illustrando in bozzetti l'indipendenza dell'attrito dall'area apparente di contatto tra corpi in frizione. In seguito, il fisico francese Guillamne Amontons pubblicò poi per la prima volta, nel 1699, la legge dell'attrito per superfici solide che scorrono l'una sull'altra; che è, semplicemente, la seguente:
F = μN
dove N è il carico normale e μ è il coefficiente di attrito. Anche Amontons concluse che la forza di attrito è indipendente dall'area apparente di contatto: due oggetti del medesimo materiale, ma con superfici di contatto diverse, se hanno pesi uguali, subiscono la stessa forza di attrito.
Ma quello che sorprende della tribologia è il fatto che sia piuttosto controintuitiva.
Insieme a quelle di Amontons, va infatti ricordata la legge stabilita nel 1785 dal fisico francese Charles Augustin Coulomb: “per velocità di scorrimento ordinarie, la forza di attrito è indipendente dalla velocità”. Ci credereste, quindi, che, se vi lanciate da un primo piano lasciandovi scorrere una fune tra le mani, il bruciore che sentirete sarà indipendente dalla velocità di caduta?
Benché l'importanza dell'attrito non sia mai stata sottovalutata, i molti tentativi effettuati per spiegare le leggi di Amontons e di Coulomb in base a principî sperimentali non hanno avuto molto successo. Si sa molto poco, ad esempio, sull'origine dell'attrito su scala microscopica, perché esso si realizza attraverso una miriade di contatti nascosti che, oltre a essere estremamente difficili da caratterizzare, cambiano continuamente durante lo scorrimento; via via che le microscopiche irregolarità delle superfici si toccano e premono le une sulle altre.
Molti tra i primi studiosi del fenomeno, pensavano che l'attrito potesse trarre origine dal fatto che le asperità ‒ sia quelle rigide, sia quelle in grado di deformarsi elasticamente ‒ andavano a incastrarsi meccanicamente tra di loro. Questa idea si è dimostrata tuttavia errata: in primo luogo, un simile meccanismo non genera alcuna dissipazione di energia, e pertanto alcun attrito; in secondo luogo, esso contraddice le comuni osservazioni macroscopiche, per esempio il fatto che quando due superfici metalliche molto levigate sono portate a contatto è di gran lunga più probabile che esse si saldino insieme piuttosto che si produca attrito, per quanto piccolo.
Anche i progressi compiuti nel campo della scienza delle superfici hanno escluso che l'attrito possa originarsi da un incastro meccanico: pellicole di spessore molecolare fatte aderire su superfici possono modificare l'attrito di vari ordini di grandezza, sebbene la ruvidità, che dovrebbe dare origine all'effetto di incastro, rimanga virtualmente inalterata. Alla luce di tale schiacciante evidenza, la comunità scientifica ha abbandonato l'ipotesi dell'incastro come possibile spiegazione dell'attrito.
Un modello alternativo, basato sull'aderenza molecolare a livello delle asperità che entrano in contatto, è stato proposto intorno alla metà degli anni Cinquanta da Frank P. Bowden e David Tabor dell'Università di Cambridge in Inghilterra. Secondo questo modello, quando due superfici si toccano, l'effettiva area microscopica di contatto sarebbe molto inferiore all'area macroscopica apparente, e le asperità in contatto effettivo produrrebbero un elevato livello di tensione, avente la stessa intensità su ognuna di esse; quando le superfici sono fatte scorrere l'una sull'altra, si formerebbero in continuazione nuove regioni di contatto, mentre altre si separerebbero.
Alla fine degli anni Ottanta del Novecento, vi è stata una rinascita d'interesse in aree fondamentali della tribologia, grazie a nuove tecniche sperimentali e teoriche, che hanno consentito di studiare la forza d'attrito in geometrie ben definite persino su scala nanometrica. Alcune tecniche prendono in considerazione meccanismi fononici (ossia di vibrazione reticolare); essi stabiliscono che l'attrito originato dai fononi si manifesta quando gli atomi prossimi a una superficie sono posti in moto dall'azione di scorrimento di quelli della superficie opposta, e le vibrazioni reticolari così prodotte sono trasformate in calore.
Ci sono ancora “misteri tribologici” ? Si; Rimane irrisolto il problema dell'attrito statico, sempre presente anche quando teoricamente ci si aspetta che non debba insorgere, come nel caso di due superfici levigate che scivolano l'una sull'altra. Altri problemi irrisolti di particolare interesse includono: la comprensione delle reazioni chimiche e tribochimiche che avvengono in un contatto di scivolamento, dovute a effetti di riscaldamento per attrito; la caratterizzazione delle proprietà microstrutturali e meccaniche delle regioni di contatto tra materiali in scorrimento gli uni sugli altri; l'accorpamento e il coordinamento dell'informazione acquisita su scala atomica e su scala macroscopica ‒ attualmente frammentata e spesso priva di connessione tra i singoli risultati sperimentali ‒ e il loro coordinamento; e molto altro.
Sicuramente della tribologia non sappiamo ancora tutto, e fatichiamo spesso a far collimare ciò che abbiamo scoperto. Forse abbiamo ancora bisogno di Leonardo.
- Qui la versione aggiornata del 1998 https://books.google.co.uk/books/about/History_of_Tribology.html?id=5GgfAQAAIAAJ&redir_esc=y
Fonti:
https://www.machinerylubrication.com/Read/834/tribology-jost
http://www.treccani.it/enciclopedia/tribologia_(Enciclopedia-della-Scienza-e-della-Tecnica)/