Jeremy Aiyadurai (Victoria, BC - Canada) - Planet system - 2016
Annuncio NASA - Sette in un colpo
di Beppino Ponte
Ecco alcune considerazioni a mente fredda sull’annuncio della NASA del 22 febbraio 2017, dopo la sbornia di informazione fornite da tutti i media e social network in merito alla scoperta di un sistema planetario simile a quello Solare nella Via Lattea. Ripercorriamo quanto detto nella conferenza stampa di ieri: si tratta dell’individuazione di altri 4 pianeti orbitanti intorno alla stella TRAPPIST 1 nella costellazione dell’Acquario, che si aggiungono agli altri 3 già scoperti in precedenza dal team di astronomi guidati da Michaël Gillon dell'Università di Liegi mediante il telescopio Trappist South, un piccolo telescopio di 60 cm installato in Cile, da cui la stella ha preso il nome.
Lo studio di Gillon, reso noto nel maggio 2016, destò l’interesse di molti ricercatori tanto che su questa stella si è concentrata l’azione di ricerca di molti altri telescopi tra cui anche quello spaziale a infrarossi Spitzer della NASA. L’agenzia americana si è appropriata della scoperta (lo dice l’astronauta Giovanni Bignami) arrivando all’annuncio con tanto di conferenza stampa mondiale e alla pubblicazione su Nature.
In dettaglio la stella in questione è una Nana Rossa di piccola massa (8% di quella del nostro Sole) paragonabile a quella del nostro pianeta Giove, di luminosità bassissima, distante circa 39 anni luce da noi; ha un’età di circa 500 milioni di anni, molto giovane rispetto al nostro Sole che ne vanta ormai 5 miliardi, e durerà molto a lungo per il fatto che brucia il suo carburante, costituito dall’idrogeno, molto più lentamente delle stelle più massicce. Questo dato, molto importante per lo sviluppo di qualsiasi forma di vita, non è stato messo sufficientemente in evidenza dai vari commentatori. Le Nane Rosse hanno una massa che va da 0,4 a 0,08 di quella solare, sono molto numerose e rappresentano fino al 67% delle stelle presenti nella Via Lattea; si stima che oltre il 40% di quelle più vicine al Sole siano di questo tipo, e pertanto la possibilità di trovarne altre con sistemi planetari simili è elevata.
L’osservazione continuata di TRAPPIST 1 ha fatto evidenziare variazioni periodiche della sua luminosità e da ciò si è intuita la presenza di corpi planetari orbitanti attorno ad essa, calcolandone successivamente il diametro, la massa, l’orbita e altre caratteristiche. Ce ne sono sette con orbite molto vicine alla stella e ciò condiziona il moto di rotazione attorno al proprio asse, che diventa sincrono rispetto al moto di rivoluzione; non è un fatto trascurabile in quanto il pianeta mostra sempre la stessa faccia alla stella, come la nostra Luna rispetto alla Terra, generando temperature molto diverse fra la faccia sempre illuminata e quella oscurata e di conseguenza venti forti di superficie, sempre che esista un’atmosfera. Dei 7, almeno 3 si posizionano nella cosiddetta zona abitabile, quella cioè che consente all’acqua di mantenersi allo stato liquido.
Rispetto alle possibilità di vita paragonabile a quella terrestre, occorre verificare ancora alcune condizioni tra cui:
- Età della stella, sulla Terra le prime forme di vita accertate – batteri - si fanno risalire a 3,5 ÷ 4 miliardi di anni fa, cioè dopo 0,5 ÷ 1 miliardo di età; dunque ben che vada scopriremmo batteri.
- Ammesso che esistano acqua e atmosfera, la rotazione sincrona potrebbe generare condizioni meteo proibitive.
- Da verificare inoltre la densità del pianeta e la sua magnetosfera.
Secondo le previsioni più ottimistiche potremo avere risposte a questi quesiti, fra 10 ÷ 15 anni.
Va detto che TRAPPIST 1 non è l’unico obiettivo della ricerca di esopianeti perché ad oggi ne sono stati scoperti e confermati 3.599, elencati nell’Enciclopedia dei Pianeti Extrasolari (EPE).
Per chi fosse alla ricerca di gloria, il programma Planet Hunters - https://www.planethunters.org/#/about - consente a tutti di cimentarsi nella ricerca di esopianeti senza avere una preparazione specifica, basta consultare il data base del Kepler Space Telescope, messo a disposizione di tutti, indicare le variazioni di luminosità delle stelle proposte, e segnalarla. Il fortunato potrà dare il proprio nome al pianeta individuato.
E’ parsa un tantino affrettata l’iniziativa della NASA di divulgare la scoperta: forse la necessità di accreditarsi presso la nuova amministrazione per ottenere fondi, visto che gli onori per un eventuale successo del programma Marte e dintorni se l’era aggiudicato per intero l’uscente Obama.