Monika Rosen (Brooklyn, New York) - Epigenetic Flows Excerpts (2019)
Ma gli esseri umani, nascono davvero tutti uguali?
Sfide dell'Epigenetica all'Etica e alla Politica Convenzionale
di Achille De Tommaso
Ricordiamo la famosa apertura della Dichiarazione di Indipendenza attribuita a Thomas Jefferson:
"Riteniamo che queste verità siano evidenti: che tutti gli uomini siano creati uguali, che sono dotati dal loro Creatore di certi diritti inalienabili; tra questi la Vita, la Libertà e la ricerca della Felicità."
La clausola che desidero sottolineare, ai fini di questo mio scritto è: "che tutti gli uomini sono creati uguali". Di solito questa frase viene invocata per giustificare l'estensione dei diritti a una cerchia di pretendenti (cioè: se tutti gli uomini sono creati uguali, allora tutti quelli designati come esseri umani, sono quindi meritevoli di questi inalienabili diritti).
Thomas Jefferson non ha composto queste parole dal nulla; piuttosto sono un riflesso delle correnti intellettuali del tempo in cui Jefferson li ha scritti. Le stesse parole sono ricalcate infatti nella Costituzione di molti Stati.
Queste stesse correnti di pensiero, a loro volta, sono il prodotto di una lunga storia culturale che si estende fino dagli antichi greci.
Questa teoria ha, però, prodotto, da parte di molti filosofi, la concezione delle persone nate come tabula rasa; il che significa che gli individui nascono senza capacità o preconcetti precedenti, ma piuttosto cominciano tutto da zero alla nascita; il che è la radice della loro evidente uguaglianza.
Questa idea dei neonati come tabulati vuoti ha le sue radici nelle teorie di biologia e psicologia di Aristotele, come filtrate, poi, anche attraverso la teologia cristiana dell'anima medievale di San Tommaso d'Aquino; che invoca il “peccato originale” come gravame di tutti gli esseri umani.
Il merito della moderna espressione di questo concetto è, poi, solitamente dato dall’empirismo di John Locke (1632-1704). Per Locke, le persone nascono come “carta bianca, priva di tutto e senza idee ”, in modo che tutta la nostra conoscenza provenga solo dall'esperienza. Questa nozione di tabula rasa è stata estesa per includere anche la nostra composizione fisica, in modo che si possa anche asserire che le persone umane nascono anche libere dalle influenze fisiche dell'ambiente.
Questa indipendenza mentale e fisica dalle circostanze preesistenti è sicuramente considerata un aspetto integrante della visione distintamente moderna dell'individuo razionale autonomo; nato con l'identità di base della specie umana, ma libero di definire il contenuto del proprio carattere.
Le implicazioni politiche di questa proposizione di esseri umani nati come tabulati vuoti sono state letteralmente rivoluzionarie: se la conoscenza si acquisisce solo attraverso l'esperienza, allora, indipendentemente dalle circostanze in cui una persona è nata, nessuno nasce con doti intellettuali speciali. Tutte le persone nascono essenzialmente uguali e la disuguaglianza nasce solo come risultato di condizioni sociali ed economiche casuali, a cui il neonato non aveva acconsentito.
Dato ciò, quindi, anche gli usi sociali non devono essere considerati come dati, ma possono piuttosto essere contestati, ragionati e concordati attraverso il consenso reciproco delle parti coinvolte.
Come scrive il neuroscienziato Steven Pinker nel suo libro sulla storia della Blank Slate, questa nozione "minò il concetto di regalità ereditaria e un'aristocrazia”, il che aiuta a spiegare perché l'epistemologia lockiana e la filosofia politica erano così apprezzate dai rivoluzionari americani; e non solo americani. Infatti ha formato la base ideologica della Rivoluzione Francese.
A causa di una lunga storia intellettuale comune, questi presupposti filosofici sull'indipendenza e l'autonomia delle persone, rispecchiano anche molti dei presupposti scientifici sull'indipendenza e l'autonomia dei geni, in particolare il "dogma" centrale di Watson e Crick sulla biologia molecolare, che afferma: l'informazione genetica fluisce solo fuori e non torna nel DNA, e secondo la Dottrina Weismann, quella variazione non può essere ereditata.
Ma la nuova scienza della genetica, l’Epigenetica, sfida questi presupposti scientifici e sociali; e, in parallelo sfida i conseguenti presupposti filosofici, profondamente radicati, su cosa significhi essere una persona; il che, come vedremo, ha implicazioni significative per l'etica e la politica contemporanee.
Infatti, se i dibattiti scientifici, che l’epigenetica pone, devono essere risolti, allora anche le componenti etiche di queste sfide, poste dell'epigenetica, devono essere riconosciute e affrontate; altrimenti questi dibattiti gireranno interminabilmente in circoli viziosi non riconosciuti per le posizioni etiche sottostanti; e per il valore dei dati scientifici empiricamente ottenuti. Oggi e in futuro.
Indipendentemente da ciò, le diverse interpretazioni scientifiche tra la genetica convenzionale e l'emergente scienza dell'epigenetica si prestano a differenti visioni del mondo con obblighi ed etica distinti.
Il modo culturalmente radicato di definire le persone come centri d'azione indipendenti, fornisce anche la sua specifica etica delle persone come individui responsabili in ultima analisi delle proprie circostanze e scelte. Ma, siamo sicuri che la responsabilità delle scelte e della posizione sociale sia solo a livello di individuo?
In realtà abbiamo un esempio recente della resistenza contro questo concetto di responsabilità individuale, nella società americana contemporanea; ed è la “Citizens United Decision” della Corte Suprema che concede diritti uguali alla libertà di parola sia alle persone umane che alle aziende; che possono formulare decisioni che travalicano l’opinione del singolo.
E anche all'interno della storia occidentale ci sono stati lunghi periodi storici in cui i collettivi e non gli individui erano il fulcro legale ed etico; per esempio, il Frankpledge (la condivisione obbligatoria della responsabilità tra persone connesse attraverso la parentela, o qualche altra forma di legame come un giuramento di fede a un signore o cavaliere) nel Nord Europa durante l'Alto Medioevo e lo Statuto di Winchester, che era "l'unica misura pubblica generale di qualsiasi conseguenza emanata per regolamentare la polizia del paese tra la conquista normanna e il Metropolitan Police Act del 1829", entrambi individuano responsabilità legale ed etica nelle famiglie o altri collettivi invece che solo negli individui.
Questi esempi sono estremamente rilevanti per dimostrare le possibili sfide dell'epigenetica all'etica e alla politica della società contemporanea. Infatti questi esempi accettano che la responsabilità delle nostre azioni non debba per forza essere individuale, potendo discendere da decisioni collettive, che annullano gli effetti dell’individualità.
Infatti, con l’epigenetica sono messe in discussione le profonde connessioni intellettuali della visione della personalità articolata nelle Costituzioni dei vari Stati liberali oltre alla ereditarietà dei geni nella genetica convenzionale. È attraverso queste connessioni, quindi, che vengono rivelate le sfide dell'epigenetica alle strutture etiche e politiche convenzionali della nostra società contemporanea.
Sconfessando alcuni dei presupposti classici della genetica e della moderna filosofia sociale, l'epigenetica sfida, quindi, il nostro concetto moderno di cosa significhi essere una persona, eticamente, legalmente, politicamente e così via.
In parole povere: nella genetica tradizionale (darwiniana) esiste un presunto isolamento del nucleo biogenetico dell'umanità dai capricci dell'ambiente, e quindi dell'adattamento evolutivo come selezione naturale di eventi genetici casuali: se l'ambiente non può avere alcuna influenza diretta sul genoma e "a tutte le modificazioni somatiche adattive all'interno del corpo di un genitore è vietato attraversare le cellule germinali per apparire nella prole", quindi l'unico mezzo per il verificarsi di modifiche adattative è necessariamente attraverso la selezione di mutazioni casuali.
Secondo queste teorie convenzionali, i processi durante l'embriogenesi "lavano" il DNA appena combinato, ripulendo ogni marcatore da influenze ambientali che possono essersi accumulate sui geni donati dai genitori. Quindi, a meno di mutazioni genetiche molto rare e casuali (cioè accidentali e incontrollabili), ogni persona nasce con una copia incontaminata del genoma umano (cioè, la tabula rasa biologica di Locke discussa prima).
Questi "dogmi" centrali e la dottrina di Weismann della genetica convenzionale, sono i principi più sfidati dalle recenti scoperte dell'epigenetica.
La ricerca in epigenetica infatti mostra, ad esempio, che condizioni come l'autismo nei bambini, derivano dalla non-regolazione epigenetica nei genitori che viene trasmessa ai loro figli, e non tramite mutazioni genetiche (*) come si pensava in precedenza; e che questa non-regolazione epigenetica è una funzione delle esperienze vissute dei genitori.
Altre ricerche sull'epigenetica offrono anche molte prove dell'eredità transgenerazionale di questi cambiamenti nell'espressione genetica, dovuti all'esposizione a specifiche influenze ambientali, in alcuni casi trasmessi fino a quattro generazioni. Pertanto, questi risultati mettono seriamente in discussione la validità del concetto circa “le persone create come tabula rasa e indipendenti, alla nascita, dall’ambiente e dai genitori”. E fanno piovere, innanzitutto sui genitori la responsabilità transgenerazionale della condizione genetica non solo dei figli, ma anche dei nipoti; alterabile ad esempio da alimentazione e condizioni neurologiche. Ma, poiché questa responsabilità è anche dovuta all’ambiente, fa nascere una possibile responsabilità sociale dello Stato circa la condizione genetica del cittadino, fin dalla nascita.
(*) Ladd-Acosta C, Hansen KD, Briem E, Fallin MD, Kaufmann WE, et al. (2013) Common DNA methylation alterations in multiple brain regions in autism. Mol Psychiatry.