La Sessualità in Psichiatria: approfondimenti clinici. Prima parte.
Una delle prime osservazioni che mi sembra importante fare, in veste di terapeuta di coppia, è che tra le principali problematiche che portano le coppie c’è proprio il non condividere il «problema».
La comunicazione tra i coniugi, spesso, è scarsa e non incentrata sui temi fondamentali che interessano il rapporto di coppia. Si parla poco e male, per lo più.
Un altro fattore implicato è l’assenza del senso del limite: si sceglie qualcuno, pur consapevoli che non corrisponde a ciò che potrebbe andare bene per noi, sperando che poi cambi.
Ma il desiderio di stare con l’altro dovrebbe nascere dalla possibilità di poterlo scegliere.
Quanto è importante investire nella relazione? Sicuramente molto, ma quello che si nota incontrando le coppie è che esse spesso stanno insieme per forze passive (il collante sociale), più che per motivazioni affettive ed emozionali.
Il compito della terapia di coppia è proprio quello di aiutare le coppie ad uscire dallo stallo. Questo non significa necessariamente che i due membri debbano rimanere assieme: alcune coppie vanno avanti assieme, altre si separano, altre, ancora, riescono ad accettarsi così come sono.
In linea generale, invece, la psicoterapia individuale mette a rischio la coppia.
Bisogna, dunque, imparare a parlare la stessa lingua, utilizzare un linguaggio condiviso.
L’equilibrio, nella sua accezione più generale, non può essere statico, ma si deve raggiungere tramite un movimento di oscillazione.
L’incontro con il corpo dell’altro, con l’essere dell’altro, in particolare, diventa difficile perché la pelle spesso non è, come dovrebbe essere, luogo di contatto ma di separazione.
Uno dei cardini della psicoterapia in generale e, in particolare, della terapia di coppia, è lavorare sulle risorse che la coppia ha a disposizione.
Alcune coppie che non riescono ad avere rapporti sessuali, preferiscono non rivolgersi al terapeuta perché nutrono l’idea ‘magica’ che il problema si risolverà da sé, oppure decidono di farlo solo verso la scadenza del periodo fertile femminile, quando ‘decidono’ di avere un figlio.
Nei casi in cui si escluda una causa organica del disturbo, bisognerebbe che attraverso un lavoro psicoterapeutico il sintomo da somatico venisse mentalizzato come psichico.
Così come tra i membri della coppia, anche in psicoterapia non si può non comunicare, persino il silenzio è comunicativo, anche se, spesso, rispettare le pause di silenzio non è nostra abitudine.
Il silenzio è ascolto, non sempre e non necessariamente, va riempito con domande.
Il silenzio da parte del terapeuta vuol dire dimostrare al paziente di avere tempo per lui.
Riporto qui di seguito, a titolo esemplificativo, dei casi clinici che sto seguendo in terapia, alcuni da più tempo, altri presi in carico solo recentemente, dalla lettura dei quali si evince come le dinamiche delle coppie siano le più diversificate e, spesso, le occasioni di “incontro” tra i partners assai difficoltosi.
Marco e Anna
Si tratta di una coppia giovane, sui trent’anni ciascuno, sposati da 7 anni, fidanzati da 10. Non hanno figli. Si rivolgono a me per una problematica pertinente la sfera sessuale. I loro rapporti intimi non sarebbero abbastanza soddisfacenti per lei che sembra faccia molta fatica ad accettare l’irruenza di lui.
Anna ha ricevuto un’educazione cattolica abbastanza rigida, ha studiato in collegio e Marco per lei ha rappresentato la seconda relazione sentimentale, dopo una prima breve relazione finita male per l’abbandono da parte di lui.
Questo le aveva provocato una forte depressione dell’umore che era stata trattata farmacologicamente e regredita così velocemente. In realtà lui si era già rivolto a me un paio d’anni prima a causa di problematiche relazionali sul luogo di lavoro.
Lavora in una ditta come ingegnere e non si sentiva abbastanza considerato per cui spesso nascevano dei contrasti con i suoi capi. All’epoca avevamo lavorato molto in psicoterapia sul tema “narcisismo”: non accettava le sconfitte, la competizione di nessun tipo a meno che non sapesse a priori di vincere.
Il rapporto con la moglie veniva descritto come molto buono, anche se era emersa una “simpatia” per una collega d’ufficio, che lui aveva idealizzato considerandola perfetta, come perfetta doveva essere l’intesa coniugale con il marito.
Se li immaginava anche molto più ricchi di loro, e nutriva, diceva, più una sorta di gelosia nei confronti del tipo di vita che immaginava, più che essere certo, che loro conducessero.
La situazione personale sembrava migliorata, ma, a distanza di due anni, mi ricontatta chiedendomi appunto se potevo aiutarlo perché aveva combinato un pasticcio. Aveva scoperto che in realtà la collega che lui considerava inavvicinabile, tradiva il marito con un altro collega e l’aveva rivelato al marito di lei, scatenando un putiferio.
Mi disse però che quello che gli appariva ora più importante era salvare il suo matrimonio.
Per questo motivo iniziammo una terapia di coppia dalla quale emersero le inibizioni di lei nell’ambito della sessualità, in gran parte a causa dell’educazione estremamente religiosa ricevuta.
Si presentava inibita nella relazione sessuale, avrebbe voluto essere più disinibita ma provava vergogna. Iniziai col proporre l’approccio corporeo, cioè con il prendere contatto inizialmente l’uno con la pelle dell’altro. Il risultato che venne fuori da colloquio successivo mi stupì: lei, di sua iniziativa aveva cercato dei filmini porno e, valutando che le “attrici” non erano, a suo avviso, poi tanto più brave di lei, decise di adottare le stesse metodiche, con risultati sorprendenti.
La mia meraviglia fu nel fatto che non avrei mai proposto in primis ad una donna di questo tipo tale tipo di tecnica che comunque ci capita di utilizzare… di lì la loro vita sessuale migliorò decisamente, ma come accade spesso l’aggressività che non veniva più gestita a livello sessuale, si spostò su altri piani: lei aveva dei problemi con i colleghi dell’ufficio di contabilità dove lavorava, trovò subito un’altra occupazione e si licenziò, ma dai colloqui emergevano gelosie (presunte da lei) da parte di lui che pure avrebbe voluto cambiare lavoro. Lui, dal canto suo, la denigrava dicendo che era normale che faticasse più di lei a trovare un’altra occupazione di così tanta responsabilità. Negli ultimi periodi l’aspetto sessuale sembrava dunque passato in secondo piano e praticamente risolto, mentre i conflitti interpersonali in aumento.
Laura
Si tratta di una donna quarantenne che giunge in consultazione da sola.
E’ al secondo matrimonio e lamenta vaginismo (il partner ha la sensazione di trovarsi durante la penetrazione davanti ad un muro che non riesce a forzare). Non è una sensazione dolorosa ma comunque impedisce il rapporto sessuale, se non a fatica.
La problematica portata è questa, in realtà si evincono dai colloqui altre difficoltà relazionali: in casa con la coppia vive il figlio quindicenne, nato dal primo matrimonio, che non ha un buon rapporto con il nuovo compagno della donna.
Di fatto, comunque, i rapporti sessuali tra i due si sono sempre più rarefatti, all’inizio lui insisteva per averne, finendo, però, poi con l’allontanarsi da lei.
Laura lo descrive come un bell’uomo, sicuramente molto diverso dal precedente marito. Il primo, irruento, si poneva verso di lei in modo altezzoso e svalutativo. Aveva altre donne in contemporanea, l’aveva sempre tradita e ripetutamente.
Esattamente come era successo alla madre di lei con il marito. Il matrimonio durò una quindicina di anni, ma ad un certo punto Laura cominciò a rivolgere le sue attenzioni ad un uomo che lavorava in ufficio con lei e che, inizialmente, sapendola impegnata non aveva raccolto le sue provocazioni, salvo poi cederle, dopo un po’ di tempo.
Per un breve periodo ebbero una relazione extraconiugale, poi lei decise di chiedere il divorzio dal marito e si misero insieme. Quest’uomo era completamente diverso dal primo, molto tenero.
Fin troppo, racconta Laura. I loro rapporti sessuali erano brevi e poco intensi, “lievi”, li definisce lei. Quindi anche con quest’uomo Laura non riesce a raggiungere il piacere.
Quando indago rispetto all’autoerotismo, ella mi dice che è l’unico modo che si concede per essere un po’ serena. In realtà non riesce a raggiungere l’orgasmo, è come se arrivasse ad un certo punto, fermandosi poco prima della fase cosiddetta di “plateau” ( l’apice del piacere), e poi non riesce ad andare oltre.
Quest’attività masturbatoria è cercata in modo compulsivo sin dalla adolescenza, ma, appunto, con scarsi risultati.
La compulsione di Laura si trasferisce anche sul cibo: è bulimica e tende a prendere peso perché non adotta condotte di eliminazione, ma mentre quando era più giovane con una dieta perdeva velocemente i chili, ora le riesce sempre più difficile e per certi aspetti il cibo ha sostituito il sesso.
In una delle ultime sedute mi dice che preferisce mangiarsi un bel gelato piuttosto che fare sesso perché la appaga di più…
Simone
E’ un bel ragazzo sulla trentina, figlio di agricoltori, che ha studiato all’università raggiungendo dei brillanti risultati anche se, di fatto, tende a minimizzarli.
Il suo tono dell’umore è sostanzialmente deflesso o, meglio ancora, ha la tendenza a piangersi addosso, lamentandosi di qualsiasi cosa. Come del fidanzamento attuale.
Si sente inadeguato per questa donna, estremamente bella e seducente, per una serie di motivi: il papà di lei è un docente universitario e lei è sempre stata coccolata ed abituata ad avere cose belle, una vita, insomma, che lui non può offrirle.
I loro rapporti sessuali all’inizio erano perfetti ed, anzi, decisamente frequenti e soddisfacenti per entrambi. Poi, ad un certo punto Simone inizia ad avere attacchi di panico, la prima volta accade durante il rapporto sessuale e poi si instaura un’ansia anticipatoria che lo porta ad evitare i rapporti.
Si rivolge a me per questa problematica, io propongo una terapia di coppia, ma la fidanzata, pur accettando di venire in studio a conoscermi, non è intenzionata ad un percorso terapeutico, ritenendo che la responsabilità del disagio sia esclusivamente di Simone, che, seppur più raramente, questo stesso problema l’aveva già vissuto con altre donne.
Alla fine del percorso individuale, come spesso succede, Simone e la fidanzata si lasciano, per decisione di lei, e lui incontra una nuova donna con la quale tuttora vive una vita sessuale soddisfacente.
Antonio e Rossella
Sono una coppia sui 35 anni, senza figli, che di primo acchito definiremmo fisicamente «male assortita». Lui alto, magro, estremamente taciturno. Lei piccola, grassottella e molto chiacchierona.
Mi consultano per quello che definiscono un problema di «noia».
I rapporti sessuali tra di loro non sono mai stati elettrizzanti, sin da quando si sono conosciuti, ma negli ultimi periodi sono peggiorati: non c’è entusiasmo tra di loro.
Lui afferma che la passione è finita, è finita l’attrazione, quel poco che c’era. La mancanza di «voglia» partirebbe da entrambi.
O meglio, lei si dichiara arrabbiata con lui, perché non la cerca o comunque lo fa molto meno di prima, lui riferisce di non cercarla perché avverte lo scarso desiderio di lei.
Questo è uno dei casi di scarsa comunicazione tra coniugi. Il non dirsi, il lasciare alla immaginazione (in senso negativo), rispetto a ciò che potrebbe pensare l’altro, non chiarire, non giova all’equilibrio della coppia.
Lei si dichiara insoddisfatta della sua attività lavorativa come responsabile di un reparto in un negozio di abbigliamento, lui lo è ancora meno della sua attività: lavora come operaio in una grande ditta e spesso si sente solo un numero, uno del tanti.
Le infelicità esterne ognuno di loro le proietta nel rapporto coniugale.
Lei lo accusa di essere superficiale nel chiederle anche solo come sta, mentre lei sarebbe più attenta, da questo punto di vista. D’altro canto ha molti complessi rispetto al suo aspetto fisico.
E’ sempre stata una ragazza grassottella ma negli anni ha continuato ad accumulare chili, alternando diete fallimentari ad abbuffate di cibo.
Anche a tavola non vanno molto d’accordo: lui può mangiare qualunque cosa senza ingrassare, lei dovrebbe tenersi ma vedendo lui non riesce.
Dopo qualche colloquio orientativo faccio descrivere loro graficamente la loro coppia con i cerchi relazionali: lui traccia un cerchio di dimensioni enormi, lei traccia un cerchio anche molto grande.
Il primo significato è che i due si vivono in modo ingombrante, infatti i cerchi rappresentano come ognuno di loro vede l’altro nel rapporto di coppia.
Si arriva alla consapevolezza che ognuno vede l’altro come non è, fondamentalmente ingombrante. Lei è più portata alla fusione che all’autonomia, per stare con lui ha abbandonato tutte le amicizie che aveva, lui è più autonomo e continua a frequentare gli amici di sempre.
Come riuscire a far riavvicinare i due membri della coppia?
In realtà dal punto di vista strettamente sessuale non c’è mai stata una grossa intesa, per cui, considerando una scala da 1 a 10, se si parte da un livello 3-4 è difficile pensare di poter arrivare a 10.
Ma si sono raggiunti discreti risultati con gli esercizi di stimolazione sensoriale in cui ognuno dei due prende confidenza con il proprio corpo e con il corpo dell’altro, elemento che prima non c’era e il rapporto sessuale veniva piuttosto vissuto come un qualcosa di meccanico.
(continua)